Bolzano – Al teatro comunale di Bolzano due serate liriche con Elektra di Richard Strauss, libretto Hugo von Hofmannsthal, Orchestra Haydn di Bolzano e Trento e Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna, Direttore Gustav Kuhn, regia Manfred Schweigkofler, scene Michele Olcese. Interpreti nella seconda serata del 16 gennaio 2010, Elektra/Elena Popovskaya, Crisotemide/Faida Hundeling,
Clitemnestra/Michela Binder Ungureanu, Egisto/Richard Decker, Orest/Wieland Satter, Coro del Teatro Municipale di Piacenza, direttore del coro Corrado Casati. L’essenziale della regia nell’esistenziale esasperato dalla tragedia. A Micene, sul calar della sera, nella corte del palazzo degli Atridi le ancelle parlano di Elektra il cui padre Agamennone venne ucciso dalla moglie Clitemnestra con l’aiuto dell’amante Egisto. Arriva Elektra la quale ricorda che proprio verso quell’ora suo padre fu sgozzato e, invocando il suo spettro, conferma il proposito di vendetta.
Struttura scheletro per la scenografia di Olcese, impalcatura metallica, algida e penetrante, quasi una possente ossatura dentro la quale vibra un destino crudele. Potremmo dire in perfetta sintonia con gli staccati metallici dell’orchestra, sistemata sul palcoscenico e non nella buca, che arde in un crogiuolo scuro. Il suono impregnato di ebbrezza e dolore, di battiti, di lacerti squarcianti l’anima, ma mai il canto struggente e l’espressività sostenuta.
Arcate vigorose e strumenti a fiato sembrano celebrare la violenza nel respiro di Elektra, mentre nascono e muoiono in un sincronismo asciutto e sicuro dettato con pacata energia dal maestro Kuhn. Ottimi interpreti vocali, buona fecondità tecnica, anche se a trattila Popovskayadava l’impressione di cedere, di fremere nell’incandescenza della partitura tesa sempre sul filo del rasoio.
Sulla scena l’impatto e la violenza drammatica regnano sovrani, aprendosi uno spazio nello spazio, un luogo sotterraneo, tana profonda dove Elektra sopravvive ai limiti di ogni cosa, gabbia con le sbarre di ricordi e di lucidi tormenti. Dal basso, dall’infimo una forza d’urto emotiva capace di sovrastare il vuoto compulsivo di un parossismo che sfibra ogni sua cellula. L’amore e l’odio la consumano essa odia se stessa in quanto figlia di Clitemnestra e contemporaneamente si ama perché figlia del re ucciso. Un conflitto che la risucchia, la sfinisce e l’alimenta.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata