Eugenio Vignali. Cerco di creare uno spazio quanto più vuoto possibile della mia soggettività per cogliere i dettagli dell’ambiente urbano.
di Michele Luongo
Eugenio Vignali, un artista che ci racconta il nostro tempo: “Città che parlano” e “Città che restano in silenzio”. Sulla pellicola il suo sguardo fa rivivere l’emozione attraverso l’immagine catturata. Ciò può avvenire solo partendo da un silenzio interiore nel corso di “walking meditations” in giro per le città e gli ambienti urbani…
Chi è Eugenio Vignali, un fotografo, un artista …
Sono trascorsi giusto cento anni da quando su Camera Work si dibatteva se la fotografia fosse arte o meno … Credo che oggi grazie anche alla tecnologia digitale con le sue infinite possibilità applicative, la fotografia si sia definitivamente liberata dalla pura funzione di riproduzione del vero, per espandersi fino all’astrattismo diventando uno dei tanti strumenti a disposizione dell’arte. Dunque la risposta è: un artista che utilizza il mezzo fotografico.
Immagini per emozionare o emozioni per fotografare?
Immagini per emozionare. Cerco di creare uno spazio quanto più vuoto possibile della mia soggettività (e dunque anche delle mie emozioni) per cogliere i dettagli dell’ambiente urbano che mi colpiscono per la “Loro energia ed espressività”, che io poi catturo per condividere con altri spettatori, in un momento ed un luogo diversi, attraverso la riproduzione sui vari mezzi.
Ciò può avvenire solo partendo da un silenzio interiore nel corso di “walking meditations” in giro per le città e gli ambienti urbani, in uno stato di espansione della coscienza che permette anche a particolari quali un brandello di manifesto pubblicitario o la scrostatura di intonaco su di un muro, di catturare la mia attenzione pur nella loro semplice natura. La domanda più frequente che mi fanno le persone di fronte alle mie opere è: ma dove li trovi questi soggetti? La risposta, che li lascia di solito increduli, è che li ho incontrati proprio nei luoghi dove loro vivono e che magari ci sono passati davanti chissà quante volte senza però notarli, presi dai loro pensieri e dal frenetico vivere quotidiano.
Cos’è “Urban Insight” ?
Urban Insight – Immagini dall’inconscio metropolitano è un progetto di ricerca artistica nel quale l’inconscio dell’artista si fonde con quello della città e la loro proiezione e rappresentazione trovano il linguaggio dei decollage spontanei lungo le strade urbane. Riconoscere questi messaggi e registrarli mediante il mezzo fotografico è come tenere un diario intimo di quei momenti di profonda connessione con sé stessi. Quando ciò non accade ci si può rendere conto che non siamo completamente nel momento presente, ma la nostra attenzione è tutta presa dal vivere quotidiano. Solo con la totale presenza si può invece cogliere la flebile voce dell’anima del mondo in cui viviamo, normalmente sovrastata dal brusio di fondo di una vita distratta e frettolosa, per scoprire, non senza una qualche sorpresa, che è la nostra voce.
Con le sue opere vuole trasmettere un nuovo linguaggio ?
Più che un nuovo linguaggio direi una nuova direzione dell’attenzione artistica verso la scoperta e la valorizzazione di quello che c’è intorno a noi. Ricordo che ad uno dei primi (e pochi) concorsi ai quali ho partecipato all’inizio della mia attività di fotografo, quasi trent’anni fa, portai un “reportage” di dettagli del giardino intorno a casa mia, con i giochi di colori, luci ed ombre, le simmetrie e le forme plastiche delle piante e degli oggetti in esso presenti. Dettagli ripresi anche con l’obiettivo macro e assolutamente nuovi e sorprendenti quando estrapolati dal contesto già conosciuto. Una serie di diapositive in ognuna delle quali si poteva leggere e discutere della composizione, della tecnica di ripresa … di fotografia, insomma. Vennero però premiate immagini di Parigi che avrebbe potuto fare chiunque scendendo dal pullman di turisti … Per fortuna sono riuscito a restare coerente con la mia visione, che oggi ha trovato il modo per esprimersi in una modalità originale e finalmente riconosciuta.
“ I muri bianchi non fanno pensare” è il titolo di una sua personale da cosa è stato dettato?
Intanto devo dire che è effettivamente una scritta che ho trovato su di un muro, e nella sua polemica contraddizione (un muro completamente bianco infatti ci spinge in effetti a proiettarci sopra qualcuno dei nostri pensieri) l’ ho accolta come stimolo alla base della mia ricerca artistica che documenta proprio i segni dell’uomo su questi supporti verticali, così variamente utilizzati sia dai writer sia per le affissioni. Come qualcuno ha notato, si tratta anche di una ricerca antropologica che documenta un momento storico con i suoi segni e segnali, propri delle persone che vivono in quel tempo. Si potrebbe anche raggruppare i soggetti da me ripresi su base geografica per confrontare la diversa espressività dei luoghi. Come mi piace dire: ci sono città “che parlano” e città che “restano in silenzio”.
Le sue opere hanno incorniciato il libro “ Metanoia”, arte e filosofia, Eugenio Vignali e Giacomo Croci, un incontro per …
Per realizzare la fusione fra immagini e parole, fra emozione e pensiero, fra i sensi e la mente in un gioco di rimando nel quale si cerca nel primo il completamento del secondo, e viceversa.
Il titolo, “Metanoia”, da me scelto, indica un andare oltre le consuete categorie interpretative della realtà per cogliere un nuovo senso nel già conosciuto.
Un ammasso di bianca cellulosa, embrione inerte, viene impresso dal segno di un grafico pubblicitario e diventa (attenzione!) uno strumento di comunicazione di un messaggio altrui. In questo momento esso è ancora un oggetto e non un soggetto. Lo diventa solamente quando, i colori dilavati dalla luce del sole e la materia deformata dagli agenti atmosferici e dalla mano dell’uomo, esso si libera del non essenziale e mantiene solo quelle caratteristiche che esprimono finalmente un senso ed un messaggio proprio. Certo, è più facile accorgersi di questa metamorfosi là dove il segno resta comunque in parte riconoscibile e decifrabile (i tratti di un volto, ad esempio). ma il gioco è più stimolante quando la nuova identità si caratterizza soprattutto per le proprie qualità estetiche, plastiche o cromatiche, magari scaturenti dalla combinazione di più soggetti.
Ecco allora che un casuale sovrapporsi di strati dà vita ad un sorprendente gioco di forme e colori, delicato ed effimero. Possiamo ripassare un attimo dopo e trovarlo completamente stravolto o ritornare dopo molto tempo e riconoscerlo quasi intatto. Questa stessa dimensione sospesa fra la ricerca di un senso-soggetto e l’apparenza della forma-oggetto trapela anche nei brevi racconti di Croci ispirati dalle mie immagini. Quello con Giacomo Croci è stato un incontro sicuramente fortunato, ma anche il frutto di una attenta selezione di giovani scrittori fatta dall’editrice di Greta Edizioni, Christina Magnanelli. Ci tengo a ricordare che il libro Metanoia ha ricevuto il premio fuori concorso Taccuino Futurista nell’ambito del Premio d’Arte Internazionale L’Aperitivo Illustrato.
Ha esposto a Chicago, New York, Pechino, San Marino, Roma, la Biennale di Ferrara, mostre importanti, cosa hanno significato? Tappe di un percorso di confronto con altri artisti e con il mercato, per avere un feed-back sulla originalità della mia ricerca artistica e sulla mia capacità di trasporla in un mezzo riproducibile e condivisibile.
Proprio il giudizio positivo che ho raccolto fin dall’inizio da parte di molti critici e osservatori in occasione delle esposizioni mi ha dato la spinta per scegliere di dedicarmi a tempo pieno all’arte. Ora punto a che questo confronto avvenga nell’ambito di occasioni sempre più qualificate, in Italia ma soprattutto all’estero.
Il pensiero umano, il territorio sono in continua evoluzione come il mondo dell’arte, per Vignali qual è il significato di questo tempo ?
Un tempo nel quale dobbiamo volgere lo sguardo dentro di noi per aumentare il nostro grado di consapevolezza e conseguentemente la nostra responsabilità nel creare il mondo in cui viviamo. I media e l’arte hanno una grande influenza sul livello di coscienza del singolo come su quello collettivo e la qualità della comunicazione determina anche la qualità delle nostre relazioni e del nostro vivere quotidiano. Come ho già detto, l’obiettivo della mia ricerca è quello di sollecitare una maggiore consapevolezza di se attraverso il riflesso dato dall’ambiente urbano in cui viviamo, le cui espressioni e mutazioni sono uno specchio di quelle interiori delle persone che vi abitano.
Non essendone completamente consapevoli, rimaniamo però sorpresi quando la risonanza di questi elementi ci colpisce attraverso la loro rappresentazione artistica.
Figure, immagini, volti e la lacerazione di uno strappo, quale è il suo rapporto nel creare l’ opera?
A differenza di altri artisti che usano la tecnica del decollage, io non intervengo assolutamente sul soggetto originale, che, invece, è da me ricercato nel corso di lunghe esplorazioni urbane e suburbane. Tutte le mie opere sono infatti basate su fotografie digitali che rimasterizzo al computer perlopiù aumentandone la saturazione e parzialmente il contrasto, per rendere l’effetto iniziale più intenso, così da poter raggiungere anche l’osservatore frettoloso che vi lancia solo un’occhiata.
Ricordare ai presenti che si tratta originariamente di una fotografia è la consueta litania che accompagna ogni mia esposizione, quando molti credono di trovarsi di fronte a un olio o ad un’altra tecnica pittorica. Spesso le persone pensano anche che sia la fotografia di un’opera d’arte e mi chiedono dov’è e chi l’ ha fatta, non capacitandosi che quello che io ho riprodotto possa essere invece un soggetto al quale sono passati davanti loro stessi, chissà quante volte.
Spesso succedono anche simpatici siparietti quando, mentre sono intento a scattare una fotografia, ci sono persone che si fermano per cercare di capire cosa sto riprendendo e si allontanano con aria perplessa, non essendo riuscite a cogliere alcunché per loro significativo o interessante. D’altronde mi piace pensare di mettere la mia sensibilità e il mio “occhio” al servizio di chi è troppo preso dalla vita quotidiana per accorgersi del fantastico mondo in cui viviamo.
C’è un ‘opera alla quale si sente particolarmente legato ?
Ho dato un titolo a poche mie opere (che normalmente sono numerate progressivamente nelle tre serie: “Paper World” , “Off the Wall” e “Art from Street Art” ), ma una di queste, del 2007, l’ ho titolata “Orwell 1984”. Una immagine che si può leggere e descrivere a lungo per i molti riferimenti simbolici in essa presenti, od anche solo osservare in silenzio per la forza e l’intensità dei colori.
L’arte digitale, la fotografia ha una facilità di riproduzione, di copiatura, lei come tutela le sue opere?
Non posso impedire che qualcuno usi una mia immagine come desktop per il suo computer o ne stampi una piccola copia in bassa risoluzione, magari presa da un mio catalogo. Gli esemplari di grande formato in alta risoluzione (stampa Lambda o Fine Art) sono invece da me numerati e firmati uno per uno e accompagnati da un certificato di autenticità della Galleria d’Arte Gherardi30 di Senigallia, ogni altra copia, in qualunque forma, non può circolare sul mercato senza violare la tutela di legge. In generale, proprio per andare nella direzione della singola opera d’arte, io realizzo comunque un solo esemplare vendibile da ogni scatto.
A quali opere sta lavorando, e i suoi prossimi progetti ? Sto facendo prove di trasposizione delle immagini su supporti diversi come vetro, plastica, ceramica ecc. e pensando a compiere un passo verso una tecnica mista nella quale vi sia un ulteriore livello di espressività dato dal mio intervento sull’immagine originale.
Ho in programma alcune mostre importanti nel corso dell’anno, poi sarò pronto per un grande catalogo che rappresenti il percorso di questa ricerca dal suo inizio alle mie ultime opere.
di Michele Luongo © Produzione riservata
( 05 giugno 2009 ) www.viacialdini.it
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