Petruska, una danza di emozioni imprigionate nel corpo di una marionetta che con Stravinskij divengono spettacolo, esplosione in una grande varietà di motivi. Una musica infinita che brinda al continuo evolversi dell’istante in un tempo che si degusta a piccoli sorsi.
di Antonella Iozzo
Petruska, burlesque in quattro scene di Igor Stravinskij dalla forma musicale all’esperienza multisensoriale attraverso in un’avventura artistica dalle differenti vesti e dai mutevoli vettori inventivi. È la consapevolezza di vivere in un’epoca marcata da profondi cambiamenti e la sua capacità d rinnovarsi continuamente attraverso stili, gesti e figure che sviluppano rivoluzionari espressioni di vivere il molteplice nell’unità delle arti. Dall’arte musicale a quella enoica un itinerario che arriverà all’esprit d’artifice del reale, tutto da degustare.
Petruska è un burattino del teatro popolare russo, presente negli antichi spettacoli di cantastorie (gli skomorochi), un personaggio spavaldo e manesco, dal linguaggio schietto, che in Stravinskij assunse caratteri intimistici e tragici. Una sorta di Pierrot, un “essere” inanimato che prova l’impossibile desiderio di avere una vita umana.
Vivere e percepire con tutto le fibre del proprio corpo le innumerevoli sfumature dei sentimenti, movimenti tellurici che la forza sconvolgente del vino rende ardore, passione, follia. È un penetrare fin nelle vene di quella coscienza musicale che seduce lo spirito intrattenendolo in una amichevole conversazione sul quell’unica realtà conoscibile per l’uomo e che risuona come vera e autentica in Petruska.
Fantasia e leggenda entrano in scena come fondale la città di Pietroburgo, in primo piano la piazza dell’Ammiragliato. È qui che durante le feste della settimana grassa, un Ciarlatano presenta al pubblico i suoi burattini animati, Petruska, la Ballerina e il Moro. Petruska, il più sensibile si innamora della Ballerina che però preferisce il fascinoso Moro. Il bel tenebroso cela un animo crudele e nella confusione del Carnevale, uccide Petruska.
L’amore, l’inganno, la teatralità di una realtà che non poggia su nulla, persa nell’abisso silente della vacuità, del controllo supremo, della tradizionale predisposizione all’edonismo del super uomo. Essenze culturali e invenzioni musicali, vicende del cuore e racconti della terra, percorsi paralleli secondo una linea di fuga che arriverà all’inudibile, all’invisibile, che spinge la saggezza nata dal calice ad allontanare le inquietudine e brindare ai diletti dei mortali con piccoli sorsi che stillano la forza sconvolgente di una passione mai spenta e di un ardore che inarca e travolge come l’energia primordiale, sembra impossibile che tutto questo possa nascere, evolversi e danzare in un calice di Cabernet Sauvignon, Kenwood Vineyards “Jack London”. Audace, caldo e intenso con intensi aromi di amarena e ribes e note di fave di cacao tostate ha una persistenza lunga ed elegante che disegna un’atmosfera improvvisamente misteriosa, che introduce la Danza Russa nella prima parte di Petruska, la Festa popolare della settimana grassa.
Arte ed etica si muovono in equilibrio secondo un orine dinamico e insieme geometrico e se da un lato formano agglutinazione sonore dall’altro divengono espressione, voce della natura nella nell’ebbrezza liquida del vino.
Una danza di emozioni imprigionate nel corpo di una marionetta che con Stravinskij divengono spettacolo, esplosione in una grande varietà di motivi, stilisticamente diversi. Una sorta di collage, dalla musica da fiera, popolaresca e sfrenata, agli echi di canzonette e di marce, dai valzer e dalle polke alle musiche da cabaret. Un caleidoscopio sonoro che collima perfettamente con le pulsazioni dell’animo umano, con i ritmi multipli del contemporaneo, di un caos organizzato che diventa cellula germinale del nostro vivere. Sentimenti che si dispongono nell’ordine sparso di un perfetto perlage quello del Giulio Ferrari, Trento Spumante Brut Riserva del Fondatore 2007, brillante e limpido, richiama a se l’attenzione con un attacco deciso, elegante e armonico. Una cascata fresca e vitale che lascia posto al sofisticato gioco combinatorio di Stravinskij lucida passione, delirante ragione, un sorso, un attimo, un amplesso sonoro.
Pagine brillanti di una partitura che ci conduce fino al pas de deux della Ballerina e del Moro bruscamente interrotto dall’arrivo di Petruska, che piomba nella stanza con il suo tema “gridato” dalla tromba. Ma il Moro lo affronta e lo insegue, su un movimento rapido e staccato di archi e legni, che si conclude con violenti accordi sincopati.
Il tessuto musicale è ridotto in pezzi discontinui, una decostruzione che porta Stravinskij a una diversa ricomposizione. Un vibrante, ossessivo momento del tempo. Un flusso di scorrimento discontinuo che ci proietta in una dimensione disarmante, che interrompe il reale e al tempo stesso lo evoca. Una verità che la luce di un calice riconduce sulla via della consapevolezza sensoriale come il Bastianich Vespa Bianco 2016. La sua mineralità si diffonde come sonorità precise, limpide, spiritualmente eterei e moralmente edificanti. È la forza di un valore che sprigiona la sua forza nella trasparenza della sua lucentezza.
Relazioni musicali stranianti quasi a sottolineare quelle umanizzate che si sviluppano fra il burattino e gli altri personaggi del balletto in un finale introdotto dal tamburo che riporta al brulichio orchestrale della festa. Questo crescendo sfocia alla fine in un assolo della tromba non è altro che Petruska inseguito dal Moro che lo raggiunge e lo colpisce a morte, fra l’orrore dei presenti ai quali il Ciarlatano spiega che si tratta solo di una marionetta, mostrando la testa di legno e il corpo pieno di segatura.
Onirica visione, reale che penetra nel tessuto connettivo del sensibile, bisogno di verità, amore e valori. Un atto di fede che trafigge ciò che l’occhio vede e la coscienza infiamma. L’audacia Stravinskij costruisce blocchi sonori ossessivi, pulsazioni che disgregano e poi rinsaldano la massa sonora in un’architettura intrinseca fin quando la trama uniforme dei corni, diviene un agghiacciante visione è il fantasma di Petruska che compare sul tetto del teatrino, facendo sberleffi, mentre tutto svanisce in un enigmatico motivo di quattro note pizzicate degli archi.
Sfuma la mortale sensazione che attanaglia l’anima e tormenta la ragione. La realtà diventa un illusione o forse viceversa ma il futuro proietta le ombre del passato come tanti burattini che inseguono l’ispirazione della vita: sognare, creare, credere nell’immenso. Vorticoso amore che celebra l’attimo eterno in un calice di un La Grola Allegrini 2016 Limited Edition, Cru straordinario che porta in se il carattere dei vitigni autoctoni della Valpolicella. Un rosso rubino scuro caldo avvolgente il cui suo interiore si espande come un assolo di violoncello. Poi, le note fruttate riscrivono gli accordi con i toni speziati per figure sonore che sfumandosi l’una nell’altra rilasciano una lunga e profonda persistenza.
Petruska, se l’idea iniziale di Stravinsky era di scrivere una pagina puramente strumentale dove il pianoforte avesse una parte predominante, il risultato finale è una burlesque in quattro scene in cui l’orchestra cavalca l’energia vitale, la forza travolgente di un burattino scatenato che, con le sue diaboliche cascate di arpeggi, esaspera la pazienza dell’orchestra. Un continuo rilancio, una frenetica corsa che sprigiona le forze dell’universo, le stesse, accuratamente, celate in noi, ma quando il suono interiore dell’anima risveglia il nostro burattino l’esistenza richiama i valori e la bellezza per una musica infinita che brinda al continuo evolversi dell’istante in un tempo che si degusta a piccoli sorsi percependo l’ode della terra alla vita che verrà.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(13/05/2020)
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