Ristorazione regole e finta ripartenza

Ristorazione regole e finta ripartenza. Si riapre ma senza entusiasmo: ecco le regole. Restano i nodi del vincolo ai posti all’aperto e del coprifuoco. Oltre il 46% dei pubblici esercizi in Italia non ha la possibilità di mettere tavoli all’esterno.
Redazione

La ristorazione italiana si prepara a riaprire, senza troppo entusiasmo, a partire dal 26 aprile. Senza entusiasmo perché è vero che finalmente è arrivata una data certa per la ripartenza, ma è anche vero che si tratta – per i ristoratori e le associazioni di categoria – di una partenza azzoppata. Le regole del Governo, messe nero su bianco nel decreto varato dal Consiglio dei ministri il 21 aprile scorso, hanno suscitato perplessità nella migliore delle ipotesi, ma anche rabbia.

Le regole dicono che nelle regioni in zona gialla ristoranti, bar, agriturismi potranno riaprire sia a pranzo sia a cena. Ma solo con tavoli all’aperto, nei famosi “dehors”. Privilegiando l’accesso tramite prenotazione e con una distanza minima tra i tavoli di un metro. Rispettando, per le cene, il coprifuoco fissato alle 22 (al momento fino al 31 luglio, ma non si esclude la possibilità di ‘aggiustamenti’ in corsa).

Ristoranti, enoteche, paninoteche possono proseguire l’asporto fino alle 22 e resta confermata la possibilità di take away, ma solo fino alle 18. Confermata anche, senza limiti di orario, la ristorazione negli alberghi, ma solo ai propri clienti.

Il decreto traccia anche una sorta di road map (evoluzione della pandemia permettendo) che prevede in zona gialla il via libera alle fiere dal 15 giugno e dal primo di luglio a convegni e congressi. Resta un punto di domanda sul wedding, strettamente legato alle attività di catering e banqueting, che impiegano circa 20mila cuochi.

Federcuochi definisce “illogica” la road map di riaperture del Governo: “congressi si, matrimoni no. Sono misure illogiche, discriminanti, con le quali si penalizza ancora una volta tutto il comparto della ristorazione”, visto che “non si sa ancora quando potrà ripartire il comparto catering e banqueting per matrimoni e cerimonie simili, che da solo produce miliardi di euro di fatturato e che è completamente fermo da oltre un anno, con perdite intorno al 90% e chiusure definitive a ripetizione”.

Due i nodi principali: il vincolo di spazi esterni per la riapertura e l’orario del coprifuoco.

Secondo i dati Fipe oltre il 46% dei pubblici esercizi (oltre 116.000 sui 360.000 totali) in Italia non ha la possibilità di mettere tavoli all’esterno: questo costringerà un ristorante, bar, trattoria su 2 a non riaprire. Inoltre, il coprifuoco alle 22 non garantisce ai ristoratori di potere organizzare in modo adeguato il turno della cena, che vale la maggior parte del fatturato.

Inoltre, in caso di cattivo tempo, cosa fare? Annullare le prenotazioni e perdere lavoro e materia prima, visto che non si può accogliere il cliente all’interno?

Va meglio per i 24mila agriturismi italiani, che se secondo dati Cia hanno accumulato perdite per oltre 1,2 miliardi di euro dall’inizio della pandemia, visto che non hanno lavorato neanche un giorno. Sono tutti dotati di ampio spazio esterno, ma è anche vero che limitazioni sugli orari serali potrebbero pregiudicare la piena ripartenza del settore, soprattutto per gli agriturismi lontani dai grandi centri, perché la distanza dalle aree urbane e metropolitane rende quasi impossibile la cena e il ritorno a casa entro le 22.

Le prime iniziative di protesta sono già calendarizzate: il 26 aprile i locali dei ristoratori aderenti a Tni Italia resteranno chiusi in segno di solidarietà nei confronti di quei colleghi che non hanno tavolini all’aperto”. Oltre la protesta, però, ci sono anche fughe in avanti, come quella dell’Alto Adige, dove dal 26 aprile ristoranti e bar riapriranno anche all’interno, ma solo se i ristoratori decideranno di utilizzare il “Corona Pass”, una sorta di certificazione che la persona sia guarita dal Covid-19, abbia completato la vaccinazione oppure sia in possesso di un test negativo.

La ristorazione è uno dei comparti più colpiti indirettamente dalle limitazioni e restrizioni imposte per fronteggiare la pandemia: secondo dati Fipe, solo nel quarto trimestre 2020 ha perso 11 miliardi di euro, portando le perdite annue a 34,4 miliardi di euro.Le regioni, compatte, ieri hanno inviato una lettera al governo Draghi, pienamente sostenuta anche da Fipe, in cui si chiede di posticipare il coprifuoco alle 23 per garantire una vera ripartenza, mentre Confcommercio Milano spiega che in Lombardia, di fatto, si tratta solo di “una mezza ripartenza”, visto che il 50% dei locali non ha spazi all’aperto. Un dato che non differisce di molto nelle altre regioni italiane. (  https://www.askanews.it/ )

 

    Redazione
 (26/04/2021)

 

 

 

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