Betulia liberata nel segno di Muti

Betulia Liberata nel segno di Muti Un capolavoro tratto da un episodio biblico, volto alla profondità fascinosa della fede-Mozart, Metastasio e la direzione di Muti: azione sacra in forma scenica in coproduzione con il Ravenna Festival
di Antonella Iozzo

Betulia liberata nel segno di MutiSalisburgo– Il Festival di Pentecoste di Salisburgo 2010 sotto il segno di Riccardo Muti porta in scena la gemma poetica di Pietro Metastasio “Betulia Liberata”, nelle due versioni musicate da Wolfgang Amadeus Mozart e Niccolò Jommelli. Essenza sacra pervasa di profonda passione per la Betuliamozartinana in forma scenica e per un Jommelli in forma di concerto.

Il soggetto  è tratto dal Vecchio Testamento, libro apocrifo di Giuditta e racconta del coraggio di una donna, Giuditta appunto, che si reca nel campo dei nemici assiri e uccide il loro condottiero Oloferne, affinché il suo popolo possa riacquistare la libertà.

Un gesto che crea sconcerto ma riconduce alla fede, nonostante le agitazioni che  il principe Ozia, la nobile israelita Amital e il capo del popolo Cabri vivono con grande tormento. Una situazione di dramma atta a ricondurre alla luce anche il nemico, nelle vesti di Achior, alleato degli Assiri e messo al bando per aver dubitato della loro vittoria e che Ozia accoglie fraternamente.

Mozart, Metastasio e la direzione di Muti: azione sacra in forma scenica in coproduzione con il Ravenna Festival, regia Marco Gandini, scenografia Italo Grassi, interpreti: Michael Spyres/Ozia, Alisa Kolosova/Giuditta, Maria Grazia Schiavo/Amital, Nahuel Di Pierro/Achior, Barbara Bargnesi/Cabri, Arianna Vendittelli/ Carmi. Cembalo continuo Speranza Scappucci, Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Philharmonia Chor Wien. Interpretazione che conquista il pubblico e la critica nella serata del 24 maggio, dopo la prima tenuti il 21 maggio 2010.

Essenziale, grigia, drammatica scenografia. Pochi elementi dal dichiarato impatto: muri imponenti dall’aspetto quasi metallico, dall’andamento sferico, curvati in modo diverso da produrre, ruotando lentamente, una serie d’aperture e passaggi che rivelano l’anima trafitta della città e del suo popolo. Materia umana riversata da strutture semicurve e da dischi, che  ricordano le sculture di Richard Serra, capaci d’interagire con l’azione spaziale e di creare interconnessioni percettive.

In questa atmosfera di dolore e disperazione, di speranza limitata e pietà divina, la fede perduta e poi ritrovata è il perno sul quale è incentrata tutta l’opera e sul quale recitativi e arie si susseguono e si alternano con dinamiche chiare e precise.
L’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini è luminosa, compatta, morbida e flessibile, in perfetta sintonia con gli interpreti e con la delicata eleganza del cembalo. Impeccabile il coro, serrato e armonioso che fa corpo con il libretto cogliendone tutta l’essenza. Muti con rigore e lucida espressività disegna gesti di pensiero che dettano il tempo e l’anima dell’opera.
La vocalità di Alisa Kolosova/Giuditta ampia, dall’estensione levigata e dal timbro rotondo, incontra l’eccellente capacità tecnica di Maria Grazia Schiavo/Amital, palpitante, mitigata incandescenza che comunica gli stati d’animo. Il lirismo espressivo di  Michael Spyres/Ozia, invece, sottolinea la struggente poesia del testo e collima con le ampie sonorità intrise di volume di Nahuel Di Pierro/Achior.

Un tripudio di applausi ha cesellato questo capolavoro ancor prima che il maestro posasse la bacchetta. Un capolavoro tratto da un episodio biblico, volto alla profondità fascinosa della fede. Esperienza umana, infinite memorie, possibili verità nel gesto musicale e nell’etica intellettuale di Riccardo Muti.

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
        ( 25.05.2010) 

 

 

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