Verbier Festival Orchestra, Dutoit, l’âme de désir de Faust

Verbier Festival Orchestra, Dutoit, l’âme de désir de Faust. La direzione di Dutoit è ispirata e accuratissima. Precisione e sensibilità per le diverse situazioni sceniche torniscono il fraseggio e la scansione del ritmo drammatico. 
di Antonella Iozzo  

Verbier Festival Orchestra, Dutoit, l'âme de désir de FaustVerbier Festival 2014, la grande musica è la sola grande protagonista. Evocativa e struggente, lirica e profonda, intensa e magnetica, seduce e conquista con interpretazioni da ricordare come “La Damnation de Faust” di Hector Berlioz interpreti la Verbier Festival Orchestra diretta da Charles Dutoit Charles Castronovo/Faust, tenore, Ruxandra Donose/Margherita, mezzosoprano, Willard White/ Mefistofele, baritono, Charles Dekeyser/Brander baritono, presso la Salles des Combins.

La fascinazione del Faust di Goethe ha sedotto anche Hector Berlioz che creò un capolavoro unico, un oratorio profano, un’opera da concerto. Punti focali: la dimensione panica della natura, l’amore innocente di Margherita e la presenza attraente del demonio.

La Damnation de Faust ha la struttura di una suite, quattro parti per quattro collocazioni ambientali. La prima parte si svolge sulle Pianure d’Ungheria, dove il dottor Faust, solo, in mezzo ai campi, contempla la bellezza della natura, ringiovanita dalla primavera, ed esalta la solitudine, finché un Coro di contadini descrive la festa del villaggio. Ciò che musicalmente predomina è l’esultante Marcia di Rácóczy, inserita da Berlioz per recuperare un famoso pezzo di musica ungherese. Nella seconda parte, ambientata in Germania, immaginazione, teatralità, esuberanza giocano un ruolo fondamentale che Berlioz accentua con vari passaggi incisivi, un tonfo cromatico dei violini e dei flauti, quasi a sottolineare un’arte estremamente pungente della modulazione che scuote le emozioni. Nella terza parte ci troviamo nella casa di Margherita. Margherita, entrata nella propria camera senza avvedersi della presenza di Faust, intona la canzone “Il Re di Thule” quasi risonanza gotica vestita di rinascimentale essenza, il colore è inquietante, l’atmosfera è angosciosa e la melodia dà al tempo stesso una sensazione di bellezza e di malessere.

La quarta parte s’inaugura con la Romance di Margherita. L’inquietudine è resa da Berlioz concreta, materica. Nella strofa finale Margherita si accende, dinamicamente e melodicamente, sostenuta dai tremoli degli archi caratterizzati da rapidi crescendo. Dopo le sue ultime parole, l’attesa inesorabile nella quale implode, teneramente, l’oboe in corrispondenza, il tappeto sommesso degli archi: tutto concorre a creare un’atmosfera di estasi e pacificazione.

Ci si avvia verso il Finale. Mefistofele ricatta Faust e lo inganna bassamente. La madre di Margherita è morta, avvelenata dalla figlia per celare sue clandestine effusioni d’amore. Mefistofele, libererà Margherita se Faust apporrà la sua firma sulla pergamena che in quel momento gli viene tesa. Ed ecco il raggiro finale: Mefistofele trascina Faust a galoppo di due fantastici cavalli, non verso Margherita ma verso il soggiorno dei dannati, dove l’attende il Pandemonium infernale.

Berlioz, ovvero, contrappunto, drammaturgia e strumentazione. Un breve recitativo e il dispiegamento di arpe, violini frementi, fiati tesi al limite e voci aeree, tutto è struggente bellezza tutto è la Damnation de Faust.

L’organico orchestrale al gran completo è ben saldo, sotto l’attenta e precisa direzione di Charles Dutoit. Perfetto nell’equilibrio dei tempi e delle dinamiche in particolare con l’imponente coro composto dalla Collegiate Chorale, dal Choeur de concert de la Singschule Oberwallis Ensemble Vocal de St-Maurice e dal Choeur de Filles de la Schola de Sion per una partitura che dedica poche pagine ai solisti, destinandole soprattutto alla polifonia e ai brani orchestrali. La direzione di Dutoit è ispirata e accuratissima. Precisione e sensibilità per le diverse situazioni sceniche torniscono il fraseggio e la scansione del ritmo drammatico. La Verbier Festival Orchestra è semplicemente meravigliosa, sembra quasi pulsare all’unisono con l’opera di Berlioz, ne avverte ogni dinamica e ne flette ogni sfumatura. Maestosa, imponente, giovane, è un corpo solo nel gesto di Dutoit.

Il Tenore Charles Castronovo, nel ruolo di Faust è l’interprete più impegnato. Entra perfettamente nel personaggio, voce bronzea, salda e di grande volume, accenta e fraseggia con partecipazione emotiva. Di gran trasporto nel monologo “Le viel hiver a fait place au printemps” all’inizio dell’opera, in “Merci doux crepuscul” nella terza parte e romantico nell’invocazione alla natura nella “Nature immense inpenetrable et fieree”. Il Mezzosoprano Ruxandra Donose dal timbro chiaro si distingue per il raffinato stile di canto, accompagnata da un prezioso corno inglese, con semplicità rilancia di bagliore lunare. Willard White, baritono, è un Mefistofele di grande autorevolezza scenica e interpretativa, riesce con padronanza a determinare il destino delle povere vittime. Mirabile sostanza espressiva che catalizza l’attenzione e morbidamente apre una suggestiva intensità che sembra quasi costituire il tessuto connettivo della partitura.

Attento, puntuale, fine respiro lirico per il Brander del basso Charles Dekeyser, nella classica Ballata del Topo “Certain rait dans une cuisine”. Particolarmente raffinati gli spiriti celesti nell’apoteosi di Margherite.

Più di due ore d’intenso, lirico, appassionato empasse emozionale. Nessuna concessione, nessuna pausa, solo l’essenza profonda della musica di Berlioz, nell’incisività della Verbier Festival Orchestra di Charles Dutoit e dei protagonisti. Il pubblico applauda ancora immerso nell’atmosfera evocativa de “La Damnation de Faust”.

di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                     (25/07/2014)

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