Quadri – personale “Fuga dal Ritratto”
Con gli artisti: Anna Amelia Del Vecchio, Faustina Aurora Dibenedetto, Domizia Parri, Vladanovic
a cura di Antonella Iozzo
Sull’epidermide dell’anima il bordeline della forma ed è “Fuga dal ritratto”, una quadripersonale in mostra su BluarteVirtual. L’infinito mondo delle apparenze sensibili nelle visioni ed evasioni di Anna Amelia Del Vecchio, Faustina Aurora Dibenedetto, Domizia Parri, Vladanovic, quattro artisti per una materia sfumata dalla memoria Il ritratto in fuga dall’inconscio abbandona la tela e con Del Vecchio lascia tracce, segni, ellissi d’idee, è una danza sulle punte dell’emozione per flessioni alchemiche dell’individualità. Protagoniste, inquadrate come etoile da palcoscenico, sul viso l’espressione rimanda al movimento delle stagioni, al dopo che avanza, al prima ancora dinanzi a noi. Un passo dopo l’altro e la figura diventa interprete di miti, dee e regine, nonché della propria esistenza, mentre sulla tavolozza un dialogo tra l’Arte e la vita esplode nel rigoglio di reminiscenze cromatiche, dissimulazioni oniriche mediate dalla storia e dalla memoria. Sul volto il visibile, nel soggetto l’illusione stratificata in istanti esistenziali contenenti ogni traccia di vita vissuta e ogni orizzonte di vita futura. Soglia chiaroscurale nella quale la torsione corporea appare come il fantasma del ritratto in fuga dalla forma. La danza del ritratto regala scene di sospensione tra verità fisica e verità psichica, una coreografia complessa che s’infittisce o si dirama tra le dinamiche dei pensieri. Un attimo magico nel quale l’energia creativa sfiora la bellezza e ne alimenta il ritratto. Una nuova percezione della persona appare sotto la maschera del ritratto. Lirismo e malinconia si congiungono in una partitura di bianchi, un giardino dell’anima sopito nelle sonorità dipinte da Dibenedetto. Espressioni assenti, lontani e sognate sono esaltate dal disegno o dai colori brillanti, le emozioni, invece, emergono dalla penombra, nascondono il ritratto dell’apparire e svelano il viso incastonato in un gioco di luci che evidenzia la precisione nella resa dei dettagli. Figure adagiate in un distaccato silenzio, lo stesso che si respira in De Nittis, emanano una languida atmosfera rappresa nella scenografica teatralità dell’ambiente, ma quando il volto si taglia nella spazialità priva di sfondo è il segno a modellare la personalità del soggetto. Delicato, essenziale, nitido ogni tratto legge la poesia racchiusa nell’ispirazione e ne riporta il sentimento, velature vissute sottopelle. Un effetto che sottolinea i lineamenti e accresce l’intensità dell’espressione. Verso l’evasione dalla superficialità il ritratto ricama l’impronta di se stesso, un’indagine ancora da sviluppare un mistero ancora da svelare. Perdersi e ritrovarsi in una dimensione atemporale – per mezzo di un flusso sensoriale che esplora il gesto e lo tramuta in un frammento visivo in fuga dal ritratto – è un’impressione che genera impressione, è un evocare l’inesprimibile sorgente del profondo, è una sensazione narrativa nella totalità artistica di Parri. E’ la sua sensibilità a tracciare i contorni, respiri flebili, gocce d’acqua che formano l’epidermide del silenzio. Contatto epiteliale che racconta la propria storia, un canto sommesso pronto ad elevarsi tra figura reale e figura simulata, reinterpretazioni figurali, appunto, “diserzione” dal ritratto. Tutto rimane sospeso in una partitura riflessa nello specchio della memoria, contaminazioni di segni per vertigini dell’indefinito dentro noi, da qui nasce un orizzonte aperto che si distende nell’espressività, visioni contemporanee di un passato futuro, in continua tensione nel presente, sintesi estrema dell’eterno che avanza nella forma fluttuante di una voce cromatica che sovrappone il reale alla fantasia raccontando la limpidezza di un sorriso, l’oscurità dell’inquietudine, sguardi dietro ai quali il ritratto scompare e appare il volto veritiero della propria entità, reso ancora più autentico da una pittura morbida e materica. In un istante di discontinuità, d’immobilità del tempo la percezione del reale di Vladanovic è un’azione riflessa nello specchio della mente. Passaggi lenti o bruschi, dal visibile all’invisibile, dall’ombra alla luce e viceversa rivelano la materia in fuga dal ritratto, un’immagine – luce illuminata dall’interno ne costituisce la trama, sono metamorfiche strutture del volto, compenetrazioni sensoriali, sovrapposizioni catalizzate e catalizzanti l’infinito nella non – forma del senso. L’immagine è come divorata, estrema, drammatica elisione dell’espressione i cui effetti, di apparizione e scomparsa, trattengono, filtrano, passano la complessità della percezione umana, mentre la propria sensibilità si acuisce nel ritmo stanco del passato. Opere sconfinate nello spazio, “ambienti sensibili” come scansioni di un continuum tra l’interiore e l’esteriore, tra la concretezza e l’immaterialità della sostanza intima, corrispondono al corpo dell’immagine. Scatti fotografici per passare dal reale all’immaginario, dal ricordo al sogno, un’intera vita tra le maglie del tempo congelato in riflessioni, passaggi costanti in continua tensione fra il prima e il dopo, il dentro e il fuori, il presente e l’assente. Grafie ancestrali narrano dell’esistenza e rilasciano gesti sonori, quasi corpi immateriali nella compiacenza liquida della forma in “Fuga dal ritratto”. di Antonella Iozzo © Produzione riservata
ANNA AMELIA DEL VECCHIO FAUSTINA AURORA DIBENEDETTO DOMIZIA PARRI Esposizioni: -Collettive in occasione della Festa dell’Arte di Gravellona Lomellina, (PV), nel mese di giugno, ogni anno dal 2002 al 2008. -Personali presso il Circolo Tunnel di Reggio Emilia, nel marzo e quindi nel giugno del 2007, nell’ambito di manifestazioni multimediali dedicate alla musica dei Depeche Mode. In procinto di partecipare al Kunstart di Bolzano, maggio 2009, conla Galeria Gaudìdi Madrid Vladanovic Nato nei Balcani
2/04/2009 |
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