Mastroberardino. Vocazione territorio e storia d’impresa. È un marchio storico che riesce ad interpretare il territorio in chiave moderna. Il vino è un simbolo culturale, un veicolo di comunicazione con una trasversalità straordinaria, è convivialità.
di Antonella Iozzo e Michele Luongo
Atripalda (AV) – Piero Mastroberardino, decina generazione tra visione internazionale e passione autoctona. Il vino veciola idee e pensieri, natura e cultura, un concept che l’Azienda di famiglia e Piero Mastroberardino in primis interpreta con la sua passione e vocazione. Un’arte da vivere, da comunicare e tramandare con impegno, costanza e intraprendenza.
Una lunga tradizione come si porta avanti?
Con responsabilità e affetto. Il rapporto straordinario che ho avuto con mio padre, ha avuto e continua ad avere un’importanza fondamentale e determinante.
Il suo concept di vino?
Il vino è un simbolo culturale, un veicolo di comunicazione con una trasversalità straordinaria, è convivialità. Molte persone sono legate al vino per gli aspetti tecnici, altri sono affascinati da quelli storico-letterari, altri ancora, come me, da quelli artistici. Penso che la vite sia una scultura animata, ha la compiutezza scultoria e poi, la si vede muoversi al vento, evolversi nel tempo cambiando continuamente forma.
Amante dell’arte e artista. In molti suoi dipinti il soggetto preferito è la donna …
Amo le sfide. Dipingere i due punti apicali del nostro percepire, sofferenza e piacere estremo, attraverso una donna, simbolo di grazia, è una sfida straordinaria e stimolante.
Fil rouge fra arte e vino?
Per noi non è mai stata una scelta, ma una naturale conseguenza.
Il contatto con la natura e questa forma d’arte?
Insegna a gestire il flusso del tempo nella nostra esistenza. Nel mondo del vino il tempo scorre a due velocità, i vigneti richiedono momenti di grande attesa e contemplazione, i mercati e la comunicazione del vino velocità e dinamismo, sono scenari diversi che vanno gestiti in modo diverso.
Su quali mercati internazionali siete presenti?
Siamo presenti in tutto il Nord America dalla fine dell’800 e dall’inizio del 900 in America Latina, ovviamente copriamo l’intera Europa poi l’Asia, il Sud Africa la Nuova Zelanda.
Coprite i quattro angoli del globo, secondo Lei cosa piace dei vostri vini?
Il valore del brand. È un marchio storico che riesce ad interpretare il territorio in chiave moderna. Dal punto di vista organolettico ha una forte componete vulcanica, quindi, note minerali che danno molta verve, e poi sono vini di grande freschezza.
Sintetizzando, vocazione territorio e storia d’impresa…
Assolutamente sì.
La vostra produzione si concentra solo su vini autoctoni?
Si, è una scelta ben precisa figlia di una battaglia culturale che mio padre ha intrapreso nel dopoguerra. In quel periodo la nostra zona era molto sofferente sia per le conseguenze della guerra sia per la fillossera che negli anni 30, sterminò molto vigneti. Mio padre fu molto lungimirante, capì che era il momento di puntare sugli autoctoni, di andare controcorrente rispetto ai classici, sangiovesi o i vitigni francesi, e convinse tutti a reimpiantare autoctono. Filosofia vincente ancora oggi.
L’importanza di un autoctono…
Se il vino diventa un prodotto globale che produce carattere e sensazioni similari, senza entrare nella cultura di un popolo è riduttivo. Al contrario l’autoctono è conoscenza, comunicazione, confronto.
L’annata alla quale si sente particolarmente legato?
L’80’. Anno del terremoto in Irpina. È stata un’annata particolare, il funesto evento aveva sconvolto ogni genere d’attività. E questo vino sembra esprimerlo in modo perfetto, è scomposto, brutale schietto e violento insieme. Racconta la storia della famiglia
Radici, il suo vino di punta, quando nasce?
Nasce nell’81, e penso che sia la miglior trovata di marketing che mio padre abbi< potuto avere. Nasce come risposta al terremoto, come rabbia, come riscatto ed inizia con un’operazione d’impianto, sia per il Fiano che per l’Aglianico, nella quale mette in atto una serie di rivoluzioni tecniche che poi si traducono in un indice di morbidezza, mai vista prima.
Cosa pensa delle Fiere da Vinitaly a Prowein a Vinexpo
Sono una vetrina, un tempo si concludevano vendite importanti, oggi s’intrecciano relazioni, si stabiliscono contatti.
Il su ultimo libro?
È un libro d’artista in edizione limitata, 300 copie. Sono 12 poesie ciascuna delle quali illustrata da un grande artista contemporaneo di fama internazionale. Interpretazioni d’artista di pensieri e sentimenti.
di Antonella Iozzo e Michele Luongo ©Riproduzione riservata
(09/10/2015)
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