Arcimboldo
Ceste di frutta, verdura e ortaggi
mirabilmente orchestrate in teste sorprendentemente buffe:
Milano – Arcimboldo torna nella sua città natale, con la mostra “Arcimboldo Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio” visitabile fino al 22 maggio presso Palazzo Reale.
L’esposizione curata da Sylvia Ferino, Direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches Museum di Vienna, in collaborazione con un prestigioso Comitato Scientifico, nasce in collaborazione con la National Gallery di Washington da cui proviene il nucleo fondamentale delle teste di Arcimboldo. Teste composte, curiose, sbalorditive, inquietanti per le quali è conosciuto dal grande pubblico.
Ceste di frutta, verdura, ortaggi mirabilmente orchestrate in teste sorprendentemente buffe e poi la serie delle “Stagioni”, nella sola “Primavera” sono state classificate 81 specie di fiori e foglie, e in quella degli “Elementi”, per esempio nell’ “Acqua” sono, invece, state classificate 61 specie di animali. Innovazione sotto forma di burlesche, ammirata dai surrealisti nel 1937 e dai dadaisti nel1954 con Philip Haas che creò la sua stagione composta “Winter” in fibra di vetro pigmentata e dipinta, alta 4,27 metri, come è dimostrato nella piazzetta Reale.
331 opere in mostra organizzate per nuclei, inserite nelle “camere delle meraviglie”, allestite negli scaffali che imitano gli antichi studioli, una maestosa cornice ai lavori di Arcimboldo: sedici dipinti, ventinove disegni, un cartone di arazzo e quattro vetrate.
Intorno, appunto, gioielli, cristalli, bronzetti dorati, smalti, cammei, pietre dure e pietre antiche intagliate, avori, armi e armature da parata, fiaschette da polvere con carapace di tartaruga. Oggetti preziosi come scenografica ambientazione del tempo, come reperti di un mondo affascinante che solleticava l’inesauribile ispirazione di Arcimboldo, votato agli insegnamenti leonardeschi , la sua attenzione per le teste grottesche di Leonardo, infatti, è notevole, ed in mostra troviamo cinque disegni autografi di Leonardo e due di Leonardo con Francesco Melzi, il più fedele allievo ed erede dei manoscritti e disegni del maestro.
In queste sale regna l’epoca cinquecentesca ed il gusto dei suoi imperatori, dei suoi principi e dei nobili intellettuali dai molteplici interessi, che inchinavano la mente alla scienza e aprivano gli occhi allo straordinario che fluiva da rarità naturali, magari combinati con materiali preziosi.
In questo contesto le “Teste” di Arcimboldo sono state accolte con grande meraviglia, entusiasmo, originalità. Immaginazione carnevalesca e feste di piazze sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale nella realizzazioni di questi capolavori basti ricordare, per esempio, il fantoccio della Quaresima che era fatto di ortaggi e dolciumi che poi veniva smembrato.
Sublime poliedricità artistica nel trionfo di capricci e bizzarrie. Suprema inventiva fortemente legata alla realtà nell’imitazione basata su un naturalismo minuzioso. Ma Arcimboldo prima di tutto è colui che tesse la sua fibra artista nei cartoni per le vetrate del duomo di Milano, negli arazzi, nel gonfalone della città di Milano; firma inoltre con Giuseppe Lomazzo l’affresco in San Giovanni Battista a Monza.
Pittura, natura, estro e ragione sembrano combaciare nelle sue illustrazioni di animali e uccelli, piante e fiori, tanto che il grande Ulisse Aldrovandi, naturalista e medico, utilizza i disegni nei volumi scientifici. Ancora un giro di valzer e Arcimboldo si trasforma in insuperabile regista di feste imperiali, di cortei, di tornei per i quali, ovviamente crea anche i costumi e le maschere, ultimo tocco da vero maestro dell’artificio trasforma i cavalli in draghi e utilizza elefanti. Progettista di una fontana rotonda per un parco viennese non compiuto. Come abile architetto progetta slitte dalla decorazione ardita, oseremmo dire al limite del kitsch a forma di conchiglia e usa intrecci di verdure e rami in infinite forme.
Artista per dilettare , artista con passione, artista di se stesso inscenando la migliore carriera che si possa desiderare, facendosi cucire addosso onori e gloria e discendenze degne del miglior rango artistico aristocratico, commissionando allo storico milanese Paolo Morigia una falsa genealogia e assumendo un giovanissimo letterato, Giovan Battista Fonteo (o Fontana), per celebrare le proprie creazioni in un programma allegorico atto ad esaltare l’imperatore degli Asburgo.
Nella mostra, Francesco Porzio, membro del comitato scientifico, sulla base di analisi accuratissime, presenta una novità assoluta: le tre tavolette autografe di Arcimboldo “Inverno”, “Primavera”, “Estate”, della Pinacoteca di Monaco, custodite in un castello della Baviera e precedenti alle “Stagioni” dipinte per Massimiliano nel 1563, che sarebbero nate a Milano segnando il punto di svolta nella carriera internazionale. Nel 1562 viene, infatti, chiamato a Vienna da Massimiliano, figlio dell’imperatore Ferdinando I, come artista di corte.
A Vienna Arcimboldo avrebbe ripetuto le “Stagioni” con uno stile più elegante e arricchendole con gli “Elementi” creati appositamente per Massimiliano e nei quali il riferimento simbolico – allegorico agli Asburgo diventa molto più evidente.
Citiamo l’“Aria” leggiadra, di cui non esiste più l’originale, formata da uccelli e l’ “Acqua” inaspettatamente inquietante con gli occhi dei pesci polipo, murena, tartaruga, medusa, solo per citarne alcuni, che ci fissano.
Nella tavoletta del “Fuoco” fiamme libere per capelli e armi da fuoco come corpo è il ritratto dell’imperatore Rodolfo II con una fiasca di polvere con l’aquila bicipite, sopra la pesante collana del Toson d’oro di cui Rodolfo era stato insignito.
Rodolfo II era stato ritratto anche come “Vertunno”, dio della mutazione – maturazione della frutta, marito di Pomona, protettrice dei raccolti. Fiori, spighe, foglie di lattuga, carciofi, cipolle e una grande zucca da cui partono zucchine o melanzane. Due mele rosse per le gote, una grossa pera per il naso, ciliegia e mora per pupille sopracciglia di baccelli di piselli rinforzate da spighe. L’apoteosi del grottesco e della comicità, un mondo che Rodolfo amava e collezionava.
Quando Arcimboldo tornò per sempre a Milano nel 1587, Rodolfo desiderò fortemente che continuasse a lavorare per lui in cambio di una liquidazione di 1.500 fiorini e una pensione di 300. Nel 1592, l’anno dopo aver ricevuto la “Flora” e il “Vertunno”, Rodolfo lo nominò conte palatino.
A Milano Arcimboldo si presentò con l’ “Autoritratto cartaceo”, qui esposto: penna, pennello, inchiostro acquerellato, larghi fogli di carta, distesi o arrotolati con i quali rende l’espressione di un uomo stanco che fino alla morte, per insufficienza renale, nel luglio 1593, dipinse le sue straordinarie teste composte dando ai pittori milanesi la possibilità di entrare nel carattere estremamente naturalistico della sua pittura come dimostra una splendida natura morta del Figino presente in mostra “Piatto metallico con pesche e foglie di vite” molto probabilmente ispirata dalla frutta del “Vertunno”.
E il Caravaggio? Non possiamo non notare come, per esempio le serpi guizzanti della “Medusa” presentano una evidente precisione naturalistica derivante, anche da Arcimboldo. Una lontana vicinanza da intravedere nella profonda meticolosità della descrizione.
Il grande interesse da parte del pubblico per Arcimboldo è stato risollevato anche dalla sua monografica a Vienna – Parigi nel 2007-2008, tanto che i curatori del Louvre classificano l’attenzione del pubblico sulle “Quattro stagioni” nelle versioni possedute dal museo e presenti in mostra, al secondo posto dopo la “Gioconda”.
Notizie utili :
“Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio”.
Dal 10 febbraio al 22 maggio.
Milano, Palazzo Reale, piazza Duomo 12.
Biglietti: intero 9 euro, ridotto 7,50, scuole 4,50, famiglie 19,50.
Orari:
Tutti i giorni 9,30-19,30;
Lunedì 14,30-19,30;
Giovedì e sabato 9,30-22,30.
Biglietteria chiude un’ora prima.
Tel . 02-92800375.
di Antonella Iozzo©Riproduzione Riservata
(03.05.2011)
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