Arte e potere nelle Mura
Castel Thun dalla Stanza del Vescovo alla Capella di San Giorgio
Trento – La storia dispiega le sue pagine più signorili introducendoci sulla soglia di Castel Thun, dimora principesca da poco riaperta al pubblico dopo lunghissimi lavori di restauro. Castel Thun, nel comune di Vigo di Ton, in Trentino, sembra dominare la Val di Non, imponendosi allo sguardo con la severità regale e algida di un’aristocrazia che tra trionfi e tracolli ha segnato la realtà del suo tempo, non solo in Trentino, ma anche nella Mitteleuropa, grazie ai suoi numerosi possedimenti in Boemia, Slesia e Turingia.
Principi e vescovi, nobiltà e potere si ramificano nell’albero genealogico e tra le vie europee, partendo proprio dal paese di Ton, nella bassa Valle di Non, da dove la famiglia prese il nome. Un percorso istoriato di fortificazioni con l’acquisizione dei castelli di Bragher, di Castelfondo, di Altaguardia e di Caldes e di titoli nobiliari, furono infatti elevati al grado di baroni nel 1530 e a quello di conti del Sacro Romano Impero nel 1629, per concessione dell’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. L’espansione dei Thun si andò sviluppando molto con la linea boema, il cui capostipite fu Giovanni Cipriano (1569 – 1631) i possedimenti boemi gli provenivano dal fratello Cristoforo Simone, uno dei protagonisti della Guerra dei Trent’anni (1618-1648).
Alla scomparsa dell’ultimo abitante Thun, Zdenko Franz Thun Hohenstein, la Provincia di Trento decise di acquisire, nel 1992 il castello. Dopo quasi venti anni di studi restauri ed acquisizioni, il complesso architettonico viene restituito all’antico fascino e all’ammirazione dei visitatori.
Torri, bastioni, fossati e muraglie perfettamente integre si presentano come l’elevazione del potere dei suoi illustri abitanti, gli ampi giardini poi circondano la residenza immergendoci nella natura, un respiro nella quieta dei paesaggi circostanti. Il tempo sembra scorrere più lentamente in queste mura, senza fretta, lasciando trasudare da ogni angolo le sfumature di vita, i gusti e gli agi del casato. Lo staff del Castello del Buonconsiglio, che ha curato l’allestimento, ha scelto come filo conduttore la memoria, il ricordo depositato tra gli antichi splendori di corte, e così, ogni sala, ogni stanza ripropone il più fedelmente possibile l’arredo e la sistemazione di allora resa possibile mediante foto e letture e testimonianze raccolte. Diversi stili in un’unica residenza che esalta il potere della famiglia Thun anche quando il declino s’insinua nelle sue sale, fin quando le porte non si spalancano al ramo boemo che acquista il Castello.
Secretaires, cassettoni a ribalta, lo stipo di manifattura boeema nella stanza dello scrittoio, divani, comodini stile impero, stufe ad olle, argenteria, porcellane, vetri da tavola, armi bianche, forzieri, carrozze, slitte, patrimonio indiscutibile che affianca un discreto numero di dipinti della scuola dei Bassano. Uno di Jacopo Bassano “San Giovanni Battista nel deserto” che si trova nella Stanza del Camino,ritratti di Giambattista Lampi, Crespi, Molteni, Garavaglia, Procaccini, Bergler, degna di nota poi, l’opera “Amore e Psiche” di Schopf, nella Sala ad Angolo del secondo piano, e le sculture dell’Insom, impossibile nominarli tutti, citiamo infine la Cappella di San Giorgio completamente affrescata: “Il Giudizio Universale”, “Cristo in passione” e le immagini dei Santi; la mano di chi ha dipinto ha regnato nei colori per far risplendere di grazia e fede, una piccola cappella nella maestosità del potere sacro e profano. Opere come omaggi, come richiami alla natura, al paesaggio, alla caccia, passione di famiglia, ma soprattutto opere di raffinata tecnica espressiva.
Arte e storia intrecciano le loro fila e rendono prestigioso un luogo molto significativo per la storia del principato vescovile: qui, infatti, nella magnifica “Stanza del Vescovo”, morì nel 1800 Pietro Vigilio Thun, l’ultimo Principe Vescovo della secolare storia del principato vescovile di Trento. Una stanza sontuosa, quasi troppo, dal soffitto a lacunari, dal letto monumentale a baldacchino adornato di damasco seicentesco rosso, immancabile anche qui la stufa in maiolica con lo stemma Thun, l’aquila tirolese e l’agnello pasquale con vessillo crociato, emblema del principato vescovile di Bressanone.
Il Castello continua a risuonare solo nell’eco di una magnificenza lontana, certo non nelle note di alcuni musicisti che, forse chiamati per suggellare il momento inaugurale lo hanno decontestualizzato con scelte musicali prive di riferimento storiche e filologiche come per dire “note estranee all’armonia” castellana eco di tempi lontani, di poteri e conquiste.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
( 21.04.2010)
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