Action Painting

 

 

Fondazione Beyeler di Basilea

una full immersion nella magia del colore

 

 

 

Basilea – “Action Painting”, dal 27 gennaio al 12 maggio alla Fondazione Beyeler di Basilea per una full immersion nella magia del colore. 27 artisti, un centinaio di capolavori, un raffinato percorso espositivo rievoca il più grande dei movimenti delle neoavanguardie storiche del secondo dopoguerra, Action Painting, l’energia della vita nell’apocalissi del colore.

Colore dentro, fuori, intorno alla tela ed ancora colore nel gesto, nell’anima, nella materia, nella vita fugace dell’attimo creativo che da New York, epicentro del movimento, raggiunge l’Europa e l’Asia. Una propagazione di energia che non conosce confini, che traduce in gestualità esplosiva il movimento del processo mentale, un vorticosa tensione che promana dal ritmo primordiale dell’istinto come colore da sentire nella vibrazione dell’opera.

Quando si pronunciano le parole “Action Painting”, un solo nome riecheggia nell’inconscio: Jackson Pollock, in una sala dedicata alla sua genialità, corre il brivido dell’emozione. Frenetica, percussiva sintassi di timbri, di suoni, di danze, gravitano intorno a noi, e opere come “Out of the web”(1949; Staatsgalerie Stuttgart), “Number 7” (1950; MoMA New York) e “Search” del 1955, ultima tela dell’artista (Courtesy Galerie Hauser & Wirth), si staccano dalle pareti ed interpretano il rito pagano della loro realizzazione, “dripping” (sgocciolatura) ed “pouring”, rovesciamento del colore sul supporto pittorico disposto a terra. Non semplice atto creativo ma implosione cosmica dell’essenza vitale in un vortice gravitazionale, in uno “sgocciolamento” che implica gesto, azione, movimento, uno spettacolo di sensazioni acrobatiche impresse per sempre nella storia dell’Arte dal documentario di Hans Namuth, che riprende l’artista mentre lavora, o meglio, mentre entra a contatto intimo con la pittura.

Action Painting la vita corre sulla tela, materia, colore e segno sono i protagonisti assoluti che non interpretano, non rappresentano, ma sono l’opera d’arte nella sua completezza. Accanto a Pollock, Gerhard Hoehme ed Eva Hesse in una sintassi cromatica rivolta all’effetto tridimensionale, Helen Frankenthaler con un colore che si propaga sotto la superficie come macchie intense di tensione emotiva, Morris Louis con i suoi “stained paintings” in un gioco leggero che sembra seguire la scansione della musica classica .

Con la sala dedicata al tedesco Wols, poi, entriamo nei meandri della mente, qui l’impulso psichico è tradotto in segno. Un segno non governato, che precede significati sfuggenti, colore e grovigli che precedono l’esplorazione della propria anima. Le eleganti grafie dell’americano Cy Twombly ,dotate di un ritmo interiore armonioso e ordinato, s’incontrano con la potenza del colore del giapponese Kazuo Shiraga, principale esponente del gruppo di artisti “Gutai”, una pittura – azione, una performance coinvolgente in cui il corpo diventa tutt’uno con la materia, sono dipinti di straordinaria energia espressiva.

La gestualità cromatica tocca i vertici con Willem de Kooning, olandese trasferitosi negli Stati Uniti. Nella densa materia pittorica, si riconoscono allusioni ad un mondo antropomorfo, forme sgraziate cariche di aggressività derivante dall’espressionismo nordico. Un nord pronto a ricondurci al gruppo Cobra con Karel Appel e Asger Jorn. Le pennellate materiche e le gamme cromatiche accese di Jorn, esprime un linguaggio informale di matrice surrealista, come a testimoniare che l’atto della creazione è più importante dell’oggetto creato, mentre la libertà espressiva di Appel è una riscoperta della creatività spontanea del disegno infantile. Molto più violenta la pittura del tedesco Hans Hofman, concentrata sull’opposizione dei colori e sui piani sospesi nello spazio. La visita continua e non possiamo rimanere indifferenti al fascino dell’opera “Round the World” di Sam Francis, pennellate, nella liquidità del colore scivolano sulla tela colpita da una luce diffusa e sprigionano una notevole carica vitale, sospingendoci verso il suo maestro, Clyfford Still. Le sue opere hanno quasi sempre una forte componente drammatica, “informe situazioni” si affacciano sull’ignoto per letture possibili e per interpretazioni al limite dell’impossibile. Altra atmosfera si respira nelle opere di Franz Kline, in apparenza frutto della furia di un istante, in realtà attentamente studiate, sciabolate nere come incisioni su uno fondo bianco, rimandano alla dimensione dell’uomo nel cosmo.

Una mostra questa della “Fondazione Beyeler” che affianca all’ “action painting”, l’ “action viewing”: una selezioni di film prodotti nello stesso periodo, che illustrano i metodi di lavoro di questi artisti, come i due film del sopra citato Hans Namuth realizzati nel 1950. Altri documentari, fra cui quello rimasto incompiuto di Alain Resnais dedicato ad Hans Hartung nel 1947, vengono proiettati in una spettacolare installazione ideata dallo studio degli architetti new-yorchesi Diller Scofidio – Renfro, e la magia continua a navigare nei nostri occhi.

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
17/03/2008

 

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