At the Met, Metropolitan Opera House New York. L’appeal, il fascino fantasioso della scenografia, dei costumi, della regia sono state il cuore pulsante di Così Fan tutte, un’opera che sotto lo sfavillio di superfice brilla per perfezione e talenti eccelsi.
di Antonella Iozzo
New York – Al Met, Metropolitan Opera House di New York, l’altro volto del romanticismo con “Così fan tutte” di Mozart versione anni ’50. Una superba messa in scena che se da un lato volge lo sguardo ai cieli stellati dall’altro prelude a una verità dal sapore agrodolce. L’opera sviluppa, infatti, la storia di due giovani che mettono alla prova la fedeltà delle loro fidanzate mascherandosi e seducendole a vicenda.
La perfezione, la scansione dei temi del ritmo, il livello eccellente degli interpreti, la suprema elegia orchestrale tutto conferma che si sta assistendo ad un opera al Met. Questo basta a lasciare svolazzare le diverse opinioni sulla messa in scena di Phelim McDermott che immancabilmente ci riporta ad una serena giornata a Coney Island, tra brezze marine e gioia fanciullesca con artisti da baraccone come il deglutitore di coltelli, il manipolatore di serpenti e la signora barbuta, che animano l’azione, aggiungendo atmosfera e fascino. Talenti che la scena in giardino del Secondo Atto mette in mostra. Nuove letture, nuove rilanci che emozionano, stupiscono e ridonano slancio e nuova verve al classico Mozart spesso velato da penombre malinconiche.
Un solido cast sotto la direzione di Harry Bicket, ha regalato una performance deliziosamente attraente che ha evidenziato il talento tecnico interpretativo di un cast in perfetta sinergia. È la perfezione storica del Met.
On the stage un parco divertimenti in riva la mare e camere d’albergo in un gioco di strutture girevoli e mutevoli dove gli artisti stessi ne tessono le fila, in un continuum fra primo piano e dietro le quinte che rende la visione completa e intessuta di abilità e prontezza. E come non notare quella di Don Alfonzo, intrepretato dal basso-baritono canadese Gerald Finley, nel dirigere gli eventi dell’opera; ad iniziare dall’addio lacrimante degli innamorati in primo piano, mentre Don Alfonso si presta a radunare e dirigere la folla di marinai e donne per sostenere il suo inganno. E di nuovo trionfa in abilità, durante il primo tentativo degli amanti travestiti di sedurre Fiordiligi e Dorabella, in un albergo che divideva il palco a metà mentre il set girava di frequente ed i personaggi si riversavano dentro e fuori le camere.
La capacità tecnico interpretativa di Gerald Finley, profonda e sicura, appare evidente sin dalla scena di apertura con il basso-baritono italiano Luca Pisaroni nel ruolo di Guglielmo, e il tenore americano Ben Bliss in quello di Ferrando, e diventa teneramente sottile quando dà il via al suo piano. Nel trio “Soave sia il vento”, con il soprano australiano Nicole Car nel ruolo di Fiordiligi e il mezzo-soprano italiano Serena Malfi in Dorabella, sottolinea con toni profondi l’incertezza e la malinconia che come un filo di luce fioca traspare dalla voce delle due fanciulle scoraggiate dall’imminente partenza dei loro amori. E intanto mentre cade il sipario Don Alfonzo avanza con il suo arioso “Oh poverini, per femmina giocare cento zecchini?”.
Come ogni piano che si rispetti il cospiratore ha bisogno di un complice e in questo caso è la cameriera Despina, interpretata dal soprano americano Heidi Stober, brillante, naturalmente allegra e dinamica. Qualità che donano ritmo al suo incarico di convincere Fiordiligi e Dorabella a lasciarsi sedurre dai due amanti. La sua magnetica energia e il trait d’union dei suoi numerosi travestimenti che il ruolo richiede da medico a prete o notaio nelle vesti di un fantasioso cowboy, che può sconcertare ma mai deludere grazie alla fascinazione interpretativa della Stober.
Una regia e una scenografia che coinvolgono che ci trasportano nel piacevolezza di un racconto che diventa evocazione e visione dipinto da un’orchestra attenta e puntuale nelle sue entrate, capace di delicata eleganza, quanto di tenace e avvincente espressività.
Ferrando e Guglielmo, rispettivamente Ben Bliss e Luca Pisaroni, sono una coppia fidata dalla presenza accattivante evidenziata dalla vena comica e dai loro travestimenti che spesso ha suscitato risate. Momenti divertenti alternati a un’atmosfera sentimentale più toccante che dona forma alla profondità dell’opera come l’aria di auto-elogio di Pisaroni “Non siate ritrosi”, fino alla fervida interpretazione della vittoria iniziale di Guglielmo.
Profondità, tensione che si piega all’amarezza ed espressività calibrata sono le sfumature che si librano dalla cavatina “Tradito, schernito” di Bliss, ovvero Ferrando di fronte al rifiuto iniziale di Fiordiligi e all’infedeltà di Dorabella. Una tinta di passionalità disperata e struggente che vibra nel duetto successivo con Nicole Car in Fiordiligi, “Fra gli amplessi”, e che rimane scolpita nella memoria.
Protagoniste, icone e brillanti interpreti le sorelle Fiordiligi e Dorabella, ovvero Nicole Car e Serena Malfi, riescono con sorprendete abilità ad evidenziare il carattere civettuolo dei personaggi, conquistando il pubblico sin dal duetto d’apertura “Ah guarda sorella”. Ritmo e frasi contrappuntistiche in un vortice di calore che rende le due reazioni di Car e Malfi, alla notizia di doversi separare dai fidanzati, diverse ma cariche di pathos: Fiordiligi cade tristemente ai piedi di Guglielmo, Dorabella sbuffa in un angolo, preparandosi persino comicamente a saltare giù dal molo.
Interazioni di sentimenti, azioni sceniche e tessuto sonoro che danzano in una vertiginosa giostra che la regia ha saputo orchestrare con sottile e lucido intuito. Tutto è pulsazione come quando nel secondo atto Fiordiligi inizia ad essere influenzata dall’aria di Ferrando “Per pieta, ben mio, perdona”. Intima situazione portata alla luce dalla sua cavalcata sulla giostra, un andamento lento che continuava a girare esattamente come la forma circolare dell’aria mentre cercava di riprendere il controllo sul suo cuore in conflitto.
Sul palcoscenico del Met le infuocate vibrazioni di Dorabella vengono sottolineate da Malfi con un ritmo rapido, fortemente espressivo che diventa sempre più sensuale dopo essersi arresa al travestito Guglielmo, soprattutto nella sua aria dell’atto secondo “E amore un ladroncello”. Dorabella, si abbandona ad una sorta di felicità e vive con impeto la sua nuova storia d’amore, trascinando il pubblico tra l’intensità di un desiderio irresistibile.
Per l’intera opera il cast ha gestito meravigliosamente l’azione con una perfezione costante. Ha saputo trasportarci dentro una giostra carica di sorprese il cui epilogo è una gioiosa conclusione che innerva l’afflato dell’amore e della vita. Una messa in scena sorprendentemente tesa verso un articolatissima paletta di situazioni, sentimenti, e sensazioni che gravitano nel periplo dell’amore. Immagini in movimento che la grande comunicatività dell’orchestra e del direttore Harry Bicket ha saputo esaltare, facendo respirare i suoni e i ritmi creando contrasti tra massima tensione e distensione.
Al Met l’appeal, il fascino fantasioso della scenografia, dei costumi, della regia sono state il cuore pulsante di “Così Fan tutte”, un’opera che sotto lo sfavillio di superfice brilla per perfezione e talenti eccelsi capaci di rilasciare il l’essenza di uno spettacolo fuori dai soliti schemi. Pura, fulgida bellezza che incanta nella magia della sua natura.
Metropolitan Opera
30 Lincoln Center
New York, NY 10023
https://www.metopera.org/
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(11/03/2020)
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