Miró: la Terra
Il tema conduttore della mostra è il suo rapporto con la terra
i suoi valori, la sua gente e le sue tradizioni
Ferrara – Palazzo dei Diamanti di Ferrara, è in corso fino al 25 maggio, una grande antologica, dedicata all’artista catalano Joan Mirò, dal titolo “Miró:la Terra”.
Il tema conduttore della mostra è il suo rapporto con la terra, i suoi valori, la sua gente e le sue tradizioni. Un’ottantina di opere tra dipinti, disegni, collage, assemblaggi, sculture e litografie ricostruiscono lo straordinario percorso creativo dalla sua prima personale, nel 1918, a venticinque anni, alle opere degli anni Settanta.
E’ il surrealismo di Breton, a incidere in modo determinante sull’Arte di Mirò, attivo frequentatore anche della cerchia dada di Tristan Tzara. Il suo stile si sviluppa nell’evaporazione degli elementi, dell’energie e delle parabole creative apprese, in una personalissima trasposizione onirica che tocca i vertici della sensibilità e approda nell’astrattismo lirico. La realtà assume caratteri fiabeschi, per Mirò è una visione poetica soavemente sospesa in racconti visionari ed infantili, dove simboli, sigle, segni, sembrano fluttuare in colori elementari e squillanti, una evocazione del reale, quindi, una magica evoluzione del sogno in fantastiche espressioni della fantasia.
Il surrealismo di Mirò non scava nei meandri più bui dell’inconscio, ma segue l’impulso vitale, sottile e leggero dell’incanto , gioiosa composizione sonora avviluppata tra la memoria, a tratti segnata però, dai tragici eventi storici.
Leggerezza poetica e solarità mediterranea si respirano nelle primissime sale della mostra che parte con opere come “La contadina”, ispirate all’ambiente rurale di Montroig, località del sud della Catalogna, dove la famiglia Miró possedeva un’antica fattoria, luogo preferito dall’artista peri i suoi ritiri .
Se la prima personale è fortemente improntata da un forte realismo influenzato vagamente dalla forma cubista, il suo primo viaggio a Parigi nel 1919, provoca in Mirò un profondo cambiamento, che però non esclude mai il senso della “terra”, quel forte pensiero che cammina nel suo corpo, e che si ferma in opere come “Terra arata” del Guggenheim Museum e “Paesaggio catalano (Il cacciatore)” del Museum of Modern Art, di New York.
Sogno, terra e natura in una combinazione di segni che avanzano sullo sfondo monocromo, percezioni di figure che evocano il mondo rurale di Montroig in una rarefazione immaginifica pronta ad espandersi dal soffitto della camera da letto di Mirò, in rue Blomet, dove le sue idee prendevano forma, ai colori dei sogni che vivevano nel suo cielo.
La ricerca per Mirò è lo stimolo che lo porta a guardare lontano, a rimettersi continuamente in gioco, a spezzare i canoni estetici, se necessita, a entrare fin dentro il midollo dell’Arte e risucchiarne il senso. Sempre pronto a sentire, sulla sua pelle, spirare la brezza dell’istinto non esita mai, e quando nel 1927 trasferisce il proprio atelier vicino a quelli di Arp, Ernst, Eluard e Magritte, è pronto ad assorbire l’andamento sinuoso che sente intorno a se e a tradurlo in vibranti figure, arcuate e morbide, come appare evidente da “Paesaggio con coniglio e fiore” della National Gallery of Australia di Canberra.
Ironicamente geniale nel seguire l’ispirazione del momento, inizia a produrre collage e assemblaggi, dal tono giocoso, strada che lo condurrà verso la scultura.
Negli anni Trenta Mirò avverte lo squarcio della Guerra Civile come una lacerazione violenta, perforante l’esistenza nella sua forma vitale. Il contatto con l’orrore produce immancabilmente tensioni interiori strazianti e la pittura riporta quell’incandescente magma che brucia l’anima, con un linguaggio informale, in cui il pensiero drammatico, molto sotterraneo, è scosso da un ritmo quasi percussivo e sfibrante. Sono dipinti su masonite sui quali l’artista interviene con materiali grezzi, come caseina, pece, sabbia e ghiaia.
Con la seconda Guerra mondiale Mirò ritorna in Spagna ed inizia un lavoro di sperimentazione attraverso l’utilizzo di materiali estranei alla tradizione artistica, è il caso di “Composizione con corde” del Van Abbemuseum di Eindhoven, qui le figure dipinte con estrema perizia si trovano a dialogare con vere corde annodate. Il formato delle sue opere si fa sempre più monumentale. Opere immense, liriche, sono elegie struggenti che cantano i temi preferiti: la femminilità e la sessualità. Colature di colore, stridenti guizzi, sciabolate drammatiche, danzano con un parossismo carico di ritmi primordiali, è una continua ricerca della tensione che estremizza il suono del nero quasi fino all’immobilità, un contrasto portato alle estreme conseguenze.
Ultimo atto, “Figure e uccelli nella notte” 1974, del Centre Pompidou, un immenso murale su tela. Gestualità e dinamismo si solidificano in segni e figure fantastiche che emergono dall’oscura notte, il mistero si distende sulla e dalla natura nel suo incessante esistere sprigionando la potenza che porta in se.
Mirò stabilitisi a Palma de Majorca, nell’atelier progettato dall’architetto Josep Lluis Sert, muore nel 1983, lasciando una splendida casa-museo rimasta intatta nel tempo.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
07/04/2008
Si ringrazia per le foto:
Parigi, © CNAC/MNAM Dist. RMN, © Successió Miró by SIAE 2007
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