Pierre Boulez al Ravenna Festival 2009

 

 

 

L’Orchestre De Paris e il Choeur de l’orchestre De Paris

al Ravenna Festival 2009

diretti da  Pierre Boulez

 

 

Boulez_Pierre_Ravenna_2009Ravenna Festival 2009, vent’anni di emozioni sotto il segno della musica, un capolavoro nato dalla passione e consolidato dal tempo al quale grandi maestri hanno regalato pennellate di sensibilità culturale.

Un compleanno che porta in sè gesti d’inafferrabile musicalità  e che nonostante siano ormai storia, continuano ad “abitare”  il presente proiettandosi nel futuro.   Gesti che partono dal cuore di animi nobili come quello del maestro Pierre Boulez che è stato tra i primi a dar voce sonora all’etica della Fondazione e che lunedì scorso, al Palazzo Mauro De Andrè di Ravenna ha diretto, in un meraviglioso concerto, l’Orchestre De Paris e il Choeur de l’orchestre De Paris. A Boulez  la Fondazione ha consegnato il premio del ventennale, un’opera creata da un artista ravennate, Bravura,  che riproduce una fontana esistente a Ravenna ed a Beirut, segno di pace e fratellanza.

Pierre Boulez compositore, direttore, insegnate, saggista, mente aperta, creativa, attenta ed incline alla diffusione della musica contemporanea, incide la materia musicale e contribuisce alla sua evoluzione, la musica dopo Boulez non è più la stessa, attraverso la sua composizione ed interpretazione rimane fedele a sé stessa , questa, in sintesi la motivazione del premio.

Per il concerto un programma di rara esecuzione e di sconvolgente bellezza: Igor Stravinskij, Sinfonie per strumenti a fiato (in memoria di Claude Debussy; versione del 1947 ),  Sinfonia di salmi per coro e orchestra (versione del 1948) e Leós Janácek Messa glagolitica, due rocce di spigolosa durezza sprofondate in una placenta siderale.

La morte di Claude Debussy turba profondamente Stravinskij  che scrive queste pagine non come uno straziante addio, ma come un’essenziale, lucida, trasposizione del dolore nella ritualità di un eterno che suggella, senza cadere nel drammatico delle passioni umane, un bassorilievo scavato tra le fibre più remote dell’esistente.

Boulez_Pierre_Ravenna_POttima esecuzione, fiati perfetti, ritmo intenso, quasi un dialogo che gravita tra le maglie del tempo, mutato, sotto l’impulso di Boulez, in un “Indicibile” lieve e magmatico, magistralmente scolpito dall’orchestra. Si continua conla Sinfonia di salmi, drammatica, tenebrosa, tormentata idea di morte che sotto un velo di bieca malinconia emerge e squarcia lo svolgimento artistico di Stravinskij. Una sinfonia che non ha la forma classica della sinfonia, ma percorre terreni scoscesi, sentieri ripidi, strade tortuose fino ad esplorare i confini dell’animo, dando luce ad una creatura sonora di pura essenzialità e per la quale solo i salmi potevano essere un testo idoneo. L’umano e l’invisibile in tre movimenti, come per dire supplica, speranza e lode, l’intimo in fondo all’anima letto dalla musica e rivelato dalle qualità dell’organico strumentale che con i pianoforti determinanti la forza timbrica, l’assenza degli archi acuti ed il prevalere degli staccati metallici sui lirismi espressivi, ne aumenta la vigorosità e la forza.

La seconda parte è interamente dedicata alla Messa glagolitica di Janácek, sul palcoscenico il coro, l’orchestra, i solisti, Pierre Boulez, una visione che si apre ai nostri occhi come preludio di un’evocazione sonora irta di tensione. Una tempesta, un primordiale atto di creatività tradotto in fede morale e panteistica da Janácek. L’interpretazione è sublime, ardente, un suono ora grumoso, ora impregnato di memoria, terra e cielo, ebbrezza ed dolore, archi che non spezzano mai il canto struggente nemmeno con quei pizzicati vigorosi, cangianti e imprendibili.

Negli strumenti a fiati poi, c’è tutta la violenza, quasi primitiva disposta a tramutarsi in celebrazioni di luce quando il coro rilancia speranze e preclude rimpianti.

I solisti:  Melanie Diener soprano, Anna Stephany mezzosoprano, Simon O’Neill  tenore, Peter Fried basso, sono interpreti vocali di qualità strepitosa, dotati da un grande fecondità tecnica, arditezza espressionistica, impeto, voci che svettano verso l’altro nei registri acuti fino all’estremo e poi ricadono in sensualità arcaica  per un magnetismo che si rinnova in ogni respiro. Prorompente, vorticoso, barbarico ritmo, sostenuto con enfasi dall’intera orchestra, quasi un orgia sabbatica più che una messa eclissatesi nell’energica incisività, sul finale, dell’organo, irrefrenabile atto di impetuosità  ancestrale.

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
01/07/2009

 

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