Olimpiade al Tiroler Landestheater Alessandro De Marchi come sempre è preciso, puntuale, attento ai dettagli, esplora le nuances emotive dei personaggi e i loro conflitti e li accompagna, li deborda, li cesella con perizia tecnica ed estremo tatto.
di Antonella Iozzo
Innsbruck (AT) – Sono trascorsi 14 anni da quando Alessandro De Marchi ha assunto la direzione artistica del Festival di Musica Antica di Innsbruck. Allora la sua prima produzione operistica fu L’Olimpiade di Pergolesi, un’opera poco conosciuta quanto il libretto di Pietro Metastasio su cui è basato.
Il 17 febbraio 1734 Vivaldi celebra un acclamato ritorno con la sua ambientazione a Venezia. Obli e rinascite caratterizzano tutta la sua produzione operistica, e così accade anche per Olimpiade fino a quando una scoperta spettacolare negli anni ’20 in un attico di un monastero portò il compositore veneziano a vivere una sorta di rinascita che conduce direttamente al 1939 quando fu la prima opera ad essere nuovamente rappresentata a Venezia.
De Marchi e il suo amore per il maestro barocco italiano, lo portano a nuove rappresentazioni vivaldiane fino a quest’ultima edizione del Festival che trionfa con una magistrale messa in scena de Olimpiade al Tiroler Landestheater di Innsbruck, premiere 4 agosto 2023.
Una trama decisamente romantica basata su un episodio dei Giochi Olimpici tratta dalle Storie di Erodoto ed arricchita di numerosi intrecci da Metastasio. Clistene, re di Sicione, dirige i Giochi Olimpici e ha promesso in moglie al vincitore sua figlia Aristea. Licida, arrivata in Elide dalla sua città natale di Creta, si è innamorata di Aristea, anche se in realtà ha giurato fedeltà ad Argene a Creta.
Licida però non ha alcuna possibilità di vincere le Olimpiadi e chiede al suo amico Megacle, un atleta di grande successo, in modo di poter e vincere i giochi sotto il suo nome. Megacle, non può rifiutarsi, in quanto gli deve un debito di gratitudine perché Licida una volta gli ha salvato la vita quando è caduto nelle mani dei ladri.
Intrighi e passioni caratterizzano l’intera opera in una sequenza di situazioni che vedono Megacle follemente innamorato di Aristea. Licida non conosce e Megacle ed ha un grave conflitto morale, ma quando l’amicizia trionfa sull’amore decide di assumere il ruolo di Licida per partecipare ai giochi. Aristea che ama segretamente Megacle è infelice e non vuole essere premiata, ma quando Megacle vince i giochi sotto il nome di Licida e riceve in premio Aristea, la confusione è totale. Una situazione contorta, confusa al limite del sopportabile nella quale Megacle vede il suicidio come unica via d’uscita.
La vicenda si complica sempre più e Licida rammaricato dal suo comando tenta di assassinare Clistene, ma fallisce. Ora Licida deve essere giustiziato. Il cuore batte all’impazzata seguirlo è una danza vorticosa di emozioni e tentazioni e Megacle, vuole morire per Licida e come se non bastasse viene anche arrestato per truffa mentre Argene offre anche la sua vita per il suo amante infedele
Come in una favola degna di colpi di scena, la vita trova nuove direzioni. Niente è come sembra e una collana che Argene ricevette da Licida, diventa il simbolo di un rinascimento inaspettato: Clistene riconosce che Licida è suo figlio Filinto, fratello gemello di Aristea, che credeva morto, avendolo abbandonato perché l’oracolo di Delfi gli aveva profetizzato che sarebbe potuto diventare un parricida. Tuttavia, il suo confidente Alcandro non gettò il bambino in mare come ordinato, ma lo lasciò ad Aminta per portarlo alla corte reale di Creta, dove era appena morto il figlio del re. Filinto è di conseguenza cresciuto come principe di Creta sotto il nome di Licida. Quando Clistene vuole ancora mantenere la condanna a morte, Megacle annuncia che i giochi sono ormai finiti e non ha più né la presidenza né il potere di decidere, solo il popolo può decidere cosa fare di Licida. La misericordia e il buon cuore vincono su tutto e nulla oramai potrà ostacolare un lieto fine per le due coppie.
Una trama complessa ricca di intrecci che si sovrappongono ma il regista Stefano Vizioli ed il suo team riescono a creare una messa in scena dinamica e coinvolgente, fedele alla trama ma con un appeal moderno e divertente capace di rendere i personaggi accattivanti e interessanti anche sul piano psicologico.
Vizioli colloca la storia dall’antica Grecia agli anni ’30 grazie alla scenografia di Emanuele Sinisi che porta sul palcoscenico una sorta di palestra con varie attrezzature sportive, su cui, durante l’ouverture, le comparse atletiche si preparano per i prossimi Giochi Olimpici. Sala d’allenamento sì, ma con richiami all’antichità come un torso antico sul lato destro del palcoscenico e una statua sul lato sinistro. Sintetica e lineare il cambio scena, basta una parete divisoria che mostra le immagini dei Giochi Olimpici dell’epoca, che ricordano Leni Riefenstahl, mentre là una scala a chiocciola, a destra del palcoscenico, conduce ad una balconata del piano superiore, che rappresenta la sede del potere di Clistene.
Il palcoscenico è vivido di tensione emotiva, c’è atmosfera resa carismatica da un cast all’altezza che si muove con sicurezza e bravura seguendo le più intime nuance della vicenda grazie anche ad un ensemble assolutamente perfetto e ad un gesto quello del direttore Alessandro De Marchi energico e entusiastico.
Il controtenore Raffaele Pe nel ruolo di Megacle, è decisamente superlativo, teso fra padronanza tecnica e presenza scenica. Atletico sugli anelli e nel saltare senza intaccare il canto, e dalla fascinazione trend anni ’30 grazie al suo look sportivo in bianco. Sfumature espressive calde e grande duttilità nei brani, sottolineano con veemenza il conflitto di coscienza in cui lo getta il desiderio di Licida. Doti che emergono nel grande duetto del primo atto e nella sua profonda e sentita sofferenza nel volere conquistare la sua amata per il suo amico.
Il controtenore Bejun Mehta nel ruolo di Licida, ha altrettanta tecnica e prestanza vocale capace di dominare la massima timbrica e l’espressività. Un ruolo che lo porta ad essere un distinta silhouette ma non affatto atletica e quindi non avrebbe alcuna possibilità di vincere le partite. Un personaggio che mette in luce le sue qualità nell’aria del primo atto, durante la quale il rapporto dell’amicizia assume un significato molto complesso e intimo.
Tutto appare molto più evidente nella sala massaggi dove gli atleti vengono preparati per la competizione. Il modo sottile con il quale Mehta recita l’aria, quasi adagiandosi sulle noti musicali, sottolineando l’attrazione dal suo amico quasi in modo tragico. È uno stato d’animo sofferente, serpeggiato dall’amore e dal dubbio se Licida voglia davvero Argene o desideri segretamente Megacle.
Semplicemente straordinario il soprano Bruno de Sá nel ruolo di Aminta. Radioso, luminoso, una linea nell’aria che ridefinisce la poesia del canto. Una leggerezza brillante la sua, che rende unica anche le sue doti sceniche con una commedia che lo rende ironico ed istrionico. Divina la sua aria nel secondo atto, quando davanti al muro divisorio abbassato come un vero intrattenitore con movenze che si potrebbero associare ad una pop star conquista letteralmente il pubblico.
Il contralto Margherita Maria Sala, vincitrice del Concorso Internazionale di Canto per Opera Barocca “Pietro Antonio Cesti” 2020, interpreta Aristea con voce vellutata e una grande duttilità. Differenti sentimenti la dominano e la portano ad un’interpretazione ogni volta calibrata nella propria tessitura armonica ed espressiva, e se prima si arrende con sofferenza al suo destino, poi, quando apprende che Megacle gareggia divampa nell’entusiasmo ed infine quando si sente tradita dal suo amore, la furia la domina fino a strappare il velo del vestito da sposa. Da sottolineare la commovente intimità nei duetti con Raffaele Pe.
Nei panni di Argene, Benedetta Mazzucato. Interpretazione, la sua, ricca di fascino, completa in ogni sfaccettatura. Emozionanti acuti, decisi lirismi e incisività contraddistinguono la sua performance teatrale, da donna umiliata a donna coraggiosa che, con la sua disponibilità a fare sacrifici, rende ancora possibile il lieto fine. Timbro morbido, quasi velluto sonoro che disegna il desiderio e la magia dell’amore nel duetto con Sala, quando nel terzo atto decide, dietro un tramezzo di salvare Licida.
Christian Senn e Luigi De Donato rispettivamente nel ruolo di Re Clistene e del suo confidente Alcandro, completano il cast, con estrema professionalità e tecnica espressiva. Degno di nota il Coro Maghini diretto da Elena Camoletto, posizionato dietro i due palchi laterali di destra e di sinistra, anche se il suo intervento è stato breve ma significativo.
Alessandro De Marchi come sempre è preciso, puntuale, attento ai dettagli. Esplora le nuances emotive dei personaggi e i loro conflitti e li accompagna, li deborda, li cesella con perizia tecnica ed estremo tatto. In ogni suo gesto vocazione ed eleganza, dedizione. E come immaginare un Festival senza la sua presenza? Si, perché dopo 14 anni, il 47° Festival di Musica Antica di Innsbruck segna la fine della direzione di Alessandro De Marchi. Una vita dentro le fibre della musica con umiltà e rispetto, professionalità e duro lavoro. Non è un caso se gli è stato consegnato dal sindaco Georg Willi l’Anello d’Onore della Città di Innsbruck durane la cerimonia svoltasi nella Sala Spagnola del Castello di Ambra.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(08/08/2023)
Photografer: Birgit Gufler
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