Fabio Groppi, la firma gourmet de La Gana

Fabio Groppi. Per un po’ di anni gli italiani si sono fatti trasportare dalle mode, adesso c’è un ritorno alla tradizione e noi chef siamo il trait d’union, con il sapore di un tempo. Mi è capitato di preparare per Benedetto XVI un risotto all’amarone.
di Antonella Iozzo

Fabio-groppi-Chef-byluongoLa Villa in Badia (BZ) – Se la tradizione è un sentimento che alimenta la passione, la cucina dello chef Fabio Groppi ne è l’espressività più eccelsa. Semplicità e ritorno alle origini, in una rilettura culinaria capace di far riaffiorare profumi dimenticati, sono le coordinate della sua creatività. Con estrema professionalità e abilità tecnica offre delizie gourmet agli ospiti de La Gana, con disponibilità e calore si avvicina, a fine servizio, ad ogni tavolo per un saluto che suggella l’ultimo atto di un opera … gastronomica perfetta.

Per lo Chef Fabio Groppi la cucina sembra essere una tradizione di famiglia …
Si, sono nato, culinariamente parlando, nelle cucine, in Piemonte affiancando mio nonno, esperto Chef che ebbe la possibilità di cucinare fra gli altri per la principessa Grace Kelly. All’esperienza trasmessemi da mio nonno, ho affiancato gli anni di studi presso la scuola alberghiera di Finale Ligure, dove ho imparato ad apprezzare l’olio extra vergine e le erbe aromatiche. Nel 2000 raggiungo Verona dove collaboro con lo Chef Tacchella e dove, nel 2006, ho la possibilità di cucinare per il Santo Padre Benedetto XVI° , durante la visita alla città scaligera. Nel mio percorso anche molte manifestazioni e gare culinarie come i campionati internazionali d’Italia dove ottengo nel 2007 la medaglia d’oro e nel 2008 il titolo di Campione Italiano di Cucina Mediterranea. Sempre nello stesso anno vinco la selezione Italiana del Gran Prix Culinaire Taittinger e raggiungo il 4° posto alla finale Internazionale di Parigi, miglior piazzamento per L’Italia dalla nascita del concorso. 

Esperienza, tradizione e impronta piemontese, adesso a La Gana …
Si, qui, le due cucine: altoatesine e piemontesi, si abbinano molto bene come dimostra per esempio un tagliolino 36 tuorli, impastato a mano e lavorato con un ragout di cervo tagliato al coltello. Unico nella sua semplicità, infatti, i miei sono sempre piatti riconoscibili e caratterizzati dalla qualità del prodotto.

Similitudini e differenze fra le due cucine
In Alto Adige, abbiamo la fortuna di avere fra l’eccellenza di tanti prodotti, carni di selvaggine e formaggi di maso che legano tanto con il Piemonte, la cui base francofona, con tanto burro, è stata da me alleggerita.

Secondo Lei è cambiato nel corso del tempo il gusto degli italiani?
Si. Per un po’ di anni si sono fatti trasportare dalle mode, adesso c’è un ritorno alla tradizione, e noi chef siamo il trait d’union con il sapore di un tempo. E’ come se creassimo un ricordo che rivive e inebria i sensi del commensale.

Piatto preferito dei clienti de La Gana?
Tantissimi apprezzano la pasta ai 36 tuorli. Uno dei segreti è di tirare la sfoglia al momento. Nella mia cucina non esiste pasta fresca preparata in precedenza.

La soddisfazione maggiore da quando si trova a La Gana?
Aver portato questo posto nel giro di due anni, dal nulla ad un buon successo di critica e di pubblico. Oggi ci troviamo su molte guide, abbiamo ottimi punteggi e siamo tra i primi tre ristoranti della Valle.

Secondo Lei, la competitività è più evidente all’inizio carriera o quando si è già affermati?
Già affermati. Personalmente mi sento molto fortunato e soddisfatto, quando sono arrivato in questa Valle ho trovato degli ottimi chef, competitor già presenti in loco da circa vent’anni e il nostro rapporto si è sviluppato sulle coordinate della stima e della professionalità: mi mandano dei loro clienti, mi coinvolgono in alcune manifestazioni, siamo in sintonia ed è molto positivo.

Che orari ha uno chef?
Non televisivi. La mia giornata inizia alle 6.00 del mattino con la ricerca dei prodotti.

Non mi sembra molto propenso verso i programmi televisivi sul tema cucina …
Promuovano una falsa realtà. I giovani sono abbaglianti dai talent, ma talent e realtà sono molto diversi.

Come crea il menu?
I menu nascono prima nella mia testa e dopo li concretizzo in cucina. Molto spesso patto dal nome, poi in base alla mia esperienza elaboro, abbinato, creo.

È sempre il piatto che si abbina al vino o viceversa?
Si, normalmente si abbina il piatto al vino, anche se mi è capitato per Benedetto XVI di preparare un risotto all’amarone partendo dal vino. Avevo un ottimo Amarone Masi, uno dei migliori vini italiani, che apprezzo particolarmente, anche per la filosofia aziendale, e non mi è stato difficile creare un qualcosa di eccellente sotto tutti gli aspetti.

Dall’Amarone … al Barolo, per non dimenticare le sue origini …
Un brasato fatto con il barolo potrebbe essere una degna conclusione per quel vino.

Il piatto che la rappresenta?
Torniamo alle origini. Le cotture delle carni, le lavoro in modo tradizionale rispettando i tempi, come per esempio la guancia di vitello che faccio brasata, seguendola per sei, sette ore , il risultato è una tenerezza che si scioglie in bocca.

Cosa non manca mai nel frigo di casa di uno Chef?
Bella domanda! Sicuramente tutto quello che non riguarda né il pranzo né la cena, ma gli spuntini notturni. Quando torno a casa e l’adrenalina del servizio è scomparsa avverto la fame e spesse volte divido con mio figlio un pezzo di crostata o un plumcake che mi porto dal lavoro.

Tre aggettivi che identificano Lei e la sua cucina
Creativo, sempre alla ricerca di nuove avventure culinarie, soddisfatto della mia storia che mi ha permesso un’ottima carriera.

 

di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (25/08/2014)

 

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