La viticoltura della Serenissima. Il Consorzio Vini Venezia riapre le porte dell’antico Brolo di Cannaregio. Il restauro e il ripristino dell’orto-giardino del convento dei Carmelitani Scalzi, il vigneto sperimentale è stato realizzato con l’intento di salvaguardare la biodiversità del patrimonio viticolo lagunare.
Redazione
Grazie al progetto di mappatura delle antiche viti di Venezia, la viticoltura della Serenissima rivive all’interno del convento dei Carmelitani Scalzi.
Numerose esplorazioni, ben 70 analisi del Dna, una ricerca durata oltre due anni che ha visto impegnati tecnici, esperti del calibro di Attilio Scienza, tre università – quelle di Berlino, Padova e Milano – e ancora enti come il CRA-Vit di Conegliano. E’ da questi presupposti che parte il lavoro del Consorzio Vini Venezia che si prepara a presentare un altro grande progetto: far rivivere le viti della Serenissima all’interno dell’antico convento dei Carmelitani Scalzi.
Dopo aver creato un vigneto nell’isola di Torcello, utilizzando il materiale genetico prelevato dalle vecchie viti di Venezia mappate e studiate all’interno di conventi, broli, giardini e altri luoghi, ora il Consorzio Vini Venezia si prepara infatti ad alzare il sipario su un altro lavoro: il restauro e il ripristino dell’orto-giardino del convento dei Carmelitani Scalzi a Cannaregio, Venezia, grazie all’utilizzo dello stesso materiale genetico ricavato dall’analisi e dalla mappatura delle antiche viti della città lagunare.
I dettagli di questa seconda fase della ricerca, a cui si lavora ormai da anni, saranno annunciati in via ufficiale il prossimo maggio ma qualche anticipazione è già stata fornita il 5 marzo, in occasione dell’evento “Verso Venice to Expo”. Durante l’appuntamento, aperto al pubblico, è stato presentato il volume“Il vino nella storia di Venezia” che raccoglie i risultati di questo studio. Durante la tavola rotonda è stato illustrato anche il giallo di Giovanni Negri dal titolo “Il Vigneto da Vinci” che ha come protagonista Attilio Scienza, il professore che ha avuto un ruolo determinante nel progetto che ha fatto rivivere la viticoltura della terra dei Dogi.
I due vigneti sperimentali, quello di Torcello e quello sorto all’interno dello storico convento, sono stati realizzati con l’intento di salvaguardare la biodiversità del patrimonio viticolo lagunare. Essi sono stati creati utilizzando alcune varietà presenti da centinaia di anni all’interno della laguna di Venezia, mappate e riprodotte, a partire dal 2010, grazie al supporto del professor Attilio Scienza, in collaborazione con un gruppo di tecnici dell’Università di Padova e Milano, il Centro di Ricerche per la Viticoltura di Conegliano e l’Università di Berlino. Un lavoro che ha interessato esemplari presenti non solo a Venezia ma anche nelle isole della Laguna.
Per scoprire la provenienza, l’identità e l’entità del germoplasma viticolo della laguna diverso dai vitigni già conosciuti, è stata pianificata un’indagine a tappeto su tutto l’areale. Le piante da campionare sono state selezionate in base all’assenza di informazioni precise sulla loro identità da parte dei proprietari e al fatto che queste presentassero un aspetto morfologico che non riconducesse con chiarezza ai principali vitigni noti. I campionamenti sono stati effettuati in 11 località comprese tra la laguna nord (isola di Torcello, delle Vignole e di S. Erasmo), Venezia città e la laguna sud (Lido Alberoni, S. Lazzaro degli Armeni e Pellestrina).
Come spiegato nel libro dal titolo Il vino nella storia di Venezia, che è stato presentato il 5 marzo proprio all’interno del convento dei Carmelitani Scalzi, sono state campionate complessivamente 68 piante. L’identificazione varietale della vite è stata affrontata con tecniche moderne di analisi del Dna (estratto da alcune foglioline) che ha consentito di ottenere l’impronta genetica della vite, ovvero il suo profilo molecolare, e di fare un confronto con la banca dati del Centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano e con i dati di letteratura, portando all’identificazione di quasi tutte le viti campionate. Sono stati ottenuti 25 profili molecolari, 22 dei quali corrispondono a varietà già identificate. In particolare,s i tratta di 20 varietà di Vitis vinifera L., 14 uva da vino e 6 uva da tavola, e di 2 ibridi interspecifici molto noti, il Baconoir ed il Villardblanc.
Il risultato non è solo una banca genetica en plein air che conserva il patrimonio storico e culturale della viticoltura della città dei Dogi, è anche la ristrutturazione e l’apertura al pubblico di uno dei più importanti luoghi di Venezia.
Questo importante progetto è stato selezionato ed oggetto di aiuto da parte della Camera di Commercio di Venezia la quale finanzierà la produzione di materiale promozionale e informativo che sarà di supporto alle visite guidate che il Consorzio Vini Venezia e Venezia Wine and Food organizzeranno in occasione di EXPO 2015. Il progetto è stato approvato anche dal Comitato Venice to Expo 2015 che ne ha riconosciuto la grande valenza culturale con grande potenzialità di divenire luogo di visita per un turismo alternativo.
Redazione
(11/04/2015)
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