Turner e l’’Italia
Le visite a Roma, Napoli, Venezia, Firenze,
le grandi lezioni dei grandi maestri italiani del passato,
come Tiziano, Domenichino, Correggio e l’intrigante seduzione dei vedutisti
Ferrara – “Turner e l’Italia” una grande mostra, organizzata da Ferrara Arte in collaborazione con la National Gallery of Scotland di Edimburgo, racconta il rapporto tra il pittore inglese e l’Italia presso Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Per Joseph Mallord William Turner la luce e le infinite variazioni cromatiche, che mutavano nel corso della giornata, erano la linfa dalla quale estraeva l’eternità di un riflesso temporale, un attimo dipinto tra cielo, mare e terra, un impressione romantica derivata dalle lunghe elaborazioni en plein air. Il sublime, il drammatico, il panteistico, la natura per Turner è tutto questo, un distillato affascinante di sfumature ed effetti luministici carichi di sentimento. Con la sua pittura paesaggistica Turner, enfant prodige che scopre l’amore per l’arte a quattordici anni, diviene uno degli artisti più amati dal pubblico e dalla critica.
La mostra inizia con “Passo del San Gottardo”, un preludio all’estro romantico del grande maestro, un’imponente spettacolo di dirupi, picchi e ghiacci che stravolgano la sua immaginazione per rinascere nella spettacolarità maestosa della natura. Anticipatore dell’impressionismo per le sue straordinarie soluzioni visive, anticipa i tempi con uno stile rivoluzionario, che la mostra mette in risalto. Sala dopo sala ci si perde dentro il dilagare liquido della sua percezione luministica, forme e figure sembrano sfaldarsi, perdere la loro consistenza, alimentarsi dello sfondo e divenire anime eteree e vaganti in una estatica visione di luci soffuse e colori diafani, una condizione cromatica che rispecchiava le teorie scientifiche sul colore di Goethe. Turner riesce a far apparire straordinariamente naturale la condizione che ogni cosa si manifesti nella sua vera realtà solo ed esclusivamente con la luce, infatti non è un caso che Monet, dopola Senna, decise di andare a Venezia, a riscoprire la genuinità della luce, sull’esempio di Turner.
Sotto il segno della luce Turner e l’Italia si scoprono complici di “situazioni atmosfere” che calibrano l’intensità visiva di una suggestione trattenuta negli occhi. Le visite a Roma, Napoli, Venezia, Firenze, le grandi lezioni dei grandi maestri italiani del passato, come Tiziano, Domenichino, Correggio e l’intrigante seduzione dei vedutisti legati a soggetti storico-mitologici come Nicolas Pussin e Claude Lorrain, straripano sulla sua tela in un riverbero di perdizione emozionale, una lirica composizione in grado di accendere una bellezza struggente. Dalle alpi alla laguna, passando per il mediterraneo la mostra è di per sé un viaggio nel cuore del paesaggio italiano, il più romantico ed entusiasmante, il più autentico e il più realistico, il più vissuto e sognato. Oli, acquerelli, disegni, incisioni, taccuini, album di schizzi-appunti di viaggio, quasi uno spartito melodico – cromatica del Grand Tour d’Italia di Goethe.
L’Italia per Turner è una reminiscenza sempre viva, una continua fonte d’ispirazione anche quando si trova in patria. Ed è all’Italia e più precisamente al maestro Salvator Rosa che Turner fa riferimento nel suo “Castello di Dolbadern” della Royal Academy of Arts di Londra, del 1800. Luci e ombre depositano un tono drammatico sull’imponente scenario montuoso su cui si erge la fortezza, creando un forte contrasto con le piccole figure in primo piano, mentre nel “Castello di Saint Michel, Bonneville, Savoia” si denota la calda luminosità scoperta nel suo primo viaggio in Italia, quello del 1802, qui l’influenza di Poussin si smorza in giochi chiaroscurali e la natura comincia ad assumere il suo aspetto misterioso ed inquietante.
Nel 1819, Turner parte per il suo secondo viaggio in Italia. Da Torino a Milano, dai Laghi, a Venezia e Bologna e ancora Spoleto, Ancona, Narni, città che scivolano nei suoi taccuini in parole e bozzetti, prologo di opere uniche nate nell’essenza della natura toccata con la mano del cuore e con il pennello della creatività.
Al suo rientro si ferma a Roma dove conosce Canova, viene eletto membro dell’Accademia di San Luca e produce un cospicuo numero di lavori dedicati ai luoghi più belli e sensuali della città eterna e della campagna romana, un titolo su tutti “Roma vista dal Vaticano” apoteosi di luce, connubio di sentimenti, di timbri, di sonorità, di calore mediterraneo, un prisma di sensazioni che ricoprono la sua tavolozza e scoprono l’opera.
Ma è il secondo soggiorno italiano del 1828, a regalare a Turner un grande successo internazionale.
Roma e poi Venezia, alla quale la mostra dedica una sezione specifica, segnerà la svolta decisiva. Qui, puri effetti di luce, pura percezione, infinita trasparenza impregnata di sostanza cromatica, divengono acqua che scorre, che danza nel suo movimento andante, che riflette e assorbe l’essenza del colore. Qui l’acqua del Canal Grande e del bacino di San Marco fluiscono in impercettibili vibrazioni e rivelano l’immenso, un orizzonte senza confini dove cielo e mare avvolti l’un l’altro esaltano l’eleganza delle architetture veneziane.
Una pittura non descrittiva,ì ma evocativa, una pittura affiorata dal tramonto, quasi una lirica sussurrata dal vento che rivela, nella tensione del sublime, la potenza sconfinata della natura.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
( 14/01/2009)
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