Lempicka icona della raffinatezza
Nel fermento artistico parigino degli anni venti
Lempicka si muove con spregiudicata determinazione
Milano – Una mostra c /o il Palazzo Reale di Milano ha celebrato Tamara De Lempicka. Eleganza multisfaccettata,giochi di stile, bellezza patinata: sulle tele di Tamara De Lempicka la sensualità irrora morbidi corpi dalla pelle vellutata, per raccontare fascino, lusso e vizi dell’alta borghesia. Sulla soglia della realtà, l’incontro tra le forme dell’Arte e i segni dei tempi che cambiano, Tamara De Lempicka, li riunisce in una prorompente spazialità, procurando nello spettatore il desiderio erotico di possedere quei corpi avvolti in sensuali drappeggi, di sentirne il profumo, di perdersi nell’estasi del mistero e degli sguardi impenetrabili.
Nel fermento artistico parigino degli anni venti, Lempicka si muove con spregiudicata determinazione, creando, anticipando, ammaliando uomini e donne, con la sua pittura e la sua sensualità travolgente. Un corpo agile, quella della Lempicka, che scivola tra i salotti e i dopo salotti dell’aristocrazia, sconvolgendo la società e, forse un po’ meno, dal punto di vista formale, il mondo dell’arte, infatti era molto vicina ai contemporanei.
Ciò che invece la ha contraddistinta è stato il suo modo di ritrarre, il suo modo di vestire i soggetti di quella bellezza così sensuale e impeccabile da sembrare quasi prelevata dagli studi fotografici delle riviste di moda, ma Tamara De Lempicka non segue la moda, la crea. Attratta dai grandi maestri del rinascimento italiano, conosciuti, già a dodici anni, durante un viaggio, con la nonna, nelle città di Roma e Firenze, ne studia le forme e i volumi.
Rimane letteralmente incantata dal “ David ”, e il suo amore per la scultura si concretizza cercando di dare alla bidimensionalità della pittura l’effetto tridimensionale con la profondità, con l’uso dei colori e dei chiaro scuri.
Tutto contribuisce a scolpire visi e corpi nella loro algida, tornita e dinamica fisicità. Anche la scenografia, gli sfondi delle sue opere, richiamano maestri come il Tiziano, in “ La duchesse de la Salle “, lo spazio scenografico e la reinterpretazione della pala di Ca’ Pesaro del Tiziano, infatti. Tutti elementi che convivono armoniosamente con gli insegnamenti di Andrè Lhote, pittore, decoratore e critico d’arte, suo insegnante da quando arriva in Francia nel 1921. Alle linee cubiste, a cui la avvicina Lhote, affianca la verve futurista di Marinetti e Severini che frequenta nei caffè di Montparnasse.
Polacca, moglie di un avvocato russo, Lempicka diviene icona della raffinatezza. Ogni sua opera è cesellata dalla regalità del suo gesto, ora incisivo e tagliente, ora affusolato e vibrante di seduzione come nei nudi. Masse corporee in primo piano pronte a risvegliare pensieri morbosi, ad assumere le sembianze della sua musa preferita, è Raphaela, splendida e nota prostituta nella Parigi dell’epoca.
Tamara De Lempicka ha dipinto come ha vissuto, tra lusso e voluttà, immortalando nel tempo il ritratto di se stessa: fragile frammento di poesia, come nervature di un iceberg imprigionato nell’oceano della femminilità. Una spirale di passioni, amori, ambizioni, successi che culminano nell’eclissi della “ depressione d’artista”, ultimo atto della sua vita.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
( 22/01/2007 )
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