Pasquale Verdone. Il ruvido sentimento della materia
Prima, stesure di colori a campiture piatte e uniformi restano in attesa,
poi spatolate corpose e violente s’impongono sull’opera …
a cura di Antonella Iozzo
Pasquale Verdone il ruvido sentimento della materia che sconvolge la forma e trattiene il colore. Dentro di essa il nuovo senso dello spazio, non più solo prospettico, domina le pulsioni dell’inconscio, è una struttura armonica essenziale sulla quale l’artista trasferisce il vero, senza tradirlo. Attraverso la sintesi della visione, la vita di cui è impregnata, rivela la coscienza del reale priva di ogni certezza, è un profondo cambiamento sospinto in avanti da spessi strati cromatici che irrompono sul supporto. La materia, quindi, così accarezzata dall’artista risulta estremamente sensibile, pelle viva in grado di trattenere le sensazioni più intime, le impressioni più fugaci, le emozioni più oscure e represse, sono particelle di sostanza interiore amalgamate direttamente sul supporto, patine turbate da un’agitazione vitale profonda. Una comunicazione gestuale che fende l’aria e si condensa in riverberi epiteliali danzanti ora con una dolcezza struggente, ora con furia sabbatica, ritmi alterni e disperati, intrisi di desiderio e rimpianto, di speranza e angoscia, ecco allora affiorare dalla materia l’immagine del tormento interiore, essenza umana eternamente vicina alla voce del tempo, fugace staticità di “Tracce” arcaiche, presenze impresse in cromie raffreddate da una luce ancestrale. Verdone è una meteora, un astro creativo, un vortice che nasce e muore dentro l’opera, ogni sua azione pittorica è un’implosione di segni, di cromatiche ferite tra la forma e lo spazio, al di sotto la superficie del mondo nera come la notte, proietta il conflitto tra la razionalità e la parte più intensa, umana e carnale della spiritualità, vivida consunzione scolpita con carboni ardenti nei riflessi graffianti di tele spalmate di vita. Quadri che non raccontano la realtà perché sono la realtà in una sintesi sempre più accelerata di forme e concetti. Tra Verdone e l’idea solo feeling sensoriale, solo verità, solo ispirazione poetica. Vibranti variazioni di “Rosso – argento” o semplicemente “Rosso” e poi tenebrosi colori scuri accostati a tonalità fredde diventano anima e corpo polverizzati nell’identità di uno spazio materico simbolico, inciso da scontri di situazioni, da rilievi, drammi, conflitti, forme astratte, che si articolano e si estendono ricomponendo gli equilibri formali dell’opera. avanza in questa direzione “Senza titolo”. Prima, stesure di colori a campiture piatte e uniformi restano in attesa, poi spatolate corpose e violente s’impongono sull’opera come se volessero cancellare il significato, come se volessero sottrarre il colore stesso dell’immagine simbolica. E’ un disordine apparente in cui l’esistenza assume l’unico vero valore, il sublime cosmico investito dall’essenza umana. L’ombra di richiami alla costruzione geometrica si scioglie nelle cromie e sulla tela appare l’inconsapevole, l’inconscia azione/reazione della spiritualità; la luminosità che ne deriva è una poetica rarefazione di rimpianto e di attesa sospesa in aree cupe e forti, una dimensione lontana sviluppata nella sostanza del colore e su uno spazio che altro non è se non gli “Spazi della memoria”, dormiente leggerezza nel respiro dell’evocazione, qui la ragione è una costante e l’impulso un guizzo improvviso che incide il nervo della tensione vitale. Una profondità tutta a bassorilievo, luci oscure, poi “Argento su Blu Cobalto”, atmosfere ricreanti l’impressione di una realtà altra dove campiture sonore si sollevano in nitidi impulsi interiori e quello che accade sulla tela è una danza dinamica dalla forza d’urto emotiva sconcertante. Pittura vissuta, nutrita, assorbita, pittura che scorre dentro le fibre di Verdone come magma incandescente, denso e palpitante. Una sulfurea concatenazione discorsiva, una brutale decostruzione del gesto, perché ora è il segno che raschia, gratta, stride, emette suoni ruvidi, prosciugati da ogni effusione. Sillabe articolate, elementari che non mirano ad una assimilazione della tradizione calligrafica, ma sono espressione di alterazioni contemporanee, frammenti sparsi, “ Grafismo giallo”, verità oramai incrinate delle cose. Il supporto diviene luogo fisico e mentale, qui il segno e la scrittura estroflettono la loro poetica espressiva mescolando reminiscenze sonore, ricordi e memorie, in sequenze verbali minime. Narrazioni segniche che non compongono parole ma da esse prelevano l’elemento grafico per riflessioni sull’incomunicabilità. Non – parole cariche di precisi significati si animano in immagini dal ritmo armonioso e regolare, una scrittura increspata, energica, penetrante, graffiante, un’icastica architettura scultorea tra gli abissi della mente. Pittura, quindi, come vigorosa trascrizione emotiva della realtà, segni come “Scrittura” e scrittura come pittura dettata dalle suggestioni che dall’esterno colpiscono la sensibilità di Verdone. L’opera di Verdone è pervasa da un sentimento profondo e da un’intensa significazione dalla quale emerge, senza mediazione razionale e senza rielaborazione alcuna da parte della memoria, l’esistenziale. Pura forza istintiva, pura percezione, pura estrazione di senso che precede il segno nel fragore tumultuoso di un delirio ragionato sul reale, vuoto latente o forse vacuità ingombrante. Nudo ritratto imprigionato in un groviglio di inutili, ansiosi, confusi fremiti, una distonia liquida che si rapprende nella composizione del colore. Soggetto, realtà, spazio e materia del dipinto si disgregano sotto gli occhi dello spettatore, mentre pensieri, ricordi e sensazioni lentamente animano un piano che si muove nella mente, non esiste fisicamente, è solo la risonanza di un’intuizione riflessa, vederla è come possederla. “Qualcosa sotto il lenzuolo” si agita freneticamente, graffia la tensione sonora e s’inarca sinuosamente tra la mente e l’anima, un brivido caldo divora il pennello, ora occorre solo elaborare una tregua tra durezza e sentimento. In un istante l’impeto trascinante del momento creativo spinge la pennellata a cercare una soluzione audace aggrumando in forme vitali paesaggi interiori, un’incessante improvvisazione caotica ed irrazionale, una dissonanza straziante dalla quale nasce il ritmo di un’unità sintattica elegiaca e lacerata. Espressivo intuitivo, informale impulsivo, Verdone esprime l’emozione nel suo divenire mentre indecifrabili frammenti linguistici danno vita a visioni ideali dal fascino tattile e dall’intensa valenza esistenziale, “Volo dei desideri”, movimento fuori dal tempo. di Antonella Iozzo © Produzione riservata |
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