09/12/2009
Firenze – Quando il palcoscenico apre il suo spazio alla tradizione e alla creatività, il sipario si alza sulle emozioni suggellate dal Maggio Musicale Fiorentino in perle di musica che dispiegano l’inspiegabile. Al Teatro Comunale di Firenze due capolavori in un unico spettacolo la Carmen Suite, balletto in un atto di Alberto Alonso, e il “Il campanello” farsa in un atto di Gaetano Donizetti, corpo di ballo Maggio Danza, Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino.
La Carmendi Alonso fiancheggia la tensione del sentimento, vibra nell’eleganza dei gesti e sussulta nell’alito della passione. Un lirismo sulle punte perfettamente interpretato da Eleonora Abbagnato. Silenzio e suono, immobilità e movimento, l’anima irrequieta di Carmen disegna nuove dinamiche nella coreografia di Alonso, ripresa da Victor Barykin, quasi destrutturando e disarticolando la rappresentazione tipica, per poi ricomporla in una struggente poesia librata dall’espressività corporea.
Vita e morte si sfiorano con passi ferini, con arcate incrociate si allontano e si avvicinano dentro una corrida creata dalla scenografia essenziale e suggestiva da Boris Messerer. Nell’arena le tre figure principali, Carmen, Don Josè /Jean-Sebastian Colau e il Toreador/Bruno Milo: carica vitale che pulsa bruciando per una passione lacerata e tormentata, mentre un’ombra misteriosa in calzamaglia scura, s’insinua come un rimando alla tauromachia e al destino. E se Don Josè e il Toreador sembrano seguire sequenze rigide, la sensualità di Carmen irrompe con agilità guizzante, con scivolamenti esotici, con arabesque e aperture di gambe che avvolgono non solo i protagonisti, ma il senso stesso del fascino intrigante e della provocazione. Movimenti netti, quasi geometrici si flettono fuggono e sfuggono nella sinuosità di un travolgente phatos che conduce ad un languido e tragico finale, l’unico possibile, l’unico plausibile per il fascino mortifico di Carmen.
La partitura di Bizet rivisitata da Rodion Scedrin, egregiamente interpretata dall’orchestra del Maggio diretta da Fabrizio Maria Carminati, è irta di ritmi e di dinamiche capaci di evocare il temperamento, l’espressività e la quintessenza gitana del balletto, abilmente accresciuta dalla scenografia.
Intensa, raffinata, sensuale energia passionale nell’elaborazione della danza, il corpo seduce nella sua fusione con l’erotismo, ogni muscolo comunica impulsi di amore e morte mentre il reale tragico della gelosia attende. Sentimento che implora, affronta e trafigge se stesso trafiggendo il corpo dell’amata. Ora Carmen, come l’ultimo sospiro del cielo, si adagia dolcemente tra le ali della morte, esattamente come il toro giace a terra nell’arena.
Il destino, interpretato da Sabrina Vitangeli, ha sublimato la sua opera nel rosso e nel nero di una rappresentazione che del femminino inesplorato lambisce la soglia rendendolo sempre più pericolosamente desiderabile.
La platea esplode in un entusiasmante applauso e si appresta ad assistere alla piacevolezza teatrale della seconda parte “Il campanello” di Donizetti. Un’opera buffa in un unico atto è uno dei lavori più riusciti nel genere comico e fu accolta da un buon successo fin dal suo primo apparire.
Una storia semplice e divertente: Don Annibale Pistacchio, speziale in Forìa, alle porte di Napoli, sta festeggiando il proprio matrimonio con Serafina, una bella ragazza più giovane di lui e innamorata del cugino Enrico, deciso a riconquistarla. Don Annibale all’indomani mattina di buon’ora dovrà partire per Roma per assistere all’apertura di un testamento e con astute trovate, Enrico cerca di impedirgli di trascorrere la prima notte di nozze. Gli speziali del Regno, infatti, avevano obbligo di legge, pena il carcere, di rispondere alle chiamate notturne di chi avesse bisogno di cure.
La festa termina ed il “diabolico” piano ha inizio: suonando di continuo il famigerato campanello, entra in casa proponendosi in una girandola di travestimenti e fingendo di chiedere medicine per i più strani malanni. La notte scorre in fretta e al sopraggiungere dell’alba il povero Don Annibale parte, sollecitato dal premuroso Enrico, senza neppure essere entrato in camera da letto.
Strepitosa orchestra, ottima messa in scena, accattivante e coinvolgente Bruno de Simone nei panni di Don Annibale, che si cala nel carattere del personaggio con disinvoltura e padronanza. Buoni i recitativi, la presenza scenica e l’espressività di Stephanie Lewis/ Madama Rosa ( madre di Serafina) . Tecnica vocale, abilità interpretativa e maturità s’intravedono nell’interpretazione di Borja Quiza/ Enrico, mentre Ivanna Speranza/ Serafina, è spigliata e sostenuta nella sua piccola parte, il duetto con Enrico e il finale.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
Bluarte è su https://www.facebook.com/bluarte.rivista e su Twitter: @Bluarte1