L’Olfatto di Jusepe de Ribera
Con Il gusto del Wadsworth Atheneum di Harttford (Connecticut), Il tatto della Norton Simon Foundation di Pasadena ( California), La vista del Museo Franz Mayer di Città del Messico e L’udito di cui ancora non è stata rintracciata la versione originale , faceva parte di una serie con le personificazioni dei “sensi”, già nota attraverso cinque copie seicentesche oggi in una privata raccolta austriaca e che Roberto Longhi nel 1988 identificò << con le cinque mezze figure per i cinque sensi, molto belle>> dipinte d Ribera a Roma tra il ’15 e il ’16 per un collezionista spagnolo e descritte nel 1621 da Giulio Mancini.
Le quattro tele fin qui rintracciate costituiscono il più “antico” documento pittorico fin qui individuato dell’attività giovanile di Ribera a Roma, quando, affiancandosi ad alcuni caravaggeschi “ nordici”, francesi, fiamminghi e olandesi li attivi negli stessi anni, venne sperimentando soluzioni di vigoroso naturalismo, caratterizzate da tagli netti delle luci e delle ombre, dall’uso compatto di dense materie cromatiche e con un’attenzione rigorosa e serrata alla resa del dato reale, fisico o sentimentale.
L’intersa serie appartenne fino agli inizi di questo secolo, e prima d’andare dispersa anche con attribuzioni a Velàsquez o a Gèrard bouffe, al principe Youssoupov a San Pieroburgo. Notevole, nella personificazione della vista, la presenza del celebre cannocchiale di Galileo Galilei, donato al papa nel 1611. Mentre in questa tela con L’olfatto, significativamente sottolineato dalla figura del lacero mendicante che annusa lacrimando una cipolla, sono straordinari gli inserti di “ natura morta” sul tavolaccio in primo piano: ancora una “testa” di cipolla e una “testa” d’aglio cui, con un brillante contrasto allusivo alla infinita varietà degli odori, è stato accostato un rametto in fiore di limone, arancio o bergamotto.
di Nicola Spinosa
Madrid, collezione d. Juan Abellò
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