Trovo affascinante la diversità dei vini italiani. Visitando le diverse zone della Valpolicella avevo assaggiato numerosi bei vini. Quelli della Masi, come l’Amarone, mi colpirono per un’eleganza che chiamerei il loro ‘house style’.
di Antonella Iozzo
Trento – Kate Singleton, giornalista e scrittrice inglese autrice del Libro “Mister Amarone. Un uomo e un vino dal Veneto al mondo”. Masi Vs Amarone e viceversa, ovvero un libro dove passione e paesaggio s’incontrano, un omaggio alla tradizione, alla storia e alla memoria che diviene sorsi di autenticità. Ascoltare tutto questo dalle parole dell’autrice è come entrare in punta di piedi nella scrittura e coglierne il significato più profondo.
Kate Singleton come nasce l’idea di scrivere “Mister Amarone. Un uomo e un vino dal Veneto al mondo”?
Ho sempre trovato la Valpolicella molto affascinante. I suoi vari paesaggi esprimono l’intimità della tradizione amata e curata, e nello stesso tempo la vastità della Storia, specialmente nella pietra di antichissima origine. Visitando le diverse zone in più occasioni avevo assaggiato numerosi bei vini. Quelli della Masi mi colpirono in modo particolare per un’eleganza che chiamerei il loro ‘house style’. Da queste due esperienze è nata l’idea per il libro.
In Mister Amarone è il vino a raccontare il personaggio ovvero Sandro Boscaini o viceversa?
No, è Sandro Boscaini che racconta il vino, dal punto di vista di chi lo vive, lo plasma e lo presenta da molte generazioni … E’ ovvio poi, che da questo racconto esce anche un’immagine dell’uomo.
Masi Agricola, è parte della storia dell’Amarone, come intreccia o sviluppa queste due realtà parallele?
Credo che la Masi abbia fatto molto su più fronti non solo per migliorare l’Amarone, ma anche per farlo conoscere in tutto il mondo. Entrambi i fattori diventano un patrimonio a vantaggio anche di altri produttori, che trovano mercati esteri già ricettivi, in buona parte grazie al lavoro pionieristico della Masi.
Immagino che durante la stesura abbia avuto molti incontri, molte conversazioni con Sandro Boscaini…
Sì, molte, e molto piacevoli, e anche molto impegnative. Per mia esperienza, le persone raccontano le cose più interessanti verso la fine di un incontro, quando le grandi tematiche sono già sviscerate e ci si lascia andare a riflessioni che derivano da memorie lontane e lambiscono visioni future.
Può rivelarci il commento di Boscaini alla prima lettura del libro?
Io non c’ero quando gli era arrivata la prima copia – ma credo comunque che sia rimasto molto contento perché ha apprezzato i miei sforzi per raccontare anche il paesaggio dove nasce il “suo” vino. Il luogo di produzione di certi vini appare familiare al consumatore, anche in paesi lontani. E’ il caso della Toscana, per esempio, il cui paesaggio è diventato iconico.
Tutti credono di conoscerlo, anche coloro che non ci sono mai stati. Ed è un fatto importante, perché arricchisce la percezione del vino, rendendolo più memorabile e vivo. Temo che molti che magari apprezzano l’Amarone non sappiano neanche che la Valpolicella stia nel Veneto. Spero che Mister Amarone possa aiutare a colmare questa lacuna, non solo incoraggiando gli amanti del vino a visitare la zona, ma anche contribuendo alla diffusione dell’immagine del posto.
Scrivere di vino quante sfumature può assumere?
Dipende dal vino, e dal probabile lettore. Per usare un’altra analogia, ci sono vini maestosi che somigliano a grandi opere orchestrali, altri che sono più lievi ed eleganti, simili alla musica da camera, e altri ancora che sono monocorde. Se chi scrive di questi diversi vini, riesce a comunicarne la piacevolezza, il grado di complessità e la gamma degli aromi e dei sapori, ha già fatto molto.
Più in generale cosa rappresenta per Lei, il vino?
Fonte di piacere, oggetto di studio: forse la massima espressione del paesaggio; almeno quella più antica, simbolica, ricca e strutturata.
L’Italia del vino vista dagli occhi di Kate Singleton scrittrice? E come donna?
Personalmente trovo affascinante la diversità dei vini italiani: la ricchezza dei vitigni autoctoni e la grande varietà di vini che rispecchiano paesaggi diversi. Ammiro anche l’impegno e la dedizione di chi produce vini memorabili in posti difficili, ad alta quota, su pendii scoscesi o in zone soggette a fenomeni atmosferici estremi. Poi, come donna sono felice di vedere un numero sempre crescente di produttrici di vini eccellenti, di enologhe molto competenti, persino di cantiniere.
Quando le parole, nel descrivere un vino, possono tradire la sua naturale essenza?
C’è effettivamente un modo di parlare di vino che può risultare noioso, perché troppo esclusivo, per i pochi eletti, d’altronde succede anche con l’arte, la musica, e altro ancora. Per fortuna, ci sono anche meravigliosi esempi di chiarezza e profondità, come tutto ciò che scrive Jancis Robinson, uno dei massimi esperti mondiali di vino.
Di questi tempi sorge anche un problema di tipo diverso, per quanto riguarda la presentazione del vino per i mercati asiatici, dove i sapori si discostano in buona parte dalla cultura gastronomica europea, che ha dato origine ai più comuni descrittori del vino. Me ne sto occupando ora, specialmente per quello che riguarda la Cina e il cinese, che è una lingua che più la studio e più mi affascina. E’ un ambito che vorrei approfondire nei prossimi anni.
di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
(04/12/2014)
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