Chef Herbert Hintner. Per me il cibo ha sempre un valore sociale. Oggi il consumatore, in tutti i settori non solo sulla cucina, ha tantissima informazione e pochissima conoscenza.
di Antonella Iozzo
Appiano (BZ) – Herbert Hintner, una Chef che segue il ritmo della natura per creare il sapore autentico della territorialità e della stagionalità al Ristorante Zur Rose di Appiano. Con la sua verve, la sua energia vitale ed il suo sorriso solare comunica cultura del cibo e un gusto pulito, naturale che conquista subito gli ospiti.
Chef si nasce o si diventa?
Difficile a dirlo, penso un po’ uno, un po’ l’altro. Il talento naturalmente deve esserci per intraprendere un percorso che porta a diventare Chef, insieme ad una buona dose di curiosità, al senso della ricerca e del gusto. E’ una strada in salita, anche perché non è facile capire che è proprio questo mestiere per il quale si è nati.
Lei, quando l’ha capito?
Abbastanza presto. Ho iniziato a cucinare in casa quando avevo nove anni, preparavo marmellate e piccoli dolci, poi lavorai presso un albergo in Alta Badia e nonostante l’entusiasmo ancora restava celato nell’anima, mi piaceva mangiare e capire cosa mangio, qualcosa iniziava a vibrare …
La maggiore difficoltà incontrata in questo mestiere?
La cosa più difficile è stata rendersi conto di avere una vita sociale molto penalizzata, dovendo lavorare soprattutto nei momenti di festa, quando la maggior parte delle persone vive l’atmosfera, la convivialità tipica del relax, della vacanza. È stato molto pesante cercare di gestire il lavoro tenendo presente le stagioni, i contratti annuali e tutto ciò che questo comportava.
È quella che le è apparsa più facile?
Accettare la tecnica, capire abbastanza velocemente gli abbinamenti possibili, grazie anche alla mia volontà di assaggiare e degustare continuamente, questo ti porta ad avere già un gusto nella mente.
Che importanza ha per Lei la territorialità?
Per me il cibo ha sempre un valore sociale. Preferire la materia prima locale aiuta a vivere meglio in armonia e garantisce qualità, naturalità. Se poi parliamo di carni provenienti da sistemi d’allevamento mortificanti per l’animale, ci rifletto molto. Il mio obiettivo, infatti , è arrivare ad avere il 100% di prodotto dal contadino e dall’allevatore locale, quindi una cucina che si adatta sempre più al territorio lavorando in equilibrio con la natura , con i suoi ritmi.
Nel corso degli anni il consumatore è cambiato?
Oggi il consumatore, in tutti i settori non solo sulla cucina, ha tantissima informazione e pochissima conoscenza. Abbiamo tanta falsità nella gastronomia, tutti scrivono di regionalità senza capirne appieno il significato, più che altro perché parlare di tipicità e di tradizione, è la nuova tendenza e la gente ha voglia di scoprire i sapori antichi. Penso poi, che abbiamo due realtà: il cliente del dopoguerra abituato ad una cucina fatta letteralmente in casa a vedere il cibo come fonte di nutrimento e poi l’ultima generazione con una mamma che non è più cuoca, che compra prodotti preconfezionati, che non incuriosisce o stimola il gusto. L’educazione del gusto, infatti, inizia in famiglia e se il giovane ha un gusto adulterato con i condimenti chimici non riesce a capire cosa vuol dire gusto pulito. Sarà questo il dramma del futuro.
Che cosa pensa del moltiplicarsi dei programmi televisivi dedicati alla cucina?
Le giacche bianche in passato hanno fatto un grosso errore. Vede, i canali televisivi hanno diverse porte: sport, notizie, cultura, cinema, show, intrattenimenti vari, noi Chef abbiamo scelto la porta sbagliata, abbiamo scelto quella dello show, non quella della cultura, perché il cibo è cultura.
Un piatto secondo lei può avere una musicalità?
Si, sicuramente. Sono le nostre papille gustative, il nostro palato a capire perfettamente le note alte e le note basse del cibo, ad avvertire il piccante, il dolce, il caldo, il freddo, la texture. È una musica golosa, e masticando capiamo bene come si sta evolvendo, se c’è stanchezza o se è molto vivace.
Qual è il piatto che più la rappresenta?
E’ un po’ difficile rispondere. Tanti vengono da me per la testina, per il soufflé di canederli, un classico, ormai, con i suoi vent’anni, per i ravioli di pera secca. Ma penso di essere lo Chef cercato per la pulizia nei piatti, è come un’orchestra dove ogni singolo ingrediente rilascia la propria melodia, pura, limpida, senza note estranee all’armonia, come una gelatina, una spuma, ecc., lasciando al cliente il piacere di mangiare, d’altronde io sono ristoratore, non un farmacista.
Ristorante “Zur Rose”- Herbert Hintner
Via Josef Innerhofer 2 · 39057 San Michele Appiano (BZ)
T +39 0471 662249 · F +39 0471 662485 – www.zur-rose.com
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(12/05/2014)
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