L’indicibile sentimento dell’essere nell’azione di Mariella Matteotti si fa azione, incastro poetico, compresenza di anima e creazione, momenti, o meglio, esterno presente sussultante sulla soglia del tempo. Segni e linee aperte verso l’infinito e figurazione al limite del reale sorprendono, attraggono, interrogano l’osservatore nello spettacolo naturale del loro esistere. La sua ricerca pittorica si spinge dal simbolico all’intima lettura di se stessi, dal destino della pittura, proiettata nello specchio della sua stessa pelle, a un passato sfilacciato tra le maglie del futuro, immagini di senso nelle quali è possibile riconoscere la nostra psiche satura di ricordi, di sensazioni, di esperienze. Sono opere nelle quali Matteotti lascia tracce dei suoi viaggi all’origine della vita, quasi come se volesse farci percorrere la geografia dei sentimenti primordiali adagiati sui sentieri del sensibile.
Visioni, racconti in cromie, composizioni fluttuanti al limite del silenzio, vivono in un paesaggio sospeso tra reale intuito e reale vissuto e si scontrano con le loro ragioni segrete, logica comunicativa che implode nel freddo lunare del segno: nasce il brivido febbrile della coscienza artistica di Matteotti. Nella bruma leggera di un’orchestrazione timbrica calda e sensuale si addensa l’umidità sgocciolante la liquescenza estetica dell’artista, in essa e solo in essa si coglie un primitivismo segnico essenziale e suggestivo. E’ come se una bassa marea riportasse in luce le alture di un’ispirazione profonda, orizzonte d’intimissimi risvegli spirituali che pervadono l’intero spazio compositivo con perlacei frammenti di vitalità incorporea, aurea di pulviscolo multicolore, impercettibile luminosità, sfumatura capace di velare più che rivelare l’enigma dell’essere nel perpetuo agire dell’essenza.
Condensazioni di stadi interiori popolano le sue tele, sono forme vaganti nella sovrapposizione del colore, che non si separano dal fluire del tempo, anzi conservano l’appartenenza alla continuità del flusso vitale, movimento allusivo in grado di condurci in un’atmosfera sottilmente evocativa, dove anime perse interpretano la dualità dell’essere e dell’apparire.
In una sintesi tecnico – espressiva, l’essenzialità pittorica di Matteotti fomenta un groviglio di fibre che intrecciandosi tessono il conformismo delle realtà perse, realtà alla deriva, dietro, l’immenso ingoiato dall’io rigonfio di nostalgie e speranze, di un qualcosa già vissuto e al tempo stesso ancora da vivere, qualcosa d’immenso in cui l’artista è immersa e che sta accadendo sulla tela.
Una musica silenziosa le cui corde suggeriscono movimenti lenti come piccole pennellate, macchie di frequenze sonore, e di contro delicate fluttuazioni di segni primigeni, di elementi flessibili, impalpabili e insieme incisivi e vigorosi che costituiscono la quintessenza della madre terra trasposta nell’Arte di Matteotti. L’infinito e il reale dipinto, una danza in due sguardi che incontrandosi si scambiano una reciproca fascinazione nell’estremo atto di renderla filtro di una sensibilità leggera e visionaria. Le forme sembrano smaterializzarsi grazie ad una pittura fluidamente materica che fonde simboli astratti e figure umane disposte in superficie. Primo piano, sfondo e spazio prospettico, allora, assumono un diverso orientamento a seconda della tensione dissonante che traccia l’altro mondo, l’altra realtà, l’altra esistenza, una semplificazione formale capace di riprodurre corpi frammentati da continue intemperie generate da lacrime e poesia, da anime e sangue, da vento e da sogni, lirico tramonto, oscure visioni.
L’energia di Matteotti tratteggia la superficie del visibile attraverso ritmi serrati ma lineari, quasi come se volesse compiere la metamorfosi da un visionario suggestivo a un graffito gestuale e più materico, un universo che prende corpo sotto la spinta di un inconscio fecondo. L’opera, di conseguenza, sembra un montaggio di pensieri, di sensazioni, di lacerti mentali, di effimere verità trasformate in simbolismo. Le immagini appaiano radicate alle loro cupe origini, il cui corrispettivo poetico è il confine ultimo tra astrazione e figurazione, mentre tonalità imbevute di rimpianto o di attesa creano lo spazio della memoria, luogo da dove si dirama lo sviluppo delle linee e la sostanza del colore.
Ricerca, sperimentazione, nuovi approdi e arcane verità compaiono in graffiti che raggiungono l’intensità emotiva di un’ombra interna liquefatta in rugiada bruciante il desiderio infranto dell’inconscio, inconsapevole sincerità abbracciata al suo essere.
In Matteotti il processo istintivo subisce una variante, richiamando a se la bellezza delle forme più semplici ed elementari necessari per esprimere la dimensione del pensiero e dell’interiorità con la tecnica dell’affresco moderno e di materiali diversi, dalla colla, al gesso, alla sabbia come per dire terra, origine esistenza, mentre sulla crosta dell’umano il disagio delle civiltà è una costante zona d’ombra. Gli elementi del dipinto appaiano distribuiti secondo un ritmo dettato sia dalle suggestioni sia dall’esterno colpiscono l’artista, sia dalla profonda consapevolezza sul senso dell’esistenza che risiede in sé. E’ come se reperti di emozioni, sfilacciamenti di dialoghi silenziosi e ferite dell’anima, penetrassero la prospettiva rilasciando anatomie di tessuti vibranti di malinconia. Sono composizioni che contengono un’intensa carica espressiva ed evocano sensazioni forti, dallo straordinario fascino narrativo.
Ogni forma, ogni gesto, ogni segno assume carattere esistenziale e il supporto improvvisamente, vine abitato dall’invisibile che alieno al tempo si plasma nell’immagine, dimensione quasi sconosciuta, irraggiungibile nel reale, raggiungibile nel suo divenire. Significati sfuggenti si aprono in sequenze ritmiche, in dinamiche tensioni, in urti con la sofferenza morale e dinanzi a tutto ciò l’inquietudine latente si rovescia nella nuova coscienza dell’opera.
La superficie della tela trattiene e rilascia materiche sensazioni tradotte in grumi di colore, macchie, incisioni, è una trascrizione emozionale, una corrosione dell’epidermide, una lacerazione intima dell’universo. Simboli primitivi e ispirazione originaria sfiorano la pulsione, scorrono nell’azione, rilasciano visioni, luoghi respirati dal pensiero in relazione con la sensibilità artistica, orizzonti tra le ciglia di uno sguardo che sorvola le curve della composizione e si ritrova danza sul fondo dell’immenso, discesa nelle profonde radici della tensione spirituale di Mariella Matteotti.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata (03/08/2010)
Curriculum Da sempre appassionata di pittura, lavora da autodidatta per diversi anni. Nel 1992 si iscrive al corso del “gruppo Arti Visive di Arco”, è in questo luogo che trova l’incoraggiamento per seguire con costanza la passione per la pittura. Parallelamente segue dei corsi di disegno con l’insegnante Renato Ischia. Nel 1999 partecipa alla realizzazione del manifesto “I riti di passaggio” per il Convegno di Astra, tenutosi al Casinò di Arco Nello stesso anno si iscrive alla scuola d’Arte”Fortunato Depero” di Rovereto. Dopo cinque anni di studio ottiene a pieni voti il diploma di “Maestro d’ Arte applicata”. Nel 2005 partecipa ad un corso di nudo all’istituto Belle Arti “A. Vittoria” di Trento, continuando a frequentare il corso di pittura tenuto dall’insegnante Renato Ischia, del Gruppo “Arti Visive” di Arco. Partecipa nel corso degli anni a diverse mostre collettive. Allestisce la sua prima personale nel 2005 alla Galleria “Al Transito” di Arco con il titolo: “riprendere il filo di…” Aderisce al concorso di Ars Venandi per il premio di pittura di Cesare Malossini, ottenendo un premio con l’opera dal titolo “Armonia”. In programma una Mostra al Castel Drena dal titolo “Manifesto Arcano”. La sua è una pittura di tipo simbolico, l’intento è quello di voler esprimere attraverso simboli, colore e segno, concetti chiari e sintetici. Gli argomenti sono spesso legati al malessere dell’uomo, sia a livello globale che intimo e profondo. Il sogno come elemento chiave per comprendere i disagi che caratterizzano la vita di ognuno di noi.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata (03/08/2010)
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