Tutto in nome del colore
Roma – L’amore per la pittura è il collante che li unisce in un percorso coincidente con la loro stessa vita protesa a scoprire le infinite espressività del colore.
Per entrambi la creazione artistica è qualcosa che si spinge oltre la teorica affermazione concettuale o la semplice descrizione di un oggetto. L’arte è creazione, e la difficoltà della creazione artistica, sposta il baricentro verso la percezione emotiva e la prorompente forza interiore della pittura. Creare è dipingere la sensibilità, il sentimento, l’emozione, per Bonnard, in un’evanescente evaporazione dell’immagine, per Matisse, in una successione ritmica di forme colori e segni, ne troviamo conferma nel loro stesso pensiero: Bonnard scrive a Matisse: “La pittura è qualche cosa a condizione di concedersi completamente. Credo che ci capiamo bene su questo punto”; Matisse gli risponderà: “ La verità è che un pittore esiste con la tavolozza in mano e fa ciò che può”.
Una fittissima corrispondenza, testimonia, infatti, il legame fra i due artisti basato, innanzitutto, sulla stima e sul rispetto reciproco e poi su quell’incondizionata visone della pittura intesa come sensazioni e stati d’animo. Un’intima esistenza che scorre parallela dentro di noi e trova vita nell’attimo fissato sul dipinto con la forza e la leggerezza del colore, del segno e del gesto, in quanto la sua ragion d’essere è all’interno del dipinto, quindi non l’imitazione del reale ma la trascrizione di ciò che esso procura in noi.
Una concezione che li stacca completamente dai dibattiti delle Avanguardie. In un certo senso Matisse e Bonnard, capovolgono le regole accademiche per ascoltare solo la linea melodica proveniente dal dipinto. La sua voce guida la sensibilità dell’artista in macchie di colore, in chiaro scuri, in dissolvenze evaporate nell’espressività di una sensazione, il dipinto diviene, così, percezione emotiva e sensoriale nel fluire del tempo.
Quella che Matisse chiama “ la pittura della mimesi “, cioè la prospettiva non ha più motivo d’esistere perché ciò che si dipinge non un’immagine ma l’inafferrabile emozione, il flusso vitale della nostra anima provocata dalla realtà. Colore, colore e ancora colore, il suo linguaggio, la sua scomposizione in infiniti frammenti che rapprendendosi evocano l’incanto di tutta una vita nel brivido di un istante catalizzato in fiori, frutti, paesaggi. Uno stile differente nell’uso dei colori, piatti, dai contorni netti, forti decisi in Matisse, soavi, derivanti dall’impressionismo in Bonnard, ma entrambi ne subiscono il fascino, ne interiorizzano la forza, ne sviluppano la bellezza e la musicalità.
Matisse, infatti, nei suoi ultimi lavori, i collage della serie “ Jazz”, usa il linguaggio visivo esattamente come quello musicale. Al posto delle note, forme, colore e segni che consentono infinite possibilità espressive. Crea, così, venti immagini, collegate da scritti poetici, sul tema del circo e della natura. Matisse, li utilizza poi, seguendo il ritmo delle forme e dei colori e l’improvvisazione della composizione, praticamente tutti gli ingredienti dello jazz, nascono i “Gouaches Dècoupèes”.
Da parte sua Bonnard realizza un alfabeto sentimentale, per ogni lettera una passione, per ogni emozione un colore, per ogni colore l’infinto orizzonte nell’arcobaleno della pittura. Matisse e Bonnard: tutto in nome del colore, ma la forma reclama la sua funzione, e Matisse, pur rimanendo fedele alle sinfonie cromatiche, in alcune sue nature morte con libri, restituisce alla forma il suo ruolo. Sono immagini quasi fotografiche filtrate dal mistero della luce. In una atmosfera di sospensione si respira la trasparenza evocativa di un ricordo divenuto presenza viva, quanto un cesto di pesche di Bonnard, morbidezza soffusa, carnosa, tattile dove i volumi si piegano allo sguardo e i colori accarezza la mente e il cuore. “ Vivala Pittura!” una meravigliosa danza dove timbri, ritmo e colore diventano espressione di un’emozione pura.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
15/12/2006
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