Chardin Il pittore del silenzio
Nature morte e pittura di genere sfiorano il sensibile e catturano lo spettatore
dolcemente attratto dal respiro delle cose
Ferrara – Jean Baptiste Siméon Chardin , il silenzio che avvolge la vita intima delle cose, il sentimento che trasuda la poesia della pennellata.
Un grande maestro del Settecento francese al quale Palazzo dei Diamanti dedica una grande retrospettiva, “Chardin. Il pittore del silenzio”, la prima in Italia, in corso fino al 30 gennaio 2011. Esposizione curata da Pierre Rosenberg, massimo esperto di Chardin, Accademico di Francia e Presidente – direttore onorario del Musée du Louvre e organizzata in collaborazione con il Museo del Prado di Madrid, che la ospiterà il prossimo anno dal 28 febbraio al 29 maggio.
Settanta opere tra nature morte, personaggi umili e scene di vita comune rivelano la diafana, la delicatezza, l’intima introspezione dell’artista stimato da Diderot, favorito da Luigi XV, studiato da Manet e Cézanne.
Un percorso artistico controcorrente, figlio di un costruttore di biliardi, non segue mai un corso regolare di studi all’Accademia, non effettuerà il grand tour d’Italia, esperienza considerata quasi obbligatoria per una carriera nell’arte, ma entra come apprendista nella bottega di un pittore di storia. Ben presto allo studio dei grandi maestri preferisce lo studio attento della realtà quotidiana, ha inizio per Chardin il risveglio dell’esistenza nella semplicità quotidiana.
Nature morte e pittura di genere sfiorano il sensibile e catturano lo spettatore, dolcemente attratto dal respiro delle cose. Una musica che si fa gesto impalpabile, armonico, avvolgente. La materia sonora sembra sfrangersi intorno ai cesti di prugna, sulla buccia vellutata delle pesche, sulle ciliegie, mentre flessuose arabesque si slanciano per ricomporsi nette e ben delineate sui paioli in rame o su scorci di tavole povere.
Indizi di vita che cadono sotto gli occhi del reale, il più cupo, il più vero, il più pregno di cupe atmosfere bordati di chiari scuri, dove i volumi definiscono la consistenza dell’autentico.
Sostare dinanzi alla opere di Chardin è come entrare in punta di piedi nella trasparenza del suo cuore pittorico, nella profondità della sua anima, nel rigore armonico di una verità che si traduce nel sapiente gioco dei riflessi, nei contrasti tra toni caldi e freddi, nelle velature. Peculiarità capaci di sublimare la spoglia scenografia e di rendere più delicata la composizione nello spazio. Richiamano, senza dubbi, la nostra attenzione “Il cesto di prugne, bottiglie e bicchiere mezzi vuoti e due cetrioli” dalla Frick Collection di New York, “La lepre morta con sacca per polvere da sparo e carniere” , il “Paiolo di rame stagnato”, “Cestino di pesche con noci, coltello e bicchiere di vino pieno a metà” dal Louvre ed il “Paniere di fragole di bosco” collezione privata, opera della fine degli anni ‘50 e ‘60, caratterizzata da un cromatismo molto più interiorizzato quasi un suono introflesso all’interno di una sinfonia.
Una mirabile maestria riconosciutagli successivamente dall’Accademia reale di pittura e scultura tanto che nel 1728 lo accoglie ufficialmente come “pittore di animali e frutta”. E’ l’inizio di una pittura che lentamente scivola verso qualcosa di inafferrabile ed indeterminato, quel qualcosa che aleggia negli interni domestici, che ricama le nostalgiche venature o i pensieri assorti sui visi di personaggi comuni ma anche su quelli della borghesia colti in episodi semplici e che Chardin senza raccontare dispiega, liquefa, scioglie con grazia e perizia, con lucida introspezione e disarmante calore umano.
Vibranti variazioni in versi di colore sgocciolano la semplicità che soffia in interni poveri, dove il candore di bambine, il tepore delle stoffe, l’esistenza stessa vive sospesa tra il passato e il presente, tra ricordi e ombre, tra la tenerezza giocosa, soffusa nei bagliori della borghesia come in “La Bambina che gioca col volano” collezione privata, o il “Bambino con la trottola” dal Louvre, e le luminescenze intinte nell’umiltà come nel “Il garzone d’osteria” e “La sguattera” dalla Glasgow University, o ancora “La governante”, dalla National Gallery di Ottawa, mirabile poi “Le Bolle di sapone” dalla National Gallery di Washington.
Luigi XV, al quale Chardin aveva donato le opere “Madre laboriosa” e il “Benedicite”, non rimane insensibile ad un’elaborazione tanto corporea quanto immateriale dei sentimenti che ricadono dall’animo umano, e lo privilegia concedendogli di dimorare e lavorare al Louvre. Una situazione molto produttiva da più punti di vista infatti riceve subito l’attenzione di una vasta clientela a livello europeo, che lo porta a produrre molte repliche dei soggetti più richiesti.
Nell’ultima sala espositiva i pastelli ritratti di fanciulla e fanciullo del 1777, arrivati da Ginevra. Intorno al 1770, infatti, la sua vista inizia ad indebolirsi a causa dei materiali usati nella tecnica ad olio, costretto ad abbandonare questa tecnica sceglie, appunto, il pastello con il quale continua a trasporre il silenzio delle emozioni nella bellezza del sentimento.
Intima, elegante, raffinata esposizione, trasmette con descrizione, si lascia guardare e lascia la consapevolezza che il tempo trascorre alieno alla metamorfosi del segno artistico che non tutti sanno cogliere. Un allestimento che avesse ridotto la vastità delle sale espositive, visto anche il numero delle opere, con qualche quinta scenica e un illuminazione che poneva l’accento dentro l’afflato pittorico, avrebbe ben esaltato l’intensità emotiva di capolavori che affascinano per la loro cadenza emozionale.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
24/10/2010
Notizie utili:
“Chardin. Il pittore del silenzio”, dal 17 ottobre al 30 gennaio 2011
Palazzo dei Diamanti, Corso Ercole I D’Este, 21, Ferrara.
Orari: tutti i giorni, 9-19.
Informazioni:
Call Center Ferrara Mostre e Musei, tel. 0532.244949
Immagini
Jean Siméon Chardin
Cestino di pesche con noci, coltello e bicchiere di vino pieno a metà, 1768
Olio su tela, cm 32,5 x 39
Parigi, Musée du Louvre
Parigi, © foto RMN / Daniel Arnaudet
Jean Siméon Chardin
Gatto con trancio di salmone, due sgombri, mortaio e pestello, 1728
Olio su tela, cm 79,5 x 63
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza
Madrid, © foto Museo Thyssen-Bornemisza
Jean Siméon Chardin
La sguattera, 1738
Olio su tela, cm 45,7 x 36,9
Glasgow, Hunterian Museum and Art Gallery, University of Glasgow
Glasgow, © Hunterian Museum and Art Gallery, University of Glasgow
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