Mauro Maur, la voce della mia tromba, dopo quasi 50 anni di frequentazione assidua, è sempre di più la mia stessa voce. Ennio Morricone mi ha regalato molte gioie e soddisfazioni. Credo che pochi compositori al mondo abbiano capito la luce speciale che tramite la tromba si possa ottenere…
di Antonella Iozzo
Mauro Maur, virtuoso della tromba, distende nella memoria la bellezza dell’inafferrabile. Concertista internazionale esprime con intuito ed onesta, eleganza e sensibilità l’armonia di un pensiero musicale che racchiude in sé l’essenza del suo compositore. Confluenze di umana percezione ed estro creativo in un attimo eterno di pura verità espressa dalla voce sensuale quanto acuta, lirica, quanto carismatica della tromba.
Come ha capito che sarebbe stata la tromba la sua anima musicale?
La tromba non è la mia anima musicale. La tromba è lo strumento che impiega la mia persona per esprimere il linguaggio musicale che è, in effetti, il modo in cui esprimo al meglio le cose che io ho dentro. Non ho mai capito perché sia stata la tromba lo strumento che io ho scelto quando avevo otto anni. Forse, perché era il solo che rimaneva nella scuola di musica del ricreatorio (ero arrivato tardi) ma anche, me lo ricordo bene, perché riuscii a fare qualche nota quasi subito e questo mi lasciò un’impressione veramente indelebile. Poi, per diversi anni, mi rifiutavo di imparare a leggere la musica e dunque dovevo suonare tutto a orecchio, ovvero imitare ciò che facevano gli altri, sviluppare la memoria e ascoltare bene come si muovevano le melodie. Credo che sia stata un’esperienza molto formativa. Nella mia vita, più che le musiche, mi hanno impressionato, e tuttora è così, le persone che fanno musica, più che i brani in sé. Trovo affascinante la persona che crea un capolavoro o che ci prova e poi, chi in seguito dà vita a questa musica eseguendola davanti al pubblico.
Nel suo curriculum figurano molte orchestre prestigiose, ricordiamo che, fra l’altro, è stato prima tromba al Teatro dell’Opera di Roma. Su che accordi si muove il rapporto con il pubblico, con lo strumento e con se stesso, quando suona da solista nelle più importanti sale da concerto del mondo?
La musica si svolge sempre grazie a un pubblico che ascolta e la qualità dell’energia che accadono tra gli esecutori e il pubblico crea la magia di un’esecuzione. Il rapporto con lo strumento dell’esecutore è un affare personale, deve gestire come meglio può, trovando la maniera migliore di trasformare la tecnica in musica. E’ semplice e anche terribile. Maria Callas disse che quando aveva il controllo completo della sua voce, cantare era un’estasi! Penso che ognuno di noi cerchi questi momenti speciali nei quali non solo si conquista il pubblico ma ci si fa apprezzare ed amare da queste persone che vivono un momento che sentono certamente speciale quando accade un concerto.
Molti grandi maestri come Muti, Bernstein, Ozawa, Boulez, Domingo, Valdambrini, solo per citarne alcuni, sono stati il corollario della sua intensa attività professionale. Un ricordo, un’esperienza legata ad un musicista in particolare?Ognuno di questi meravigliosi musicisti da Lei citati ha lasciato certamente qualche cosa dentro di me, penso, all’inflessibilità e la severità e la gentilezza di Riccardo Muti, alla gentile pazzia di Bernstein, alla splendida tecnica e leggerezza di S. Ozawa, alla filosofia affascinante di Boulez, alla magia della voce incantevole di Placido Domingo.
Ricordo in particolare una “Tosca” nella quale cantava Pavarotti e dirigeva Domingo, che curava con grande serietà i suoi attacchi agli ottoni. Del meraviglioso trombettista Oscar Valdambrini posso dire che era l’eleganza sopraffina e aveva un modo meraviglioso di trasmettere con poche note i suoi pensieri. Mi ha dato tantissimo. Anche Nini Rosso mi ha aiutato tanto perché mi ha fatto vedere molto della sua splendida e semplice persona. Sono stati degli insegnamenti che porto tutt’ora molto chiari nel cuore.
Ha collaborato per più di 18 anni con Ennio Morricone che le ha dedicato molti assoli dei suoi film e anche il suo concerto per tromba e orchestra. Ci parli sinteticamente di questo rapporto tra musica e sentimento.
Ennio Morricone mi ha regalato molte gioie e soddisfazioni. Credo che pochi compositori al mondo abbiano capito la luce speciale che tramite la tromba si possa ottenere. Ma bisogna suonarla in un certo modo ed avere la flessibilità per cambiare il pensiero quasi da un momento all’altro. Con la tromba, ciò significa cambiare anche fisicamente, e dunque bisogna essere pronti per questo compito. Forse questo è il motivo per il quale io ho avuto questo rapporto con il Maestro Morricone e mi sia stato dedicato da lui questo magnifico Concerto per tromba e orchestra. Sembra che ci sia una parola per ogni nota.
E l’amicizia con Federico Fellini che musicalità ha rilasciato?
Arrivai a Roma nel 1985 e immagino, come tutti, mi innamorai di questa splendida città e anche del modo insolito e un poco irrispettoso in cui ci si vive. Federico Fellini e Giulietta Masina, quando li incontrai, non mi sembravano neanche reali. Mi sembrava quasi di essere davanti a un televisore, era così che li avevo sempre visti. Lui, al quale domandavo sempre di Nino Rota, pareva incuriosito, un pochino, anche da me che mi interessavo meno di lui che dell’insieme dei suoi lavori. Giulietta Masina, che donna meravigliosa e tenera, veniva sempre al Teatro dell’Opera. Un giorno, addirittura, fummo insieme in palcoscenico, lei chiamata al saluto finale con io che suonavo il tema di Gelsomina dalla Strada. Suono sempre le musiche di Fellini dico, ma sono scritte da Nino Rota. Credevo che lui comandasse anche la mente degli altri. Pare che fosse andato sino a Torino, a conoscere Rol per intuire questo supremo meccanismo. A vedere i risultati, certamente aveva qualcosa di ipnotico in se, mi scrutava, brevemente, e poi magari passava ad altro, ma non posso dimenticare il tono gentile della sua voce, il suo sguardo così sottile e questo fare ammaliante che faceva fare, come in uno stato speciale, tutto ciò che lui comandava.
Mauro Maur e Francoise De Clossey, raffinata pianista italo canadese, un due perfetto non solo sulle scene. Armonici disaccordi di un rapporto così “musicale”.
Francoise è una splendida musicista e una splendida donna! Io poi, sono innamorato di lei ma ciò non semplifica la faccenda di fare musica insieme. E’ come essere in cucina e decidere quanto sale vada messo su una pietanza oppure quali ingredienti servano a raffinare meglio un piatto delicato. Nella musica insieme, tutto ciò accade in tanti e diversi risvolti ogni momento. Il discorso musicale è proprio come una discussione, come una conferenza, con pareri diversi e idee anche a volte discordanti. Ma la cosa splendida è che una tensione benefica e un cozzare di idee diverse risultano estremamente vivificanti e interessanti per la musica. L’armonia qualche volta può risultare noiosa e lo stridere di alcune forze ben accordate crea dei bei risultati. Sono fortunato, Francoise mi capisce molto bene e vive quasi con delizia le mie visioni musicali che anche cambiano, abbastanza spesso, ma avendo un’idea solida di come debba suonare la musica, lei riesce ad accettare e a sostenere in una maniera meravigliosa ciò che io le propongo, e lo fa con grandissima capacità. E’ veramente splendida!
Dove ci condurrà la voce della sua tromba?
La voce della mia tromba, dopo quasi 50 anni di frequentazione assidua, è sempre di più la mia stessa voce, intendo con ciò dire che come ogni cosa, il proprio strumento ubbidisce alle leggi fisiche, alle giornate speciali e a quelle più comuni. Certamente, lo strumento che mi accompagna da ormai tutta una vita fa parte di me come se fosse la mia propria voce. Insomma, mi esprimo attraverso di essa ed immagino, che molte cose che io voglio dire arrivino a destinazione e spero che giungano nel modo in cui io le penso, questa è la mia speranza e il mio sentimento. Poi, molte delle cose che faccio sono per me e la mia vanità, ma non mi basta contentare me stesso, naturalmente, e dunque, cerco di farmi amare e con la tromba, e grazie a tante tante composizioni che mi sono state anche dedicate, ce la metto tutta perché questo accada in ogni momento in cui io suono. Caspita, mi pare una confessione in piena regola. Ciao a tutti!
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(01/09/2015)
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