Cina. Per troppi anni abbiamo pensato al mercato cinese come una “semplice” opportunità di business dimenticando le incredibili diversità culturali di questo Paese, le grandi differenziazioni tra provincia e provincia, i pericolosissimi “tranelli” burocratici e linguistici.
Fabio Piccoli
Cina. Molti forse ricorderanno che da piccoli quando entravano nel gioco bambini che non sapevano bene le regole di quel gioco (poteva essere calcio o monopoli poco cambia), si fermava tutto e/o si cercava velocemente di insegnarle al nuovo entrato (rara la generosità tra i bimbi) o (più frequentemente) il nuovo arrivato, ritenuto “ignorante” veniva subito eliminato.
Ci sembra una bella metafora per capire quello che sta succedendo tutt’oggi sul “campo da gioco” della Cina in relazione al business del vino.
Molti soggetti si sono avvicinati al mercato cinese come quei bambini che anelano di entrare in partita, guardano per un po’ i giocatori con invidia, ma quando entrano non sanno nemmeno in quale porta segnare il goal.
Nella categoria dei giocatori che non conoscono le regole ci siamo certamente anche noi.
I disorientati del vino sul mercato cinese sono tutt’oggi molti e per questo è probabilmente opportuno ripartire dal cosiddetto abc.
Questo ci ha insegnato l’intervento di Lulie Halstead, ceo di Wine Intelligence, al recente seminario organizzato da Withers – uno degli studi legali più accreditati al mondo, e impegnato anche sul fronte del supporto delle imprese italiane del food and beverage nei processi di internazionalizzazione (in particolare nella costituzione di corporate joint venture negli Usa e in Inghilterra) – affrontando il tema di come costruire brand di successo in Cina.
In questo primo articolo affrontiamo il tema delle evoluzioni dei consumatori di vino nel mercato cinese e delle principali resistenze all’acquisto di vini d’importazione.
La Halstead ha premesso che nonostante le varie voci e indagini che corrono sulla rete e sui giornali rispetto a “crolli economici” della Cina, questo grande paese rappresenta e rappresenterà ancora per molto tempo un grande mercato di sbocco per il vino mondiale.
Sono importanti queste “rassicurazioni” autorevoli perché nel mondo del vino (ma non solo) è incredibile il numero elevato di Cassandre. Che tra l’altro hanno l’aggravante di creare un sacco di alibi a molti imprenditori del vino.
Ma la Halstead ha anche subito sottolineato che le potenzialità della Cina potranno essere capitalizzate solo se si inizierà a conoscere meglio questo Paese.
A partire dal comprendere che la Cina non è un paese unico ma con profonde differenziazioni tra provincia e provincia, tra sud e nord, tra le aree costiere e il centro.
Dal punto di vista gastronomico, ad esempio, ci sono “almeno 4 Paesi diversi in Cina”: al nord una cucina più “pesante”, dai sapori forti, intensi, grande presenza di carni, in particolare l’agnello, e di pasta a base frumento (non riso); ad est, invece, troviamo un cucina molto più leggera dal tipico stile agrodolce; ad ovest si trovano le province più “spicy” (speziate) della Cina, in particolare le storiche tradizioni gastronomiche di Sichuan ed Hunan; al sud, infine, la cucina è caratterizzata dai piatti più dolci a partire dai tipici dim sum (piatti molto leggeri serviti abitualmente con il the) di Guangdong.
Se quindi, ad esempio, si pensa ad un offerta enologica studiata per gli abbinamenti con la cucina cinese è fondamentale essere coscienti di queste differenze.
L’aspetto più interessante ed utile evidenziato dalla ceo di Wine Intelligence è che oggi in Cina finalmente siamo entrati nella fase “Wine 2.0”, cioè un mercato dove la crisi di questi anni, le politiche anticorruzione, hanno portato ad una selezione più seria degli operatori “ed oggi le condizioni del mercato sono sicuramente più credibili”.
Condizioni che secondo la Halstead dovrebbero portare sia ad un aumento del vino importato sia ad una crescita qualitativa del vino cinese (processo che è già in atto). Due aspetti che paradossalmente, come ormai è noto, sono complementari e non in contraddizione, contrasto.
L’elemento demografico strategico per lo sviluppo del mercato del vino di qualità in Cina, rimane indubbiamente la crescita della classe media di questo grande paese.
E su questo fronte è incoraggiante osservare i dati della Mapping China’s Middle Class di Mckinsey, che evidenziano come nel 2022 avremo quasi 226 milioni di cinesi all’interno di questa categoria che vivranno in zone urbane (erano 44 milioni nel 2012!). Tradotto in termini economici e di capacità di spesa significa che avremo 226 milioni di consumatori con una capacità di spesa annuale superiore a 106.000 RMB (quasi 15.000 euro).
Non a caso la sopracitata indagine prevede per il 2022 un consumo privato di questa middle class cinese di circa 21,7 miliardi di RMB all’anno (oltre 3 miliardi di euro) che tradotto significa una spesa di 7 volte superiore a dieci anni prima.
Non è difficile immaginare che parte di questa spesa potrà anche essere destinata all’acquisto di vino (ma non ci si può illudere che sarà un semplice automatismo).
Attualmente secondo le fonti raccolte da Wine Intelligence in Cina vi è una popolazione urbana di circa 378 milioni di persone, di queste circa 95 milioni sono da considerare della middle class (con entrate mensili di circa 6.000 RMB (850 euro) per le città capitali di provincia e di 4.500 RMB (650 euro) per le cosiddette città di secondo livello).
Importante per il mondo del vino sapere, pur senza pretesa di garanzie sui numeri al 100%, che oggi in Cina possiamo godere di un bacino di circa 38 milioni di consumatori di vino importato (almeno 2 volte all’anno) e di 23 milioni di consumatori abituali sempre di vino importato (almeno una volta al mese).
Non si parte da zero, quindi, ma le potenzialità sono ancora moltissime.
Altro elemento importante evidenziato dalla Halstead, è l’evoluzione del profilo del consumatore di vino in Cina, oggi sempre più giovane con una incidenza femminile molto alta. Basti pensare che se nel 2012 le consumatrici di vino importato in Cina rappresentavano il 32%, in meno di tre anni hanno raggiunto quasi il 50%. E se si considerano i grandi processi di urbanizzazione ancora in atto in Cina, tra due anni avremo un numero rilevanti di giovani nelle grandi citta cinesi, quelli che Wine Intelligence ha definito “Developing drinkers” (che oggi rappresentano circa il 19% dell’universo dei consumi di vino importato), che influenzeranno non poco lo sviluppo del mercato del vino in questo Paese.
Tra le altre categorie di consumatori interessanti vi sono attualmente i “Social Newbies”, quella che con il suo 23% è la più rappresentativa (cioè consumatori che si stanno da poco approcciando a questo mondo tramite i social media che in Cina, in particolare We Chat, è un potentissimo strumento di relazioni e comunicazione), i “Prestige Traditionalist” (19%) che potremmo descrivere come i “ricchi” cinesi interessati al vino come status symbol, quindi alla ricerca delle etichette più prestigiose; gli “Adventurous Connoisseurs” che sono ancora pochi (7%) ma che attraverso una maggiore conoscenza si avventurano anche in acquisti meno scontati e si fanno orientare anche dalla curiosità.
Ma quali sono oggi le principali barriere all’acquisto di vino importato in Cina? Secondo le indagini di Wine Intelligence al primo posto si trova la “mancanza di fiducia”: “chi mi dice che quel vino è autentico e non è un’imitazione?”, “non credo al personale del negozio, del wine shop”. Al secondo posto, invece, “la mancanza di disponibilità”: “non riesco a trovare un brand che posso riconoscere”, “il prezzo è troppo alto”. Mentre al terzo posto come motivazione troviamo la “mancanza di informazioni”: “non ho abbastanza informazioni nella retro etichetta”, “non conosco bene il gusto del vino”. Quest’ultima affermazione potrebbe essere simile alla nostra nei confronti, ad esempio, di un prodotto come il sake giapponese.
Nel prossimo articolo affronteremo, invece, il tema di come costruire un brand di successo proprio dall’ideazione di una etichetta adeguata al mercato cinese e il ruolo dei social media nella comunicazione del vino in questo grande Paese.
di Fabio Piccoli©Riproduzione riservata
(08/02/2016)
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