Mozart, clemenza e potere per la premiere del Festwochen der Alten Musik di Innsbruck. Mirabile, perfetta e lucida interpretazione del maestro De Marchi e dell‘orchestra Academia Montis Regalis, splendido cast di cantanti,regia visivamente accattivante.
di Antonella Iozzo
Innsbruck (A) – Suoni barocchi a Innsbruck dal 7 al 25 agosto 2013 con il Festwochen der Alten Musik che ha aperto le danze al Tirol Landestheater mercoledì 7 agosto con l’opera mozartiana “La clemenza di Tito”, naturalmente con il coro e l‘orchestra Academia Montis Regalis direttore Alessandro De Marchi, non solo presenze storiche del Festival quanto sua massima espressione. L’opera fu composta da Mozart nel 1791 per l’incoronazione di Leopoldo II d’Asburgo a re di Boemia, sulla base di un libretto di Metastasio rielaborato da Caterino Mazzolà, poeta di corte del Principe Elettore di Sassonia. Tutto si basa sulla figura dell’imperatore romano Tito, che riuscito miracolosamente a salvarsi da una congiura, scopre i traditori, li condanna, ma alla fine, con un atto di clemenza, perdona tutti. Siamo a due anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, e Mozart sembra rivolgere agli uomini di potere invitandoli ad un profondo rinnovamento tra le classi sociali.
La mirabile, perfetta e lucida interpretazione del maestro De Marchi esalta il sottile equilibrio creato da Mozart tra ragione e affetti, tra parole e musica, tra potere e individuo, tra dovere e libertà. La parola chiave è armonia capace di plasmare scoscesi contrasti solo così il registro enfatico e tempestoso da una parte e quello idillico e ironico dall’altra, si snodano, si delineano, s’integrano vicendevolmente nelle arie, nei duetti e nei terzetti con intensa dolcezza o con commovente drammaticità. Un lungo scavo che incalza avvolto magistralmente dalla grandiosità trascinante del coro come pure dai recitativi sostenuti morbidamente dal solo violoncello prima di srotolarsi nel tappeto sonoro dell’intera orchestra che inizia dalle prime battute. La principessa Vitellia chiede a Sesto, amico dell’imperatore Tito, di uccidere quest’ultimo, per vendicarla del fatto che l’Imperatore non l’ha scelta come imperatrice, preferendo una straniera, la regina Berenice. Sesto esita, ma, pur di compiacere Vitellia, della quale è innamorato, acconsente.
Tito allontana Berenice da Roma e Vitellia ricomincia a sperare sospendendo la vendetta.
Il popolo acclama l’Imperatore Tito e invoca su di lui la protezione degli Dei. Tito confida agli amici Sesto e Annio di voler sposare una nobile romana: Servilia, sorella di Sesto, di cui l’amico Annio è innamorato. Annio rivela all’amata che l’Imperatore ha intenzione di sposarla. Servilia, a sua volta, informa l’Imperatore del suo amore per Annio e Tito, commosso dalla sua sincerità, le promette appoggio per favorire la sua unione mentre pensa di sposare Vitellia. Quest’ultima ignara di ciò esige vendetta e rinnova a Sesto l’ordine di uccidere l’Imperatore e di bruciare il Campidoglio. Quando viene informata dallo stesso Annio dell’intenzione dell’imperatore, vorrebbe fermare Sesto, ma ormai è troppo tardi, già le fiamme si sprigionano dal Campidoglio.
Un primo atto che mette in evidenza uno splendido cast di cantanti, guidati dal brillante mezzosoprano Kate Aldrich nel ruolo di Sesto, riuscendo a tratteggiare un carattere drammaticamente diviso tra la genuina amicizia per l’imperatore e la sua infatuazione per Vitellia, una lacerazione di sentimento che Aldrich ha interpretato con la massima tensione emotiva. La regia Christoph von Bernuth è essenziale, imponente e maestosa nella sua semplicità, accattivante visivamente. Per tutto il primo atto una sedia immensa troneggia sul palcoscenico. Simbolo di un potere che sovrasta ogni cosa, che brucia i sentimenti e rinasce dalla vendetta.
Si alza il sipario sul secondo atto, grigio cenere è il colore dominante. Adesso l’azione si svolge all’interno del Campidoglio bruciato, lacerti di palazzo e brandelli di coscienza, emergono come anfratti sfuggiti alle fiamme degli impulsi umani. Bieca verità che s’insinua nel domani perché l’imperatore Tito è vivo. Annio lo rivela all’amico Sesto che, pentito del suo comportamento confida all’amico la sua azione.
Sesto vorrebbe allontanarsi da Roma, ma l’amico lo esorta a rimanere e lo invita a confessare la sua colpa all’Imperatore e a chiedergli perdono, sopraggiunge Publio, il prefetto che ha ricevuto l’ordine di arrestare il colpevole.
Molti dubbi assalgono l’Imperatore Tito e decide di parlare apertamente con Sesto, che finora gli aveva sempre dimostrato fedeltà e amicizia. Il colloquio è sofferto, straziante, ferisce come una lama affilata, è pentimento, tormento, amore e promesse mantenute, infatti, per proteggere Vitellia, non vuole rivelare il suo nome all’Imperatore Tito incapace di firmare il documento; in lui prevalgono i sentimenti di amicizia e di pietà e straccia quindi la bolla di condanna.
Annio e Servilia supplicano Vitellia di intervenire presso l’Imperatore per chiedere la grazia la principessa viene così a sapere che Sesto non l’ha tradita e decide allora di confessare la sua colpa all’Imperatore. Nell’arena, davanti al popolo che attende l’esecuzione della condanna, Tito comanda che Sesto sia condotto davanti a lui, nello stesso momento Vitellia confessa la sua colpa.
L’imperatore Tito, dimostrando la sua grande generosità, concede a entrambi il suo perdono.
In questo secondo atto il mezzosoprano Ann-Beth Solvang nel ruolo di Annio, ha cantato splendidamente, la sua recitazione è stata irreprensibile. La qualità brillante della voce di Solvang ha esaltato ogni espressione del personaggio.
Deciso, convincete e con un ottimo fraseggio e autorevolezza scenica il baritono Marcell Bakonyi in Publio.
Le doti delicate e sfumate del soprano Dana Marbach nel ruolo di Servilia sembrano particolarmente adatte al lieder di Servilia, ma la sua notevole potenza sapientemente celata trionfa quando Mozart le dona la possibilità espressiva.
Il soprano Nina Bernsteiner nel ruolo di Vitellia conserva una certa forza e incisività, riesce anche con la voce e le movenze a dare un certo fascino a Vitellia che ora esalta la sua natura di femme fatale ora si strugge nel rimorso, e nei sensi di colpa.
Il tenore italiano Carlo Allemano nel ruolo di Tito dalla piacevole voce, ha dato il meglio di sè soprattutto nel secondo atto. Presenza scenica in linea con la sua espressività composta e raccolta voce salda ha ricamato notevolmente ed emotivamente il carattere di Tito, perdono, amicizia, clemenza.
Domenica 11 agosto, ultima rappresentazione, un’occasione da non perdere. Prossimi appuntamenti Venus und Adonis di Blow/Purcelli, il 14, 17 1 19 agosto e L’Euridice di Caccini, il 23 e il 25 agosto.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione Riservata
(09/08/2013)
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Foto:
Nina Bernsteiner (Vitellia) © Rupert Larl, Innsbrucker Festwochen
Carlo Allemano auf dem Stuhl (Tito Vespasiano), Ann-Beth Solvang (Annio), Marcell Bakonyi (Publio), Kate Aldrich (Sesto), Chor der Academia Montis Regalis und Statisterie
© Rupert Larl, Innsbrucker Festwochen
Marcell Bakonyi (Publio), Kate Aldrich (Sesto) und Carlo Allemano (Tito Vespasiano) v.l.n.r.
© Rupert Larl, Innsbrucker Festwochen
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