Salvador Dalí
Imponderabile senso, insostenibile essenza nel deliquio della mente
Milano – Guardare dentro di sé e intorno a sé e avvertire un flebilissimo eco: sogno e psiche, alba e tramonto, dietro, geniale come sempre, Salvador Dalí protagonista assoluto della mostra in corso a Palazzo Reale di Milano “Salvador Dalí. Il sogno si avvicina.”, oltre la finestra dell’inconscio.
Era l’ottobre del 1954 quando la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale ospitò la mostra personale di Dalì, la stessa sala da cui trasse ispirazione per la sua casa di Figueras, attualmente sede della Fondazione Gala-Salvador Dalí. Ieri come oggi il sogno si avvicina alla realtà di toccare con lo sguardo il potere forte e magnetico di un Arte che indossa la pelle dell’artista, Salvator Dalì.
Più di 50 opere approfondiscono il rapporto tra pittura e paesaggio, un aspetto poco conosciuto, quasi l’altro volto di Dalì sulle alture della pittura rinascimentale, tra i labirinti surreali, ai confini con il presagio metafisico. Una lettura diversa, quella data dal curatore Vincenzo Trione, intima e spirituale che conduce dal tumulto dell’inconscio al silenzio. La mostra si suddivide in quattro sezioni: Paesaggi storici: guardare dietro di sé e intorno a sé; Paesaggi autobiografici: guardare dentro di sé; Paesaggi dell’assenza: guardare oltre di sé; Epilogo.
La prima stanza è dedicata alla Memoria. Memoria che meravigliosamente sussurra spalancando i luoghi di un passato artistico che ritorna tra le mani e la mente di Dalì. Qui troviamo fra gli altri lavori “La Venere di Milo con tiretti”, proveniente dal museo Boymansvan Beuningen di Rotterdam, splendidamente collocata in un guscio che l’avvolge e ci invita ad entrare per sospirare l’arcano soffio che è in noi, poi le tele dedicate a Velaquez, Fundación Gala-Salvador Dalí, mirabile incanto spezzato da un invisibile che si scioglie e dilaga con risvolti imprevisti.
La Stanza successiva è quella del Male. Il tema della guerra non è semplicemente affrontato da Dalì ma è anatomicamente sezionato, sventrato fin nelle placente della lucidità allucinata. Apocalittico assurdo, asfissiante, tetro dolore nel “Visage de la guerre” del Boijmans Museum di Rotterdam, fascinazione alienante la “Melanconia Atomica” del Reina Sofia di Madrid.
La seconda sezione si apre con la Stanza dell’Immaginario. Il surrealismo imprime i suoi segni indelebili. L’inconscio, l’introspezione e la ricerca di sé, confluiscono nella costruzione del dipinto, determinano i punti di fuga analizzano le galassie dell’assurdo e incidono i sensi. Le “Tre età” dal Museo di St. Petersburg (Florida) e la “Ricerca della quarta dimensione” della Fondazione di Figueras, danno forma all’informe sostenendo cadenze di relazioni liriche e conturbanti con il pensiero flaccido e viscido nelle maglie dell’inconscio. L’immaginario surrealista poi si concretizza nella Stanza dei Desideri. Ricostruzione filologica della celebre Stanza di Mae West ad opera dell’architetto Oscar Tusquets Blanca, co-autore del progetto, che introduce schermi televisivi, infatti come scrisse lo stesso Dalì in un’intervista, esposta in mostra, gli specchi utilizzati a Figueras dovevano essere in realtà sostituiti da quest’ultimi, daliliana percorrenza dei tempi.
Verso il crepuscolo della figura umana, ci troviamo nella penultima sezione, nella Stanza del Silenzio dove lentamente ma inesorabilmente si delinea il trionfo del paesaggio. Poesia, invenzione, evocazione e gli occhi si perdono dinanzi al “Cammino dell’enigma”, Fondazione Gala- Salvador Dalí Reina Sofia. La traiettoria verso approdi metafisici approda nel paesaggio dell’io, del sentire l’intero cosmo su quel lembo di terra spagnola affacciata sul mare. Vento, fossili, scogli, alture. Imponderabile senso, insostenibile essenza nel deliquio della mente, siamo sulla soglia della Stanza del Vuoto. Il caos si placa parla la pittura del silenzio. Inquietudine, desolazioni taglienti, tempesta nel vortice dell’impulso, peregrinazioni sul sogno – incubo al limite dell’indicibile, poi soave tensione, distesa lirica, astrazione, come testimonia l’ultimo olio dipinto dall’artista prima della morte, nel 1983, “Il rapimento di Europa”, conservato a Figueras, monocromo azzurro spaccato da ferite, quasi squarci profondi e laceranti il diaframma esistenziale.
La sezione conclusiva è una sintesi sul rapporto tra Dalí e Walt Disney che culmina con il cortometraggio d’animazione “Destino”. E’ il viaggio onirico di una splendida fanciulla dai suadenti capelli neri che attraversa luoghi spaesanti e tempi remoti dove memorie rinascimentali, richiami classici, atmosfere metafisiche e visoni surreali si materializzano in azioni che si schiudono nel rapporto tra l’inconscio e la ragione, tra la fantasia e la lucidità. Molti dei disegni originali formano una naturale corolla al video che posto al centro della sala richiama a se gli spettatori.
La mostra è accompagnata da ampi apparati video ed interviste allo stesso Dalí, nelle quali rivela il rapporto con alcuni dei luoghi a lui più cari, come l’Italia, Parigi, ma soprattutto con i paesi della Catalogna, suo rifugio, sua anima, suo Essere. Cielo e terra, mare e vento, rocce mentali frammenti di sogno visibile.
L’allestimento curato dall’architetto Oscar Tusquets Blanca è una suggestiva alienazione del tempo e dello spazio che ben evidenzia tutte le sfumature dell’Arte di Dalì. Zone d’ombra e giochi di luce, finte e prospettive, l’illusione si dilata e si contrae accompagnandoci nell’intero percorso, intorno a noi abissi della follia e distese di razionalità dispongono l’ossessione su tela, sogno, paura, amore, enigma: il reale ed il sublime nel paesaggio dell’anima di Salvator Dalì.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
(13/12/2010)
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