Verbier Festival, sul palcoscenico la musica diventa visiva con Richard Strauss e la serata continua con Les Nuits d’été di Hector Berlioz, accanto al direttore il mezzo-soprano Joyce Didonato, ed è magia, atmosfera, sensualità.
di Antonella Iozzo
Verbier (CH) – Fuochi d’artificio per la ventiduesima edizione del Verbier Festival che inaugura con la mirabolante tecnica di Esa-Pekka Salonen alla testa della Verbier Festival Orchestra.
Grazia, eleganza, energia è la triade di Esa-Pekka Salonen che affronta un programma impegnativo e magnetico ad iniziare dal “Till Eulenspiegels lustige Streiche, op.28” di Richard Strauss. Inizio che catalizza l’attenzione del pubblico, come sempre, numeroso, attento, competente. Il più estroso di tutti i poemi sinfonici di Strauss diventa nastro di luce che avvolge la Salle des Combins in un entusiasmante vortice sonoro.
Il protagonista di Till Eulenspiegel è una sorta di Faust, un turbolento inventore di burle in fuga perpetua da se stesso attraverso paesi e città. Strauss se ne innamorò assistendo nel 1889 a Weimar a una rappresentazione dell’opera Eulenspiegel di Cyrill Kistler e lo tradusse in un superbo poema sinfonico. Il favolistico “C’era una volta” iniziale viene tradotto in musica spingendo all’estremo la polifonia orchestrale in un gioco di colori, di ritmi, di intrecci, di variazioni figurate. L’orchestra con estrema precisione segue la direzione di Esa-Pekka Salonen agilissimo e scorrevole. Il suo piglio deciso guida il corpo orchestrale nella frenetica danza di Till che irrompe sulla piazza del mercato creando un’irrimediabile confusione, tra sinistri strepiti e risa sbellicate. E se prima si finge innamorato poi, si mostra interessato ai cinque luminari della scienza, musicalmente personificati da tre fagotti, clarinetto, basso e controfagotto che con grande efficacia e maestria affermano le brillanti qualità tecniche.
Sul palcoscenico la musica diventa visiva, evoca la fiaba e ci trasporta in un immaginario brillante. Till tra le note della Verbier Festival Orchestra, sembra vivere le proprie pulsioni, il turbinio del proprio spirito. Tutto segue un ritmo serrato fino all’epilogo dove con immensa dolcezza, il tema diviene un placido cantabile che introduce la radiosa ascesa liberatrice verso l’empireo dove lo spirito è vita. Orchestra e direttore sono un corpo solo che interpretano e insieme ripercorrono ogni palpitazione del suono assecondando l’animo di Till Eulenspiegel, dalla favola al reale sono musica infinita.
La serata continua con Les Nuits d’été di Hector Berlioz, accanto al direttore il mezzo-soprano Joyce Didonato, ed è magia, atmosfera, sensualità.
Les Nuits d’été traducono la sensibilità romantica per le atmosfere notturne, melanconiche, lugubri di Berlioz con estrema levità e sensibilità. È come se ogni nota, ogni respiro, ogni accordo ne sfumasse l’impalabile evanescenza in inafferrabili impressioni in fondo all’anima. Villanelle, prima delle sei mélodies delle Nuits d’été, è un’introduzione amabile e gaia alle ben diverse atmosfere delle successive liriche. La delicata raffinatezza dell’orchestrazione è resa al massimo livello e la voce della Didonato rende le imprevedibili soluzioni armoniche fresche e leggere.
Segue Le spectre de la rose, drammaticità, passione, nostalgia modulate dalla voce di Didonato in modo superbo e vibrante, l’orchestra riesce a creare una grande scena drammatica, che ricade sull’intero tessuto sonoro. In Sur les lagunes, la voce sottolinea invece il valore espressivo delle parole, quasi un recitativo che il gesto del direttore sembra accarezzare. Nessun effetto “speciale” per Absence, semplicemente desolata solitudine di chi è lontano dalla persona amata, l’atmosfera rimane immobile e sospesa, ambigua e angosciosa, che grava sull’ascoltatore fino alla fine, grazie alla melodia eseguita con garbo e sensibilità da ogni singolo orchestrale. Tutto scivola verso Au Cimetiere, Clair de Lune, fino al finale con L’ile Inconnue che chiude il ciclo con un tono più leggero. È come se tutto si frangiasse, il sogno del vero amore e dell’eterna felicità, diventano incerti, vani, un miraggio che flette la musica in un ampio raggio di registri espressivi che coinvolgono emotivamente il pubblico.
Seconda parte interamente dedicata alla Sinfonia n.3 in Mi bemolle M di Robert Schumann “Rhénane”, scritta a Düsseldorf, la città in cui gli Schumann si erano trasferiti, provenienti da Dresda, nel settembre del 1850. Il primo tempo, Vivace, di ampio respiro e molto slancio rilascia tutto il fascino della melodia schumanniana. Il secondo tempo in Do M, si presenta come un tema con tre variazioni e svetta in modo lineare e molto pulito. Il carattere del terzo tempo, scalda la platea ed evidenzia il feeling tra orchestra e direttore. Il quarto movimento, con la sua scrittura polifonica, è, invece, ispirato alla mistica atmosfera di una cattedrale gotica con la quale contrasta poi il clima gioioso e solare del Finale. Armonici contrasti resi sublimi momenti musicali da Esa-Pekka Salonen e della Verbier Festival Orchestra in una serata evocativa e dal grande fascino.
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di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(25/07/2015)
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