Collettiva Internazionale con gli Artisti: Isella Barresi, Sara Calvano, Angelo De Francisco, Antonio De Paoli, Lisbeth Del Pozzo D’Annone,
Aurora Dibenedetto, Guido Ferrari, Valter Fiorani, Deborah Gaetta, Angelo Gilardoni, Silvia Logi, Donato Lotito, Ann Nyberg, Patricia Pieschacón Q.Luciano Tigani
a cura di Antonella Iozzo
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Il rilievo della forma è un cerchio del tempo che procura sensazioni cangianti sulla superficie della percezione, tutto intorno variazioni, fluidamente modulate da quindici menti creative, s’intrecciano nella mostra “Il sentimento nascosto delle cose” in corso su Bluarte. Tra coinvolgimento emotivo e algido distacco l’essenza sonora, coadiuvante la coscienza delle cose, ridefinisce il dialogo fra interno ed esterno, fra il reale passato e la verità di un’apparenza, infinite sfumature nel riflesso della conoscenza, intimo contatto con il mistero della vita. “Licit”, lecito squarcio informale nell’impalpabile vissuto, desiderio in fermento improvvisamente sulla via di fuga dall’altra parte, fluida attesa. L’estrazione del visibile nell’astrazione del sensibile è un inafferrabile sentimento che riveste la città. Quintessenza emotiva proiettata da De Francisco in modulazioni deformanti l’equilibrio armonico tra forma e contenuto. Impossibile definirli quando un flusso continuo di ricordi distorce la prospettiva, attraversa il cielo e si estende simultaneamente ad un minuto dal reale. Solo relazioni di suoni tra scomposizioni dinamiche sospese per immagini che ridefiniscono l’architettura con geometrie riflesse nella curva dell’emozioni. Mistici e sensuali le opere di Pieschacón rivelano la luce interiore delle cose. Dalla profondità di sfumature soffuse e velate, compenetranti con il silenzio che risuona dentro di noi, la natura morta assume l’impalpabilità del sentimento più carnoso e vitale, sono presenze coinvolgenti capaci di entrare in dialogo con l’anima, turbandone la quiete. Le forme, portate in primo piano da quell’intenso velo di sensualità e mistero, si lasciano modellare dalla morbidezza dei tagli di luce che ne torniscono i volumi, l’effetto è una sinuosità curvilinea accarezzata da pennellate morbide, suggestioni vellutate per impressioni da toccare. Le soluzioni impressioniste di Ferrari si disciolgono negli acquarelli bagnati d’atmosfera solare e restituiscono il sentimento più profondo dell’essenza mediterranea straripante dai vicoli stretti o lasciata dietro le quinte di un balcone. Un crepitio di pennellate vibranti scivolano in segrete simmetrie e si aprono alla luce dilatata di un cielo che penetra nelle cose per risplendere poi, attraverso la loro pelle limpida, raffinata, acquatica. Siamo oltre la soglia del visibile con Barresi, profonde deformazioni delle emozioni richiamano l’onirico, si estraniano dal reale e precipitano fin dentro il pulviscolo materico che compone la ragion d’essere di ciò che non vediamo, ma che avvertiamo come il sentimento nascosto di una vitale energia. Figure geometriche, o meglio stati mentali attraversati da traiettorie sensoriali, avanzano impercettibilmente lasciando sulla superficie delle cose traccia del loro passaggio, è un pulviscolo imbevuto di sensibilità capace mescolarsi alla musicalità cromatica e raggiunge la tela. La forza tangibile di una consonanza emerge dalla possente carica magmatica e dai colori violenti e quasi urlati di Logi. Superfici materiche tormentate ed oggetti esplodono in un incendio poetico che innesca catene di emozioni mutanti in flussi di segni, sono sentieri, dedali asfissianti il pathos comunicativo, forza incontenibile che dalla natura libra la sua metamorfosi, è come se la storia delle cose inspirasse inconsapevolmente la memoria presente del gesto, movimento interiore coniugato da una sintesi espressiva tra materia e colore. Uno sfilacciamento sensoriale sfuggito allo stato intimo dell’oggetto radiografa il mondo circostante, è lo sguardo incisivo, affilato, indagante di Fiorani, che si sofferma su una linea d’ombra infiltrata nel muro e ne segue l’ostinazione a persistere in un luogo deputato all’assenza, ma fortemente carico di presenze invisibili. Radici strappate, pensieri incerti, paure trattenute, irrompe una bellezza desolante, passato e presente si mescolano e l’inquietudine, scolpita nel vuoto intrappola lo sguardo ed emana il sapore acre e pungente di un sentimento emaciato dentro lo stato delle cose. Verso la fascinazione della natura morta le creazioni di Del Pozzo D’annone s’inseriscono come un’isolata significante presenza tra le maglie dell’universo. Intima, riservata sensibilità capace di rendere la contemplazione di un particolare elemento imprescindibile dell’ideale artistico. Petali e foglie rivestite da cromie morbide si adagiano sul supporto con estrema precisione e diffondono una poetica di assoluta consonanza armonica, quasi uno sguardo verso l’interno per ritrovare nel reale, la bellezza dell’immenso. L’espressione del sentimento di Calvano si muove nella fisicità di un sensibile visionario che al dinamismo delle forme accosta il romanticismo intenso e vellutato rielaborato dalla storia dell’Arte. L’impianto cromatico si orienta sul dettaglio per giungere solo dopo a dare plasticità alle cose, protagoniste sulla tela come sul palcoscenico della realtà. E’ un quotidiano rivestito di poesia, in sospensione tra luci e ombre, fra incanto e risveglio dal sogno. Frammenti silenziosi in gesti cromatici leggeri e forti come i sentimenti. Nessun riferimento prospettico con Nyberg, solo aperture verso il sentimento delle cose. Un orizzonte in cui lo sguardo dello spettatore perdendosi, trova il senso incontaminato del vero. E’ un immersione nel dipinto trasformato dall’artista nell’infinito mare interiore, uno stravolgimento sfuocato in sovrapposizioni di pensieri, sensazioni, emozioni e velature. Contaminazioni di stili contemporanei in una coloratissima esplorazione pittorica che, sfiorando l’immaginazione creativa, tocca tutte le soluzioni possibili e raggiunge l’inviolabile nascosto tra l’essere e l’apparire. Limpida suggestione di un sogno che ricade tra le fibre della tela e accende il sentimento nascosto delle cose di Dibenedetto. Composizioni essenziali, minime, dominate dal silenzio, mostrano la loro naturale entità figurativa sia nel gioco delle ombre in bianco e nero, sia nei colori caldi di brocche che rimandano a reperti archeologici, memorie che avanzano dallo sfondo, dietro l’immagine del tempo come quinte di un teatro. Il sentimento nascosto delle cose contiene la verità più profonda, un suono gentile e suadente coperto dalle fibre della coscienza, materia eruttata ed elaborata da De Paoli in corpo flessuoso, in anima gemente, in carne tormentata. Le sue interpretazioni scultoree scavano, graffiano, solcano la realtà fino a giungere sul confine dell’oscurità. Fra le mani la misteriosa forza della natura, trasforma la nostra percezione portandola fin dentro il vortice dei sentimenti, qui si aprono crepe indescrivibili: estasi, tensioni, elevazioni, espressioni lancinanti estratti dall’azione artistica come suono tattile, acuto e grumoso. Suggestioni sentimentali in sequenze musicali. La folgorante sintesi di stampo futurista di Lotito sembra illuminare architetture eteree e sottili con inquadrature che osano penetrare le linee prospettiche e coglierne l’essenza nascosta. La trasparenza del soggetto riflette e amplifica il dinamismo con una limpidezza estetizzante capace di transitare tra l’impercettibile e l’impalpabile. Istanti atti ad avanzare in una ricostruzione spaziale distillata nella scansione ritmica di geometrie proiettate verso il focus delle sensazioni, un luogo fermo al centro dell’obiettivo, ritrarlo è come portare il movimento dentro l’immagine. Il sentimento nascosto delle cose è un incontro evocativo con lo scorrere del tempo, che Tigani suggella in atmosfere agreste grazie ad un colorismo quasi pastoso, accarezzato da luci morbide. La stessa luce che calda, mediterranea, accecante, inonda turgide ciliegie e deliziose prugne infiammate dall’estate. La pennellata è vivace, gli impasti saturi, completamente assorbito dalla natura, l’artista avvolge la scena con la vitalità di un raggio di sole che dona plasticità ai volumi, teneri frutti dai quali stilla il nettare dell’immenso. Come istantanee sul borderline quotidiano dei silenzi i lavori di Gaetta catturano la morfologia di un sentimento ingoiato dal reale. Un continuo movimento da leggere in fondo a un momento di sospensione o di attesa tra abitudini che rivestono lampi mattutini di normalità e instabili certezze che percorrono le traiettorie dell’inconscio. Corrispondenze insospettabili rapite dagli scatti dell’artista che ci induce alla riflessione rivelandoci nascoste verità sulla pelle delle cose, intime realtà tra le loro fibre. di Antonella Iozzo © Produzione riservata |
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