Tra l’eccellenza dei Virtuosi
Trovesi e Galante
Coinvolgente morbidezza sonora che sorvola la musica classica
Verona – Sfumature jazz nella XII stagione concertistica dei Virtuosi Italiani, con il concerto tenutosi domenica scorsa a Verona presso la Sala Maffeiana. Protagonisti I Virtuosi Italiani con Gianluigi Trovesi clarinetto, Andrea Dulbecco percussioni, Emilio Galante flauto.
Jazz Notation, coinvolgente morbidezza sonora che sorvola la musica classica, sfiora la musica contemporanea, scivola nell’improvvisazione, semplicemente jazz nella fascinazione dell’interpretazione.
Contaminazioni di stili magistralmente eseguiti da ottimi musicisti, alle quali si sono affiancate le intense ed espressive composizione di Emilio Galante e Mario Pagotto. Due prime assolute diverse nella struttura, quanto simili nella forza carismatica del coinvolgimento emotivo.
Il concerto si snoda tra musiche appartenenti alla pura tradizione classica, arrangiamenti su composizioni dello stesso Trovesi e flessuose cadenze jazzistiche.
Jazz in scena, jazz, in primo piano, jazz sul fondale delle musiche di Monteverdi o della musica del ‘500 spogliata dei suoi tratti peculiari e arricchita da introduzioni, da cadenze, da dialoghi giocati sull’improvvisazione, poi, brani di musica colta europea e della tradizione popolare, con un occhio sornione su quella bergamasca.
Un concerto che lentamente lambisce atmosfere jazzistiche ma anche il romanticismo sottile di variazioni sviluppate sulle movenze di una danza di stili più che nel senso figurato.
Tra l’eccellenza dei Virtuosi due grandi musicisti, Trovesi e Galante, danno vita ad un lavoro intenso e variegato, espressivo ed improvvisato, talvolta proprio a partire dai nuclei tematici.
Raffinata, elegante, essenziale, un fascio di luce capace di farci intravedere una natura imperiosa o forse impetuosa nella sua essenza. E’ “There are not Seasons anymore” la composizione di Pagotto, nella quale riconosciamo il tema de “Le quattro stagioni” di Vivaldi e “La sagra della primavera” di Stravijnski. Distanze di epoche e di generi che trovano un punto d’incontro proprio in Stravinsky come ci spiega lo stesso Pagotto: << Si, la coesione sta nel riferirsi alla sua musica. Per Stravinskji, infatti la musica è un elemento che può essere ricercato, sviluppato, elaborato all’infinito, per esplicitare questo principio aveva coniato il termine di musica al quadrato. Un concetto che condivido perché non esistono delle barriere, delle concezione fisse, statiche, ancorate ad un qualcosa, tanto che Stravinskji a chi gli chiedeva se le piacesse la musica contemporanea diceva di amare solo la bella musica, ed in fondo è quella che ho cercato di creare >>.
Affondi, incursioni, sollecitazioni del passato e la musica rigenera musica. Lineare, dalle sonorità levigate, senza scossoni, senza impennate, senza rotture. Il materiale compositivo è ben organizzato, la forma è impeccabile e l’ascolto, molto gradevole, ci immerge nel risveglio della natura.
I musicisti vantano una grande dimestichezza con i relativi strumenti e ci restituiscono la sensazione che tutto si muova in superficie con estrema coerenza e semplicità mentre in profondità il suo sviluppo erompe evitando incroci pericolosi. Il compositore, continua Pagotto: << s’immagine sempre due cose quando scrive chi suonerà e chi ascolterà ed in questo caso, conoscere fin dall’origine la qualità professionale di chi esegue mi ha influenzato, in positivo perché ero sicuro che avrebbero estrapolato le sensazioni più belle ed espressive>> .
Il concerto va ascoltato con cura, seguendo il dipanarsi dell’interazione tra i musicisti, la spontaneità della creazione, ma è soprattutto in “Ah! Smirne” di Galante, che l’intreccio dei suoni, il cangiare delle atmosfere, le influenze arabe e dell’Est, si stratificano, vivificano e avvolgono il sensitivo, procurando una disarmante situazione emozionale. Alterazioni ritmiche dai quali scaturiscono un magma di grande intensità dinamica e una risoluzione lirico-trascendente, sottolineata dal contrabbasso e dalle percussioni.
Ritmi diversi, senso del ritmo diverso ma che piace perché come ci dice Galante: << riuscire a far diventare naturale le disomogeneità introduce nella musica qualcosa di molto vivo che attira l’attenzione, che sorprende di continuo >>.
Astrazione del suono e sul suono delle singole note, ora riprese, ora lasciate traspirare, compare in filigrana la poesia, parole, accenti verbali, continua Galante: << per fare capire meglio il significato, l’emozione di quel pezzo. La poesia aiuta, sottolinea, ma la musica è la protagonista >>.
E’ come per incidere sulla pelle sensibile della musica la verità del reale: solitudine, abbandono, sentimento lirico e struggente nel mordace della parole, nell’eclissi sonora del suono. Galante non solo compositore ma anche interprete: << una consuetudine, fino ad un secolo fa, poi è diventato anormale, ma da un po’ di tempo è ritornata la figura del compositore – interprete, questo ti permette di cambiare ad ogni esecuzione ciò che hai scritto, e come riscrivere ogni volta aggiungendo, modificando, insomma musica, emozione, l’infinito mentre esegui”.
I Virtuosi che dopo anni di musica insieme, hanno raggiunto una perfezione esecutiva davvero straordinaria, con gli altri musicisti ci hanno restituito un universo musicale estremamente versatile. Ritmi e melodie del repertorio classico conditi da fermenti jazzistici, ma sempre nella forma più rispettosa e affettuosa, grazie soprattutto ad una grande sensibilità e ad una straordinaria padronanza tecnica: pochi effetti speciali ma grande perizia e lavoro sui dettagli.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
10/11/2010
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