Libiamo ne’lieti calici il dolce fremito della Traviata alla Bavarian State Opera per il Per il Munich Opera Festival 2013
di Antonella Iozzo
Monaco di Baviera (D) – Per il Munich Opera Festival 2013 un’entusiasmante Traviata prodotta con gusto e raffinatezza da Günter Krämer conquista e ammalia il pubblico.
Opera di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave. Ispirata dalla “Dame aux camelia” di Alexandre Dumas figlio, nel febbraio 1852: la parabola amorosa di Alphonsine Duplessis, una delle più celebri cortigiane parigine, morta ventitreenne, aveva a dir poco elettrizzato Verdi, nonostante i pareri sfavorevoli dei benpensanti.
Siamo nella Parigi di metà Ottocento, durante una festa a casa di Violetta Valéry, donna mondana, la cui salute è gravemente minata, il nobile Gastone le presenta Alfredo. Mentre danzano, il giovane le dichiara tutto il suo amore e Violetta gli regala una camelia: rivedrà Alfredo solo quando sarà appassita. Per la prima volta Violetta è innamorata.
Alfredo e Violetta Valéry vivono felici in una villa di campagna, ma Violetta riceve la visita inattesa del padre di Alfredo, Giorgio Germont che l’accusa di condurre il figlio alla miseria. Violetta replica di non avere mai chiesto nulla ad Alfredo, ma Giorgio non rinuncia al suo proposito di separarli. Violetta abbandona Alfredo, che è colto da gelosia. Violetta riappare ad una festa ed implora Alfredo di lasciare la casa, Alfredo lo farà ma solo se lei lo seguirà. Violetta, pur di non rivelare il colloquio che ebbe con suo padre, racconta di essere ancora innamorata del suo ex amante. Alfredo s’indigna, la tratta da prostituta.
La salute di Violetta peggiora, non può più alzarsi dal suo letto, ma le giunge la lettera di Germont: finalmente, ha deciso di spiegare tutto a suo figlio. Alfredo commosso la raggiunge, è al suo capezzale insieme al padre, profondamente pentito. La tisi non demorde e uccide Violetta sotto i loro occhi, in un clima di acuto dolore.
La scenografia elegante, funzionale, ed essenziale, riporta gli elementi basilari dell’opera: il gioco, il vizio, il divertimento, la leggerezza, un passaggio rapido sull’ambiente di Violetta assidua frequentatrice dei nobili salotti parigini, prima di passare alla sobria eleganza del salone in cui si svolge la festa del primo atto: gli ospiti allegri e abbigliati da gran sera si accordano perfettamente con la frizzante e vivace musica di Verdi, che esplode di pennellate briose e coinvolgenti durante il celebre brindisi.
Suprema nel ruolo di Violetta, Marina Rebeka, la sua recitazione eccellente traccia un ritratto completo della cortigiana più famosa di tutti i tempi. Con disinvoltura scenica e sicurezza interpretativa duetta nel primo atto con Alfredo (Un dì felice, eterea), per poi calibrare bene i registi nell’aria successiva (Ah fors’è lui che l’anima). La sua spiccata musicalità sembra quasi rinascere nella cadenza finale del (Sempre libera degg’io). È un crescendo di qualità interpretative che affrontano con assoluta padronanza il duetto con Alfredo fino alla struggente aria del terzo atto (Addio del passato bei sogni ridenti), pura elegia capace di ricamare il tessuto dell’anima. Di notevole intensità drammatica. Saimir Pirgu (Alfredo) duttile, raffinato, scenicamente ben partecipe. La sua voce giovanile e sonora, corposamente timbrata in tutta l’estensione, gli consente di spaziare con padronanza colori in tutta la tessitura. Simon Keenlyside (Giorgio Germont) è un buon baritono, il suo caldo timbro ben s’adatta alla tradizionale scrittura baritonale, con magnifici vibrati, tornitura del fraseggio e brillantezza ci regala magnifici duetti con Violetta, fino al terzo atto quando appare affranto e distrutto, un sentimento rinsaldato magnificamente dall’orchestra e dal direttore. Ottimo il coro della Bayerischen Staatsoper diretto da Sores Eckhoff, relazionato benissimo ai protagonisti con ritmo serrato e perfetti staccati.
Silvia Hauer nel ruolo di Annina, è intensa negli accenti e limpida nella linea di canto. Voce di bella rotondità, che offre una prova di buon rilievo. Irruente e buona presenza scenica invece per la Flora di Hieke Grotzinger.
Direzione di Dan Ettinger è precisa, puntuale, raffinata, riesce ad assecondare le intime palpitazioni del suono traendo la massima forza e qualità interpretativa dalla Bayerischen Staatsorchester. Il suono è garbato e ben temperato, i colori sono resi con vivida partecipazione e l’equilibrio tra palcoscenico e buca orchestrale è sempre impeccabile. Molto significativi e incisivi i preludi al primo e terzo atto, in cui Ettinger esalta il suono malinconico e delicato degli archi. La cura dei dettagli, poi esalta la sostanza espressiva per un finale malinconico e pervaso dalla purezza dei sentimenti.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione Riservata
(12/07/2013)
Foto: Marina Rebeka in Violetta ©Wilfried Hösl
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