Federico Colli al Filarmonico. Grazia ed energia

Teatro Filarmonico Verona. La percezione vellutata di Federico Colli, la finezza espressiva di Ferri, la fluidità sorprendente dell’orchestra dell’Arena di Verona. Just impressioni impalpabili. Mozart, Beethoven e Schubert, orchestra e direttore vibrano all’unisono in un adamantino nitore tecnico che raggiunge il cuore del pubblico.

di Antonella Iozzo

colli_federicoVerona  – Federico Colli, il giovane e talentuoso pianista, Primo Premio al Concorso Mozart di Salisburgo nel 2011 e Medaglia d’oro al Concorso Pianistico Internazionale di Leeds, incanta la platea del Teatro Filarmonico di Verona al primo concerto della stagione sinfonica 2015-2016. Sul podio dell’Orchestra dell’Arena di Verona il direttore Federico Ferri. Mozart, Beethoven e Schubert grandi compositori per grandi interpreti che edificano il sentimento musicale in sensibilità, espressività, evocazione.

Un crescendo che inizia con il Concerto per pianoforte e orchestra n. 23 K. 488 in la maggiore di Mozart ed è brillantezza, vivacità strumentale, ma anche poesia equilibrata, rarefazione e intimo dialogo tra solista e orchestra, sottolineato più volte dai clarinetti capaci di creare un colore di fondo, dolce e morbido.

Il tocco di Federico Colli è impalpabile, rilascia una trasparenza luminosa e velata, aprendo orizzonti espressivi inediti. La direzione del Maestro Ferri è ispirata e accuratissima, ne ammiriamo la precisione nell’allegro iniziale, preceduto da una lunga ed elaborata introduzione orchestrale. L’entrata in scena del pianoforte è puro respiro lirico, registri stilistici ed espressivi si fondono quasi in modo impercettibile l’uno nell’altro. Respiro sinfonico intenso e forte tensione drammatica sfociano nella grande cadenza che scivola, immancabilmente, nel tessuto emozionale, il pubblico ne avverte ogni frammento.

Una serenità trasfigurante, sottolinea l’adagio, che si apre con il pianoforte solo, le mani di Colli sembrano disegnare sulla tastiera una limpida creatività, una felice e consapevole palpitazione del suono che sfocia con estrema eleganza formale nella profondità orchestrale.

Il gesto sciolto e sicuro del direttore sembra infondere grazia sull’intera orchestra dalla tecnica sicura e avvincente.

ferri_federicoSotto il segno virtuosistico, il brillante Allegro Assai conclusivo, un continuo rincorrersi e sovrapporsi di frasi tra pianoforte di Federico Colli e l’orchestra, dal tono appassionato e concitato. La trasparenza disarmante di Mozart, la percezione vellutata di Colli, la finezza espressiva di Ferri, la fluidità sorprendente dell’orchestra dell’Arena di Verona. Just impressioni impalpabili.

Dalla grazia al sussulto fremente di Beethoven con la Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra. Quasi un inno alla vita sulla scia dell’Inno alla Gioia, sotto l’incanto dell’Arte, testo di Christoph Kuffner. Energia e magnetismo fendono l’aria sin dall’Adagio iniziale in stile rapsodico per solo pianoforte. La tecnica perfetta di Colli, cesella ogni nota, ogni accordo, il ritmo cavalca la passione e nell’aria solo emozioni. L’Allegro che segue è caratterizzato da un costante dialogo fra il pianoforte e l’orchestra ad iniziare dai bassi e il successivo richiamo dei fiati rilascia suggestione, fascinazione timbrica, suono cristallino. Le variazioni si alternano, si susseguono, mettendo in evidenza la grande professionalità, l’esperienza e la densità espressiva dell’orchestra. Beethoven rapisce l’anima, Federico Colli deborda la sua aurea con una poetica fine e leggera, un sogno sui tasti del pianoforte che ci conduce verso l’ultimo episodio con l’entrata del Coro dell’Arena di Verona, direttore Vito Lombardi.

I temi acquistano nuova linfa, la timbrica diviene materia corale, narrazione fortemente evocativa. Intensa ispirazione che vive di ampiezza e di spumeggianti trilli del pianoforte nel registro acuto. L’interpretazione del coro segue perfettamente l’estro del solista, sembra quasi provenire da un mondo parallelo dove la perfezione restituisce la musica alla sua essenza. Un’interpretazione che si eleva dal gesto di Ferri e diventa passione, evocazione e visione serena della vita tesa al massimo livello nella scrittura di Beethoven.

La seconda e ultima parte del concerto è completamente dedicata a Schubert con la Sinfonia D. 944 in do maggiore “La grande”. Ottima esecuzione ed interpretazione per una Sinfonia meravigliosamente danzante la classicità. L’Andante iniziale aperto dai corni, ricco di soluzioni espressive continuamente rinnovate scivolano direttamente nel seguente Allegro ma non troppo. Temperamento timbrico e freschezza denotano il ritmo dei bassi, dei legni e dei tromboni tutti e tre ritmicamente incisivi.

L’entusiasmo, l’eleganza, il fraseggio scolpito e brillantemente cesellato rapiscono l’attenzione e le sensazioni si rinnovavano in bellezza ed intensità.

Ogni fibra orchestrale è lirica sospensione, nell’andante con moto struggente ed elegante malinconia, intonata dall’oboe e dal clarinetto, poi colpi di timpano, frasi divise tra archi e legni e quindi a piena orchestra che risponde con enfasi. Incessante propulsione ritmica che conduce a una vera apoteosi, la frenesia ritmica del movimento. Tensione dinamica e tensione emotiva collimano, orchestra e direttore vibrano all’unisono in un adamantino nitore tecnico che raggiunge il cuore del pubblico.

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di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (11/01/2015)

 

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