Un’esperienza dei sensi, un eclissi totale nella profondità dell’uomo
Roma – La retrospettiva su Mark Rothko al Palazzo delle Esposizioni di Roma fino al 6 gennaio 2008, è un’esperienza dei sensi, un eclissi totale nella profondità dell’uomo, un lirismo mistico nella penombra della realtà.
Il percorso si snoda attraverso sette sale, che sviluppano ed indagano il rapporto fra Rothko e l’Italia, mediante la sua Arte, la sua concezione, la sua opera intrisa si umanità, di dialoghi con l’io, di espressività, di sensibilità evocativa, di ammirazione per Beato Angelico , Giotto e Michelangelo. Ad essi Rothko si sente vicino, più di quanto possiamo pensare. L’affinità artistica con questi grandi nomi, risiede in quei valori universali, in quella concreta essenza che prende corpo nelle opere, ieri come oggi, al di là dell’immagine, o meglio del “visibile” dipinto.
Man mano che scivoliamo nelle sale, penetriamo la flessibilità emozionale di Rothko, arie di danza destinate all’immortalità, si staccano dalle pareti avvicinandosi, avvicinandoci, sfiorandoci, toccandoci, con palpabili velature di sensazioni. Nel corpo del colore, divenuto materia vitale, il segno dell’invisibile, dall’idea alla tela, da oggetto della conoscenza a oggetto della visione: anima e mente, forma e contenuto: sub-strato del pensiero, espressione dell’astrazione.
Dipingere, stendere il colore, viverci dentro, affidare alla sua potente forza comunicativa il lancinante e perforante urlo primordiale, è ciò che sente Rothko nella voce della pittura, mentre noi avvertiamo, sfumatura dopo sfumatura, le vibrazioni tattili di quell’inafferrabile, insopprimibile necessità interiore che avanza dallo spirituale al materiale in leggere sensazioni visive.
Dalla produzione giovanile, influenzata dal realismo americano, intrisa da tratti espressionisti, rivolta al recupero della tecnica dell’affresco, alla piena maturità, attraverso passaggi surrealisti dove l’arcaico e il primitivo sono evocazione, pochi segni, quasi in trasparenza esprimono ed imprimono il simbolico con grande forza magnetica. Man mano che procediamo, il formato delle tele è sempre maggiore, su di esse la vita scorre, si ferma, si agita, si ritrae sgocciolando presenze avvertibili e udibili. L’assoluto e il relativo, superati limiti reali o presunti, illudono, nell’intuizione dei sensi, il concetto come pensiero, e sullo spazio una composizione musicale si dispone in forme orizzontali creando il senso del movimento, è un’esperienza visiva e intuitiva per lo spettatore che a sua volta diviene “soggetto in movimento” nell’infinito su quadro.
L’universo intorno a noi subisce un arresto quando entriamo nella “Stanza di Rothko”, creata nel 1958 perla XXIX Biennaledi Venezia, è qui riproposta quasi completamente: la pittura, la musica, il riflesso dell’uomo in un afflato dolce e potente, austero e intimo. La luce si piega, si fa colore, ombra in uno spazio straripante di sensibilità e di silenzi così intensi da sentirne il battito.
Il percorso si chiude con la serie “Black on Gray Paintings”, tutto assume valore, spessore, essenza. Nero, a prima vista assoluto, ma poi le sue sfumature sono impressioni ricavate da un fluttuo interiore che va dall’immaginazione all’immagine riflessa, la narrazione ci spinge dentro il quadro, ci mette a contatto con noi stessi, ci induce a guardare nell’abisso del nostro essere.
Plasticità, movimento, luce, spazi verticali, forme orizzontali, l’Arte ha compito la sua opera, Rothko ne ha svelato il significato senza spiegazione semplicemente ponendo davanti agli occhi della nostra anima il vuoto del mondo intorno e dentro di noi la bellezza nascosta della vita.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
01/12/2007
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