Al Museo Diocesano Tridentino, la mostra Infinito Presente. Elogio della relazione. La croce di Hidetoshi Nagasawa, composta da otto elementi in marmo di Carrara e acciaio.
Redazione
Trento – La mostra è strettamente connessa con Arte e persuasione. La strategia delle immagini dopo il concilio di Trento: l’esposizione indaga gli esiti del decreto sulle immagini nella produzione di arte sacra, tra XVI e XVII secolo. Dopo la storica assise si pose l’accento sulla funzione pedagogica e didascalica delle immagini, alle quali fu assegnato il compito di persuadere e commuovere il fedele. Ma al prevalere del ruolo ‘strumentale’ dell’arte sacra non può che corrispondere il progressivo depotenziamento del suo carattere simbolico. Indebolendo la capacità dell’immagine di rinviare ad una molteplicità di significati, l’incontro tra uomo e Dio attraverso l’arte si fa sempre più complesso.
Ma al prevalere del ruolo ‘strumentale’ dell’arte sacra non può che corrispondere il progressivo depotenziamento del suo carattere simbolico. Indebolendo la capacità dell’immagine di rinviare ad una molteplicità di significati, così da attivare percorsi interpretativi diversificati, l’incontro tra uomo e Dio attraverso l’arte si fa sempre più complesso e improbabile. Infinito Presente. Elogio della relazione pone l’accento sulla dimensione dell’incontro che l’arte può favorire, piuttosto che su un suo improbabile ruolo persuasivo.
La mostra intende recuperare il carattere di limen dell’immagine: un diaframma che schiude la relazione tra finito e infinito, visibile e invisibile, che apre al dialogo con la dimensione spirituale, profonda, della vita di ogni uomo. E lo fa focalizzando l’attenzione su un tema centrale, quanto complesso: la Croce. Divenuta nella storia dell’Occidente simbolo per eccellenza dell’identità cristiana, essa racchiude un significato universale che riguarda tutti, indipendentemente dalla singola scelta di fede: evocando la sofferenza, il dono gratuito della vita di Cristo per la salvezza dell’uomo, la Croce traccia linee di congiunzione tra umano e divino, materiale e spirituale, morte e vita.
Il percorso della mostra
Apre l’esposizione la croce (2010) di Hidetoshi Nagasawa, composta da otto elementi in marmo di Carrara e acciaio che, da un lato, poggiano a terra e dall’altro si sollevano verso l’alto: accostati come nel gioco dello shangai, danno vita ad una costruzione armonica, ma dall’equilibrio instabile. La croce di Nagasawa allude alla precarietà del vivere contemporaneo, che rende fragile ogni relazione. Invita a custodire con cura la dimensione dell’incontro, tra sé e l’altro, tra cielo e terra, tra uomo e Dio.
Realizzata riutilizzando materiali abbandonati, sottratti così all’oblio e alla distruzione, l’opera (2010-2011) di Lawrence Carroll è costituita da una sorta di ‘armadio’ ricoperto da una tela: l’allusione è al sepolcro, a un contenitore che diventa ‘urna’, luogo misterioso e segreto che si apre all’interrogazione di un ‘oltre’. Nell’opera è presente anche un paio di scarpe consunte, una delle quali contenente alcune croci, a evocare il cammino della vita segnato dal dolore, la lotta dell’umanità, tra bene e male, vita e morte, oscurità e luce.
L’installazione di Mirco Marchelli (2013) comprende due elementi: un foglio sopra altri fogli che fanno da supporto alla scrittura, quasi fossero lettere aperte pronte a ricevere la narrazione di ciascun fedele, e una semplice croce di umile legno grezzo, rivestita di stoffe colorate, come quelle dei vestiti che ciascuno di noi indossa. La Croce non consegna una lettera morta: è annuncio che entra nella vita dell’uomo.
All’opera di Marchelli viene accostata una preziosa croce di pianeta a ricamo degli inizi del XV secolo che presenta, entro corone intrecciate, il pellicano, il leone e l’aquila, animali da sempre legati alla simbologia cristiana.
Richiama i Flügelaltäre esposti nel percorso permanente il trittico (2010) di Mimmo Paladino che propone, al centro, quasi adagiato su un grande lenzuolo popolato da elementi simbolici, la figura perfettamente verticale del Christus patiens: egli apre le lunghissime braccia in un gesto che sembra voler avvolgere l’osservatore.
Vengono quindi presentate alcune acqueforti di Georges Rouault, tra le quali spicca Christ en Croix (1936), un’opera che rivoluziona l’iconografia tradizionale della Crocifissione: la Madonna e San Giovanni non vengono raffigurati ai piedi della croce, ma quasi all’altezza di Gesù, in una vicinanza fisica tra Cristo e l’uomo accentuata dalla ristretta spazialità.
All’opera dell’artista francese viene inoltre accostata la Crocifissione (1929) del noto artista trentino Tullio Garbari, scomparso a Parigi nel 1931. In questa immagine, esempio di uno sguardo che non perde di realismo nel parlare di dolore e morte, l’artista suggerisce che l’albero della croce è albero della vita; che questo inizio tragico non è definitivo.
Le opere sono messe in dialogo con un piccolo Christus patiens in bronzo del XIII secolo. È composta di cinque pezzi, secondo l’antica tecnica ad encausto, la spoglia, essenziale croce bianca (2010) di Mats Bergquist: in questa, come in altre opere, l’artista di origine svedese, noto per le interessanti installazioni realizzate in alcune chiese, come San Pietro a Colonia, trasmette un senso di riposo e di pace. Il bianco rimanda alla purezza, ma anche alla luce della rinascita a nuova vita; una luce che l’opera accoglie e rifrange verso l’osservatore.
Altrettanto essenziale e luminosa è la croce processionale del XIII secolo in cristallo di rocca, una pietra spesso utilizzata nell’oreficeria sacra per le sue particolari valenze simboliche: Rabano Mauro, che la fa derivare dall’acqua, stabilisce un parallelo tra lo splendore del cristallo, puro e incorruttibile, e l’incarnazione di Cristo.
Come a delimitare uno spazio architettonico, la croce dell’artista trentina Anna Maria Gelmi, realizzata su un prezioso supporto di carta, conduce nella dimensione del sacro attraverso la semplicità delle forme e la simbologia del colore. L’immagine si staglia al centro della composizione, contrapponendo alla linearità del perimetro la liricità di una materia dinamicamente espressiva.
Seguono tre bozzetti (2011) di Ettore Spalletti per la preparazione dell’Evangeliario Ambrosiano: quello per l’Esaltazione della Croce, il Frontespizio e per le feste di Tutti i Santi. Un artista non figurativo accoglie la sfida, eseguendo opere destinate alla liturgia: anziché tradurre in immagine in modo didascalico soggetti iconograficamente tradizionali, Spalletti utilizza il colore, la cui capacità evocativa può indurre l’osservatore a rapportarsi con la dimensione più profonda della vita. Ai bozzetti è associato un Evangeliario antico. Viene inoltre presentato il bozzetto per la croce realizzata nel 2011 per la mostra Alla luce della Croce.
Qui è dove ci incontriamo (2014) del giovane Marco la Rosa, appositamente realizzata per questa mostra, è costruita giocando con luci e ombre ad evocare, nella finestra-croce, il luogo di un possibile incontro tra infinito e presente.
MU-765 P, ovvero Le Gocce d’acqua (1975) di Kenjro Azuma, allievo di Marino Marini, raccontano l’incontro tra filosofia Zen e cultura europea: nella semplicità di una goccia d’acqua, nella sua fuggevole e provvisoria forma, è racchiuso il richiamo al percorso di nascita, vita, morte e rinascita in forme sempre nuove.
Mostra: Infinito presente. Elogio della relazione
A cura di Andrea Dall’Asta, Domenica Primerano, Riccarda Turrina
Orari: lunedì, mercoledì, Dal 23 giugno al 10 novembre 2014
Giovedì, venerdì: 9.30-12.30 / 14.30-18.00
Sabato e domenica: 10.00-13.00 / 14.00-18.00
Dal 1 ottobre al 10 novembre
lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato: 9.30-12.30 / 14.00-17.30
domenica: 10.00-13.00 / 14.00-18.00
Giorni di chiusura Ogni martedì, 26 giugno, 15 agosto, 1 novembre
Museo Diocesano Tridentino – Palazzo Pretorio – Piazza Duomo, 18 – 38122 Trento
Info: Tel. 0461 234419 – www.museodiocesanotridentino.it
Redazione
( 20.06.2014)
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