Tony Venzo. La danza della materia
La materia, viene vissuta come luogo di meditazione, la forma come soglia di un laboratorio creativo dove le pulsioni intrattengono intime conversazioni artistiche.
a cura di Antonella Iozzo
Il risveglio della materia nella modulazione scultorea di Toni Venzo dà vita ad un mondo sensibile, percepibile nel respiro della forma. L’esperienza sensoriale scopre nuove dimensioni, sfiora il soffio dell’infinito e si apre a prospettive inattese in un crescendo di sospensioni temporali riflettenti l’articolazione dei volumi plastici nello spazio.
La materia, mai inerte, ma lasciva e dormiente, dimora tra le fibre della natura fin quando il gesto intuitivo di Toni Venzo ne estrapola il flusso vitale in una sintesi evolutiva di profonde connessioni interiori. Vita e sostanza sensibile, già esistenti nel pensiero dell’artista, emergono nella corporeità della materia divenuta, ora, anima tra le ali dell’idea, spirito tra la linfa della creatività, essenza nell’ispirazione forgiante il tumulto dell’esistenza: sono le opere di Venzo, sono inclusioni umane nell’apologia della forma.
Un viaggio nella materia attraverso la decodificazione emozionale che si muove in tutte le direzioni spaziali. L’opera, di conseguenza, si presenta come un sistema di reciproci riflessi fra le diverse sonorità della sostanza primaria, ogni suono appare dentro l’altro e compenetrandosi creano una tensione che svetta verso l’alto, una forte carica implosiva orchestrata in perfetto equilibrio, una decostruzione interna dei sentimenti trascritta con un dinamismo ritmico armonioso e ordinato, scandito dall’alternarsi di pieni e vuoti che sfaldandosi allargano i confini del possibile. Le variazioni geometriche confluiscono nella morbidezza delle linee sinuose, un avvolgente abbraccio musicale nel silenzio dell’infinito intorno a noi, curve e angoli smussati entrano nei volumi plastici e fuoriescono dalle geometrie astratte, mentre le forme e lo stile rimandano alla libertà interiore dell’Arte, quasi una rilettura della memoria sensitiva proiettata nel futuro presente, quasi parole rovesciate dall’inconscio nella declinazione del gesto.
L’accordo melodico di una sinfonia danzante la formulazione del pensiero di Venzo, veicola la trasformazione della materia, la superficie appare plasmata e gli effetti della trasparenza e del chiaro scuro, risultano particolarmente efficaci nel restituire l’impressione visiva del dialogo con il luogo, un libero fluire di impercettibili vibrazioni sonore nello spazio, reso vivo dai giochi di luce.
La tridimensionalità della scultura viene portata, in questo caso, alle estreme conseguenze da un’intuizione che scompone la struttura nella rappresentazione del movimento e la ricompatta armoniosamente in un’ondulazione progressiva. Una ricostruzione astratta di piani e volumi che, determinando la forma ne negano la valenza figurativa a favore del valore simbolico, intuizione elaborata dalla percezione sensoriale soggettiva, legame tridimensionale che restituisce l’emozione plastica.
Spazio, tempo e luogo sono agenti lievitanti di una semplificazione formale in cui l’impeto dinamico crea un ritmo cadenzato di rientranze ed espansioni, di scanalature e curve. In questo modo la materia e le sue forme astratte sono le uniche protagoniste dell’opera, che si offre allo sguardo dello spettatore invitandolo ad entrare, a percorrere, a sostare, a girargli intorno, per entrare in sintonia tra la sua stessa sensibilità ed il riflesso emanato dalla creazione artistica, tra la pura emozione e l’enigma suscitato da un ricamo psichico proiettato dall’opera nei meandri dell’inconscio in viaggio tra i ricordi: immagini in sequenza ingoiate dal quotidiano sommerso.
È nel respiro del legno che Venzo disegna sinuosità impalpabili, segmenti e traiettorie con la leggerezza di un gesto che è incorporea presenza nella fluidità del tessuto connettivo, legno dal quale sembra ancora scorrere la vita, eterea consistenza attraversata da profondi ma morbidi varchi, quasi letti di fiume che trasportano il senso di un’energia implosa tra ispirazione e creazione, tra l’infinito della natura e l’immenso dell’uomo. La materia grezza si scolla dal peso e dallo spessore e scopre il carattere di una nuova bellezza, il risveglio della libertà sopita nel tempo.
La liberazione delle linee, infatti, non legate alla rappresentazione della realtà, trattengono la luce del trapasso della materia e riflettono la luce della pura essenza, la densità improvvisamente si libra fluida e leggera nello spazio e con estrema grazia ed eleganza dipinge volteggianti nastri nella fantasia di un mistero chiamato Arte.
Se il frammento di una sensazione, prima ancora che venga rivestito di materia, prende spunto dal reale contingente, man mano che la creatività si allontana da ogni riferimento, avanza la metamorfosi della forma in estrazioni linfatiche, acqua vitale che leviga l’intelletto e consuma la passione trasformandola in concatenazioni di emozioni su legno.
Sull’epidermide delle opere di Venzo, la coincidenza tra l’uomo e l’universo è una partitura armonica di forme e volumi, in cui la natura diventa arte e l’arte diventa natura, una dimensione dagli accenti lirici, dal fraseggio ampio e brillante e dalla melodia andante. Lineare sintesi musicale che converge verso le stanze del pensiero, dell’anima e delle emozioni, un percorso comunicante aperto agli sguardi, liberi di correre in una scenografica partitura di spazi che delimitano senza chiudere, che illuminano scolpendo la condizione umana della scultura.
La materia, quindi, viene vissuta come luogo di meditazione, la forma come soglia di un laboratorio creativo dove le pulsioni intrattengono intime conversazioni artistiche. Il risultato è un momento poetico nella permanenza della solidità scultorea, un istante catalizzato e catalizzante la sensibilità dell’artista, atta a disegnare seducenti tagli di luci e ombre in ondulazioni soffuse. L’essenza del legno si lascia piegare dolcemente mostrando come l’Arte non è sottoposta al tempo ma è complice nella divaricazione spazio – temporale del flusso continuo delle sensazioni, punti di fuga non circoscrivibili in un luogo perché in grado di pervaderlo e trasformarlo.
In questo non – luogo l’identità artistica di Venzo e il corpo della scultura si sciolgono sulla la linea orizzontale della liquidità linfatica, l’azione del contatto compenetra la verticalità della scultura e l’essenza stessa dell’opera ritorna a noi come strumento di conoscenza tra l’intimità dell’uomo e il mondo esterno.
Intorno alla scultura ragione e passione, razionalità ed istinto, l’una avanza, l’altra arretra, l’una fomenta l’ispirazione, l’altra il gesto, l’una conduce ad un ordine cerebrale, l’altra scardina l’inconscio in lassi di tempo che divorano la realtà e lasciano inerme e stremata la memoria. All’interno di queste espressioni, s’intravedono due tendenze ora contrapposte, ora fuse e praticate da Venzo contemporaneamente, come per dire la rigidità del quadrato incontra la morbidezza del cerchio. La linea retta e geometrica indaga i rapporti tra la luce e le superfici o gli equilibri fra le masse, come indaga i meandri di un silenzio sintetico represso tra le crepe della mente; le linee curve invece, s’interessano alle forme morbide e avvolgenti e ai legami con lo spazio circostante, come s’interessano ai legami tra il lirismo della percezione e alla poesia dell’infinito. Due modulazioni abilmente coordinate, in un afflato cosmico che sfiora la raffinatezza intellettuale della verità artistica.
Intimamente astratte, lontanamente figurative, profondamente oniriche, sono riverberi, improvvisi e divagazioni cantabili sulla razionalità naufragata nel coinvolgimento empatico con la percezione dell’immenso. Una trasfigurazione visionaria nello spettro dell’immaginazione, inganni di forme in cerca di strutture aperte che consentano all’osservatore di esplorare liberamente il tessuto tridimensionale dell’espressività ritratta sulla materia. Sono anatomie di sentimenti, sono ambienti interni rivolti verso l’infinito e spazi esterni rivolti verso la sostanza primigenia dell’esistenzialità, lontanamente vicini scoprono il cosmo in una dimensione nuova.
Attesa, sospensione, pausa e ritmo scandiscono il gesto, per l’artista è il momento della verità, in un frammento il battito dell’eternità, in un attimo l’assoluto si rivela nella suprema naturalezza e semplicità di una sequenza dinamica che scollandosi dalla staticità s’include nell’ordine ancestrale dell’universo.
La reciprocità intellettuale ed emotiva che si stabilisce tra l’artista e lo spettatore, mediante l’opera, è una corrispondenza dei sensi nata dalla vita interiore. Uno spazio intimo e purissimo dove l’eterea vibrazione delle emozioni sfiora la forma del sensibile, il suo silenzio si ascolta con lo sguardo, la sua musica si percepisce con lo spirito, è la danza della materia nella corposità dell’invisibile, una lirica costruzione scultorea nella realtà della visione. Afferrarla tramite la parola è impossibile, ogni appellativo, ogni titolo sfugge, ogni parola si frantuma perché inadatta ad esprimerne la verità profonda, di cogliere il significato nascosto tra senso e non senso, tra inconsce suggestioni ed enunciazioni razionali. Il linguaggio dubita di se stesso e sosta sul confine del silenzio senza mai superarlo, incapace di essere trasparente a se stesso, lascia alla voce dell’anima il compito d’interpretare il gesto del cuore di Toni Venzo nello specchio dell’Arte.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(3/11/2008)
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