Didone Abbandonata, la conturbate Viktorija Miškūnaité prende consapevolezza del tempo che sta passando… mentre il ruolo di Enea è ben disegnato da Katrin Wundsam con una morbidezza androgina che ne sottolinea l’enfasi.
di Antonella Iozzo
Innsbruck (A) – Innsbrucker Festwochen der alten Musik 2018, è di scena la musica antica con mirabilie scenografiche, interpreti ed interpretazioni nel segno di Mercadante. Il dramma per musica Didone Abbandonata di Giuseppe Saverio Mercadante è l’opera prescelta per questa 42esima edizione del Festival che, come sempre, sorprende e conquista lasciando che pubblico e critica nel loro applauso esprimano consensi e dinieghi in un equilibrio che danza tra gusto, ragion d’essere e sviluppo filologico.
Un dramma lirico romantico italiano, nel senso più classico del termine, con cantabili per tutti i personaggi principali, duetti emozionanti e grandi scene finali, anima il Tiroler Landestheater. Sul podio Alessandro de Marchi, semplicemente garbata professionalità di un gesto che l’Academia Montis Regalis amplifica al massimo livello. Tre rappresentazioni nel fascino sottile di un ritmo incalzante guidato da emozioni e suggestioni.
Didone Abbandonata ovvero la tragica storia d’amore tra la Regina Didone fuggita da Troia ed Enea. Trama perfetta per Mercadante, ancora fortemente influenzato da Rossini, che esprime tutte le coloriture del bel canto in passaggi lirici e carichi di pathos, grazie anche ad un’orchestra con organico più ampio rispetto alle edizioni passate del Festival. Impatto amplificato dal Coro Maghini, 22 voci maschili che ne permeano lo spessore.
La scenografia di taglio contemporanea s’incolla perfettamente alla regia di Jürgen Flimm, che ci ha presentato una versione imperniata sul potere. Estremo desiderio di governare che pervade ed invade l’animo di Enea, disposto a lasciare la regina cartaginese Didone, proprio perché l’eroe troiano deve pensare concretamene alla fondazione dell’impero romano, nella traslazione temporale attuale.
Sul palcoscenico una pedana rotante per la scenografia di Magdalena Gut, moderna ed essenziale, non convince appieno il pubblico. Soldati come muratori edificano il futuro ovvero Cartagine e l’abitazione di Didone simboleggiando il potere, un corpo africano impegnato con i preparativi per il matrimonio, il deserto ai margini come richiamo dell’Africa. Primo piano e sfondo, tutto continua a ruotare per entrambi gli atti, senza mai cambi di scena.
Ma è Didone, la bellissima Viktorija Miškūnaité, sognante, vagante in un mondo parallelo a rapire la scena prima ancora che la sua voce sia incanto e purezza tecnica. Poi, la sua voce e le movenze nella struggente autorevolezza del personaggio tessono una trama intensa risolta con particolare sagacia.
Un sottile gioco di potere che coinvolge tutti e detta le regole, tutti ne sono gli artefici, tutti ne edificano le trame, tutti ne subiscono le conseguenze. Intrighi che si restringono lasciando quasi senza respiro mentre all’improvviso la conturbate Didone prende consapevolezza del tempo che sta passando e del gioco dell’ostile re moresco Jarba, con un unico obiettivo persuadere Didone a sposarla e liberarsi di Enea il prima possibile. Un personaggio discutile che non esita a tramare astuti omicidi per raggiungere i propri scopi, abilmente interpretato da Carlo Allemano.
Brillante, realistica e ispiratissima Katrin Wundsam nel ruolo di Enea i cui cantati esprimono un’acuta sensibilità costituendo il tessuto connettivo dell’opera.
Il fascino di Didone sembra essere quasi controbilanciato dalla brillantezza scenografica di Jarba ( Carlo Allemano) con il bel canto che sfuma un’impressione caratteriale con estrema padronanza tecnica ed interpretativa.
Il gesto di De Marchi conduce l’Academia Montis Regalis con sicurezza attraverso la musica drammatica e vivacemente colorata di Mercadante. Equilibrio, meticoloso dettaglio, imprinting nella consapevolezza musicologica, nel puro stile De Marchi.
Avvincente più che mai il secondo atto con Carlo Allemano che esplode dando corpo e sostanza, rigore e vigore alla follia omicida di Jarba, con la sua voce di tenore autunnale, potente e flessibile.
La rabbia energica di Didone, implode e demorde la sua lacerazione intima e bruciante che, la potenza austera di Viktorija Miškūnaités, visualizza riempiendo l’azione in tutta la sua complessità. Mentre il ruolo di Enea è ben disegnato da Katrin Wundsam, una morbidezza androgina che ne sottolinea l’enfasi con grande espressività, soprattutto nel secondo atto.
Didone, dalla leggenda alla storia l’eterno conflitto amore – potere tesse le sue fila con l’aiuto di confidenti, amanti e legami di sangue che in Didone assumono la voce baritonale di Pietro Di Bianco, Osmida e di Diego Godoy, Araspe. Emilie Renard ruolo di Selene, sorella e segreta rivale di Didone si distingue per l’aderenza al personaggio tratteggiata con intelligenza e raffinatezza.
Se la regia lascia alquanto desiderare, i personaggi librano la loro interpretazione cercando di condurci dentro l’opera per una Didone dove le estreme evoluzioni della pratica del “bel canto” viaggiano a vele spiegate grazie alla presenza dell’Accademia Montis Regalis, magistralmente diretta da Alessandro De Marchi.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(15/08/2018)
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