Dennis Metz,, dal gennaio 2014 la mia carriera prosegue alla Locanda Margon. Metodo classico è cultura, è espressione di una filosofia ben precisa, è bollicine si, ma nel perlage della tradizione, dello stile. Un concept che la Famiglia Lunelli ha potato ai massimi livelli.
di Antonella Iozzo
Trento – Dennis Metz, sommelier della Locanda Margon e Ambasciatore del Metodo Classico 2014. Triestino, con molto savoir-faire comunica il rispetto e la cultura del vino, la sua è una mission che parte dal vino e giunge al cuore del cliente passando per il terroir. Riservato, discreto, professionale, ascolta il cliente e propone il vino che collima con il carattere della situazione.
Come inizia la sua carriera?
Inizia nel 2007 con il diploma dell’AIS, che mi apre le porte di molti ristoranti, fin quando vengo contatto, tramite conoscenze professionali comuni, dallo Chef Alfio Ghezzi. E dal gennaio 2014 la mia carriera prosegue alla Locanda Margon.
Le sue prime impressioni sulla Locanda Margon?
Sono più che soddisfatto di come stiamo lavorando. I riscontri di critica e di pubblico sono molto favorevoli, positivi. È un crescendo che si evolve velocemente amplificando sempre di più la qualità, ma di per se il nome Lunelli è una garanzia in tal senso.
Lei è stato insignito del prestigioso riconoscimento Ambasciatore Metodo Classico 2014, cosa implica e cosa significa?
La consapevolezza che rappresento una realtà ben precisa. Metodo classico è cultura, è espressione di una filosofia ben precisa, è bollicine si, ma nel perlage della tradizione, dello stile. Un concept che la Famiglia Lunelli ha portato ai massimi livelli. Poi, mi pone sempre di più sotto i riflettori, ma essendo stato nei due anni precedenti il miglior sommelier d’Italia, e vice campione del mondo nella WSA, nel 2013, sono abituato. Non ci si abitua mai, invece, al piacere di lavorare in una zona particolarmente vocata alla spumantistica come quella Trentina.
Un Metodo Classico che fa la differenza?
Vede, se giriamo l’Italia, in ogni regione possiamo trovare un buon Metodo Classico, in ogni regione italiana possiamo trovare un grande vino bianco o rosso. Quello che fa grande il Piemonte e la Toscana per i rossi, per esempio, è la qualità media altissima, quindi non un singolo o pochi produttori dediti alla qualità, ma la maggior parte se non tutti, è questa la nota dominante che fa la differenza, e in Trentino si è percorsa questa strada.
Spesso venite “rimproverati” di essere troppo tecnici, quindi di non avvicinare il pubblico al vino. È vero?
Dipende dalle circostanze. Ci sono diversi modi di presentare un vino, ma è sempre il carattere dell’evento e il tipo di cliente a determinare l’approccio. È il sommelier che si deve adattare alla situazione e non viceversa.
Tre regole per comunicare un buon vino?
Conoscerlo, credere nel prodotto che stiamo proponendo, avere buone doti di comunicazione.
La dote principale di un bravo comunicatore?
Un bravo comunicatore deve sempre sottolineare i pregi del vino che sta presentando anche se fossero pochi, mai sottolineare eventuali difetti.
Il miglior approccio per avvicinarsi al mondo del vino?
È un mondo estremamente vasto che richiede curiosità e umiltà.
Dennis Metz sommelier al ristorante per piacere, si lascia consigliere o decide sempre Lei?
Mi piace lasciarmi consigliare e poi vado in incognito, non mi presento mai.
In base alla sua esperienza pensa che il cliente, oggi , sia abbastanza preparato sul vino?
Negli ultimi tempi i clienti sono sempre più preparati, più curiosi ed interessati. Sono più aperti, propensi ad ascoltare e a lasciarsi consigliare.
Progetti futuri?
Ne ho tanti ma preferisco parlare tra un anno o due, a traguardi raggiunti. Guardiamo in alto ma stiamo con i piedi per terra.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(11/08/2014)
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