Nel rigore dell’incisione la luce dell’intimo
Venezia – “Officina Durer” fino al 30 giugno a Venezia, c/o il Chiostro di Sant’Apollonia, e l’elevazione del pensiero incontra la sensibilità più alta del rinascimento nordico: Albrecht Durer. Più che un’esposizione la messa in scena del rinnovamento culturale e religioso dell’epoca, attraverso un cospicuo numero d’incisioni e xilografie, oltre cento, del grande maestro.
Nel segno della fugacità, il rinascimento tedesco partorisce i suoi geni, esporta ed importa l’essenza dell’Arte: la comunicazione e lo scambio culturale, elementi che confluiscono e convivono nel lirismo struggente che avvolge ogni opera di questo straordinario periodo.
Durer è la figura più completa e profonda dell’ affascinante influsso e impulso che caratterizza l’Impero Asburgico: un continuo e crescente dialogo fra i vari artisti, provenienti anche da altre nazioni come l’Italia, con lo scopo d’ ampliare la propria conoscenza, di conseguenza il viaggio diventa un’importante occasione per allargare gli orizzonti. Il legame che unisce Durer a Venezia e viceversa è il desiderio, infatti, di conoscere ed esplorare.
Durer compie ben due viaggi nella città lagunare, nel 1494, mosso da un fortissimo bisogno di scoprire, imparare, elaborare, ed a 34 anni (1505/1507) in piena maturità e conscio della sua grandezza artistica, ormai pienamente apprezzata e riconosciuta. Si apre, in questo periodo, una nuova fase per Durer: il dialogo alla pari con il rinascimento italiano, Tiziano, Giorgione, Lotto.
Durante il suo primo viaggio, attraversando prima Innsbruck e poi Bolzano giunge fino ai Laghetti di Egna. Qui , a causa di un’inondazione del fiume Adige , fu costretto a procedere per un vecchio sentiero di montagna ( oggi sentiero Durer ): arrivando presso il Lago Santo, scendendo a Cembra, arrivò a Faver ed al Castello di Segonzano fino alle Piramidi di terra .Rimase affascinato da questa valle trentina , tanto da produrre cinque acquerelli. Cippi con le iniziali “Ad” testimoniano i luoghi dove li dipinse. Vi sono in totale 12 acquerelli che hanno come soggetto paesaggi del Trentino Alto Adige, ma la meta del suo viaggio è la città lagunare. Venezia si lascia scoprire da Durer, sotto tutti gli aspetti, sociali, politici, religiosi, soprattutto grazie alla congregazione dei mercanti germanici, una delle più numerose ed attive comunità straniere presenti a Venezia, che, dato da non sottovalutare, pone molta attenzione al collezionismo d’opere d’arte; infatti, è per i mercanti tedeschi che Durer crea una delle sue maggiori opere: la pala destinata a un altare laterale della chiesa di San Bartolomeo di Rialto, oggi conservata a Praga. In quest’opera risiede l’anima italiana di Durer, uno stimolo per i molti talenti locali avidi di apprendere la sua arte, la sua tecnica, la sua abilità compositiva.
L’esperienza veneziana fermenta in Durer un’apoteosi artistica e morale imbevuta di cultura umanistica. Capisce l’importanza della formazione teorica, scientifica, prospettica, apprese in Italia e si pone al servizio dell’Arte e del progresso, fermamente convinto che solo con la conoscenza, l’intelligenza e il dialogo si possono superare i conflitti ideologici come quelli sorti nell’ambito religioso, con la riforma Luterana. Nelle sue opere il sentiero della conoscenza è un’intensissima linea espressiva dal profondo significato filosofico e simbolico.
La tecnica s’inchina ai rimandi interiori e l’applicazione teorica prende forma nei tre libri “ La vita della Vergine “ “ L’apocalisse “ e la “ Grande Passione “. Nel rigore dell’incisione, poi, la luce dell’intimo sentire scopre il senso dello stato delle cose, e fra il 1513 e il 1514 nascono tra grandi capolavori dell’incisione: “ Il cavaliere, la morte e il diavolo “, “ San Gerolamo nello studio “ e la “ Melanconia I “ presente in mostra. Anche se vendute da Durer singolarmente vanno considerati in modo unitario, una sequenza del dramma interiore di Durer. “ Melanconia “, e la mente, l’occhio, la percezione emotiva e sensoriale dello spettatore si fermano e vengono posti di fronte a Durer stesso, alla sua lucida razionalità, annidata nel processo artistico. L’incisione illustra la prima fase della creazione: la meditazione, vale a dire, quello stato in cui la materia prima non ha subito nessuna trasformazione da quegli attrezzi descritti nell’opera in modo meticoloso, e che verranno utilizzati quando la melanconia lascerà il posto alla libertà creativa.
La figura allegorica, simboleggiante l’umore, la melanconia appunto, ha il volto cupo, tutto si affolla nella mente, dubbi, oscure presenze, incertezze, un travaglio simile alle prime fasi degli esperimenti alchemici. Un forte segno autobiografico si scolla da Durer ed invade l’opera, la teoria medico- astrologia dei quattro umori, secondo la quale in noi scorrono 4 liquidi: sangue, flemma, bile gialla e bile nera corrispondenti all’influsso di 4 diversi pianeti. Durer era convinto di essere di temperamento malinconico per l’influenza di Saturno, malattie, indisposizione d’animo, temperamento umbratile, non erano altro che eccessi incontrollati di bile nera nell’organismo. In quest’opera tutto Durer, la sua vita, la sua poetica, la sua sensibilità, in questa mostra la sua Arte.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
27/02/2007
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