vittima e carnefice di una sofferenza divorante la notte
Parma – Nei meandri dell’inganno la passione brucia l’anima di “Tosca” e il pubblico del Teatro Regio di Parma, entusiasta, esplode in scroscianti applausi e richieste di bis.
“Tosca”, dramma in tre atti di Giacomo Puccini, diretta da Massimo Zanetti per la regia di Joseph Franzoni Lee, Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma, interpreti principali Micaela Carosi, Marcelo Alvarez, Marco Vratogna, sarà in cartellone fino al 17 aprile 2009, in un crescendo di consensi che già dalle primissime rappresentazioni ne hanno deputato la qualità vertiginosa.
Gli anfratti più segreti del sentimento trionfano sulla scena nell’intensità espressiva di Carosi/Floria Tosca, Alvarez/Mario Cavaradossi, Vratogna/Barone Scarpia. La semplicità della trama: Scarpia. capo della polizia, offre a Tosca la salvezza dell’amante in cambio dei suoi favori, si tinge di lugubre tinte. Infimi desideri tramano giochi di potere e mostrano la tetra coscienza di un conflitto, che a ritmo serrato, lacera, consuma e soffoca un misero orgoglio, spettro dell’uomo, vittima e carnefice di una sofferenza divorante la notte. Lo spettacolo risulta intenso, profondo, magnetico e dalla sua corporeità una struggente bellezza visiva folgora la verità serpeggiante tra amore e morte.
Regia e scenografia sono costruite tra le fibre del testo e della musica, ogni dettaglio sembra l’esternazione della vita intima dei personaggi . Gli specchi, la ripida scalinata, del primo e del terzo atto, i tagli di luci, le movenze chiaroscurali, le ombre, comparse vaganti prosciugate dalle forme e intrise di silenzio eloquente, sono quasi una corrispondenza delle asimmetrie interne dei protagonisti della vicenda, quasi una dimensione estranea alla realtà eppure così vicina alla spazialità che li circonda. Un non – luogo fisico nel quale sembra essere pregnante la mancanza di respiro, un’afasia atta ad esprimere l’impossibilità di vivere la vita.
L’intera opera è stata sapientemente profilata da un’ottima interpretazione orchestrale, coesione, trasparenza, tensione timbrica avvolgente, ne hanno lievitato il fascino con brandelli evocativi di rara suggestione. La direzione ha “fatto corpo” con l’atmosfera, il colore, la pianezza scenica, per declinazioni del tormento nell’accezione narrativa dell’orchestra. Gesti sospesi nell’articolazione dello spazio, segni, quelli di Zanetti, netti e precisi quanto morbidi e appena accennati, che hanno saputo disegnare la passione nella drammaticità dello spartito.
Ottimi gli interpreti ad iniziare dal baritono Marco Vratogna, fremente, appassionato, superbo nella modulazione timbrica. La sua introspezione psicologica è un ritratto teso all’estremo, una corrosione interiore stigmatizzata dall’azione scenica. L’ampia vocalità, invece, di Micaela Carosi, la sua ottima estensione, l’eccezionale capacità tecnico – interpretativa, hanno disegnato il personaggio “Tosca” con estrema maturità. Nel calore lavico delle pulsioni, il suo canto sembra essere un’avvolgente abbraccio espressivo, un fermento che la mimesi scenica ha tradotto in effetti visivi, emozioni impalpabili ripresi ed elaborati in frammenti pungenti come aculei di perfidia e rimorso, di tenera compassione e amore fremente da Marcelo Alvarez, una delle migliori voci del panorama lirico internazionale. Alvarez ha saputo tradurre, con sorprendente naturalezza e padronanza, il suo coinvolgimento emotivo – sensoriale in tecnica sublime, uno scavo profondo nelle note e nelle parole. Un caloroso registro basso, e non solo, in grado di coniugare ogni minima sfumatura, un lirismo espressivo audace che tocca le corde dell’anima, ormai dissoltesi in filamenti sgocciolanti l’illusione perduta nell’ultimo gesto di Tosca.
di Antonella Iozzo © Produzione riservata
06/04/2009
Foto di Roberto Ricci, Teatro Regio Parma
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