22/07/2009
Bolzano – Compagnie internazionali di altissimo livello si susseguono al Teatro comunale di Bolzano per dieci giorni di grandi emozioni. E l’emozione si liquefa in incandescenza tenebrosa nella prima nazionale di Ismael Ivo “La Notte di Dionisio”. Assolo-installazione tragicamente suggestivo nell’intenzione, tragico nella rappresentazione.
Un teatro – danza che cerca d’imprimersi nella memoria confondendo i confini delle due singole discipline.Vita – morte – rinascita, Ismael Ivo affronta, esce, entra nella figura di Dionisio sublimandolo e mortificandolo con un’apparente perdita di conoscenza corporea e da un recupero della conoscenza percettiva. Impronte psichiche “nell’installazione” di una spiritualità che irrompe più che nella danza nel teatro gestuale.
Da una vasca di plexiglas, colma d’acqua, su un piedistallo al centro della scena, Ivo emerge lentamente riassumendo in se la metamorfosi simbolica, l’evoluzione e l’involuzione dell’uomo, l’impatto sospeso tra emotività e tensione è affidato in gran parte alle immagini che scorrono sullo sfondo, mentre la voce baritonale di Rufus Wainwright che intona un “Agus Dei” sottolinea l’amaro supplizio che lo attende.
Proiezioni di tumulti di massa, in bianco e nero, caratterizzano il secondo quadro, quasi un teatro – immagine riassumere, tramandare, rielaborare, l’azione simbolica che un “Dio” forse troppo assorto a celebrare se stesso, non traduce in assimilazione e reazione.
La scena si concentra su e attorno ad un divano rosso gonfiabile, Ismael come per allontanare, ignorare le ferite aperte dal male, le lacerazioni sulla pelle altrui si muove nella meditazione felpata di movimenti che tradiscono una lotta interiore. Concettualmente espressionista ed impegnato Ismael Ivo non aggiunge nulla di nuovo o di innovativo allo spettacolo, ma si limita a sottolineare la sua presenza scenica.
L’ebbrezza implode nella visceralità del tormento implorando di allontanare questo “calice di vino”, sangue rigonfio di vita in equilibrio tra lo strazio e l’estasi. Tutto dilaga nel rosso, flusso vitale caldeo e gelido, inferno e bagno lustrale insieme. Al limite della ieraticità il corpo si separa dal Dio, brinda con il pubblico e crocifigge il perpetuo nel non – corpo.
Il rosso, il colore della passione, della vita, inonda il palcoscenico, gocciolando in energia, scivolando in tensione, determinazione, trionfo puro solcato da lingue di arcaica forza mai dimentica dell’origine. Un significato profondo che dal corpo di Ivo assume forma materiale in contrasto con il suono vorticoso, con la musica assordante di una liturgia cosmica pronta a rilanciare se stessa attraverso le membra di Ivo, imprigionate nella sua stessa coreografia irta di tensione emotiva. Provocazione o induzione alla riflessione?
Troppi “Dionisi” tra miti e simboli rivivono in evocazioni scenografiche, coreografiche, teatrali e sensoriali, per ora e per sempre il reale e lo spirituale continuano il loro viaggio parallelo veicolando, senza ricorrere a troppi effetti scenici, il senso compiuto del già interiorizzato.
© Produzione riservata – Antonella Iozzo
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